La deforestazione sta rallentando a livello globale e l’agroforestazione può darci una mano
Il ritmo della deforestazione mondiale scende: 10,9 milioni di ettari l’anno nel 2015–2025. Nel Sud-Est asiatico l’introduzione di alberi in agricoltura riduce le perdite di foresta e le emissioni.
Nel mondo la deforestazione sta rallentando in modo significativo. Lo indica il nuovo Global Forest Resources Assessment (FRA) della FAO, presentato a Bali durante la plenaria della Global Forest Observations Initiative. Il pianeta ha perso in media 10,9 milioni di ettari di foreste all’anno nell’ultimo decennio, in calo rispetto ai 13,6 milioni del decennio precedente e ai 17,6 milioni degli anni ’90.
Il dato non autorizza trionfalismi. Il FRA 2025 sottolinea che le foreste restano sotto stress per espansione agricola, incendi e sfruttamento illegale; eppure il trend suggerisce che le politiche di monitoraggio, gestione e ripristino possono funzionare quando sono sostenute nel tempo. È un rallentamento frutto di molti fattori: moratorie su nuovi disboscamenti, rafforzamento delle aree protette, maggiore pianificazione e strumenti di osservazione satellitare che riducono i margini per l’illegalità. Ma la distanza dagli impegni internazionali per invertire la perdita entro il 2030 rimane ampia.
Fra le possibili soluzioni, emerge con forza l’agroforestazione, ovvero l’integrazione sistematica di alberi e arbusti nei paesaggi agricoli. Uno studio internazionale pubblicato su Nature Sustainability, condotto da università di Singapore, Hanoi e Bangkok, analizzando 38 regioni del Sud-Est asiatico tra il 2015 e il 2023, stima una riduzione media della deforestazione pari all’1,08% l’anno nelle aree interessate, per un beneficio cumulato di circa 250.000 ettari salvati ogni anno e una diminuzione delle emissioni quantificata in 58,8 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti. Numeri che mostrano come agricoltura e foresta possano coesistere e sostenersi a vicenda.
Secondo i dati contenuti nello studio, l’agroforestazione sta riducendo la perdita di foreste in molte aree ad alto stock di carbonio, dunque in foreste tropicali mature, mangrovie e torbiere, che immagazzinano grandi quantità di carbonio nella biomassa (tronchi, rami, foglie) e nel suolo. In paesi come Laos, parti del Vietnam settentrionale, Myanmar, Borneo e Malesia peninsulare i vantaggi di questa tecnica sono evidenti. Altrove, come nella Cambogia orientale, persistono aumenti di deforestazione, sebbene più contenuti. Secondo i ricercatori la tecnica funziona meglio dove si combinano habitat ricchi di carbonio, diritti fondiari stabili, incentivi economici corretti e una gestione realmente partecipata.
Proprio la gestione comunitaria emerge come fattore abilitante. In Indonesia — paese chiave per le dinamiche forestali regionali — le “aree forestali sociali” affidate alle comunità sono cresciute rapidamente: dai circa 1,8 milioni di ettari del 2021 a circa 5 milioni entro il 2022, secondo fonti accademiche e istituzionali. Questo salto, pur con criticità applicative, ha ampliato l’accesso legale alla gestione e creato spazi per pratiche agroforestali che aumentano redditi e resilienza climatica.







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