Egitto, il dissidente Alaa Abd el-Fattah è libero: la lunga lotta nonviolenta di sua madre ha vinto
Dopo quasi sei anni di carcere e una il dissidente egiziano è stato graziato dal Presidente al-Sisi, anche grazie all’azione nonviolenta della madre Laila Soueif.
Dopo anni di prigione, scioperi della fame e campagne internazionali, Alaa Abd el-Fattah è finalmente un uomo libero. Il noto attivista egiziano-britannico, simbolo della Primavera araba e delle battaglie per i diritti civili in Egitto, è stato graziato dal presidente Abdel Fattah al-Sisi insieme ad altri prigionieri politici. Ma dietro questo atto formale si nasconde una storia di resistenza quotidiana, condotta lontano dai riflettori: quella della madre, Laila Soueif, che con fermezza, dignità e nonviolenza ha lottato per anni per la liberazione del figlio.
Alaa Abd el-Fattah è uno dei più noti attivisti egiziani per i diritti umani e la democrazia, diventato una figura chiave della rivoluzione del 2011 che portò alla caduta di Mubarak. Ingegnere informatico, blogger, promotore della libertà digitale e dell’accesso aperto all’informazione, è stato tra i fondatori di uno dei primi spazi online di discussione politica indipendente in Egitto.
Negli anni, ha subito numerosi arresti e condanne per aver denunciato pubblicamente abusi di potere e violazioni dei diritti umani. La sua figura ha assunto un valore simbolico: Alaa è diventato il volto di una generazione che ha creduto nella possibilità di un Egitto più libero, e che ha pagato un prezzo altissimo per questa visione.
Anche la madre, Laila Soueif, è una figura nota nel panorama intellettuale egiziano: docente di matematica, attivista e femminista, ha saputo trasformare il dolore in determinazione. Ha scritto, parlato, protestato. Ha fatto lunghi scioperi della fame, presidi silenziosi, appelli internazionali. Ha scelto di non rispondere alla repressione con rabbia o violenza, ma con una tenacia paziente che ha finito per smuovere governi e opinioni pubbliche. Anche grazie a lei il caso di Alaa ha mobilitato associazioni internazionali, intellettuali, attivisti e persino governi.
L’arresto di Alaa risale al 2019, ma il suo calvario carcerario era iniziato molto prima. Imprigionato più volte per il suo attivismo, nel 2021 era stato condannato a cinque anni per la diffusione di “false notizie” dopo aver denunciato, con un post su Facebook, le torture nelle carceri egiziane. Le accuse, come spesso accade in questi casi, avevano un chiaro sapore politico. L’Egitto, da anni, è classificato tra i paesi con la più bassa libertà di stampa al mondo. E Abd el-Fattah è da tempo uno dei principali bersagli della repressione governativa.
La liberazione è arrivata il 22 settembre, annunciata ufficialmente con un decreto presidenziale pubblicato sulla Gazzetta ufficiale egiziana. Secondo quanto riportato da Al Jazeera e dal Guardian, la grazia è stata concessa su richiesta del Consiglio nazionale egiziano per i diritti umani. Un gesto che, secondo molti osservatori, rientra in una più ampia strategia del regime per migliorare la propria immagine internazionale, soprattutto in vista delle prossime elezioni e sotto pressione per le violazioni dei diritti umani.
Ma l’atto politico non cancella il valore umano e simbolico della liberazione. Abd el-Fattah rappresenta una generazione di attivisti che ha cercato di cambiare l’Egitto attraverso la partecipazione, la parola, la connessione globale. E la lotta di sua madre Laila ricorda che la costanza e la nonviolenza possono aprire spiragli.
La liberazione di Abd el-Fattah non risolve la crisi dei diritti umani in Egitto, né restituisce i tanti anni persi nelle celle, ma mostra che qualcosa può cambiare e che la pressione della società civile può produrre effetti importanti.







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