Fox Petroli chiede 2 milioni a due attivisti ambientali: nuovo caso di Slapp?
L’azienda petrolifera ha citato i due attivisti di Pesaro per diffamazione. Le ONG denunciano una strategia per scoraggiare il dissenso e il caso approda anche presso l’ONU.
Una nuova, controversa, causa civile rischia di trasformarsi in simbolo del conflitto fra attivismo ambientale e potere delle lobby fossili. La società Fox Petroli Spa ha richiesto la somma di 2 milioni di euro a due attivisti pesaresi, Roberto Malini e Lisetta Sperindei, per diffamazione, sostenendo che avrebbero condotto una “campagna denigratoria e persecutoria” nei confronti dell’azienda.
I due attivisti — il primo co-presidente del gruppo EveryOne, la seconda ex consigliera comunale — sono alla guida del comitato “Pesaro: no GNL”, che si oppone al progetto di riqualificazione del deposito petrolifero locale e alla costruzione di un impianto di liquefazione del gas naturale (GNL) nel quartiere della Torraccia.
Nel loro esposto, depositato alle autorità locali e nazionali, Malini e Sperindei hanno denunciato una situazione di “grave rischio ambientale e sanitario” presso il sito, ipotizzando contaminazioni del suolo e delle falde acquifere, nonché condizioni di degrado pregresse all’attività prevista.
Fox Petroli ha replicato che le accuse sarebbero infondate: la società contesta ogni riferimento a contaminazioni e degrado del sito, e sostiene che l’esposto e le dichiarazioni degli attivisti abbiano causato danni all’immagine aziendale.
Fox Petroli è una società italiana operante nel settore petrolifero, con attività che includono il trasporto, lo stoccaggio, la trasformazione e la commercializzazione di prodotti petroliferi. Ha sede a Pesaro, nelle Marche. La società ha presentato il progetto contestato, che si chiama Green Fox e propone una conversione dell’impianto verso GNL e biometano, come un tentativo di transizione energetica, sollevando critiche e accuse di greenwashing.
Diversi osservatori nazionali e internazionali considerano la causa intentata contro i due attivisti un chiaro caso di SLAPP (Strategic Lawsuit Against Public Participation), ossia un’azione legale volta a ostacolare la partecipazione civile attiva, intimidendo singoli o gruppi che denunciano questioni di interesse pubblico. Il ricorso a richieste economiche sproporzionate, rispetto al danno effettivo, è uno degli elementi chiave per definire una SLAPP.
Il contesto normativo europeo è in evoluzione: l’Unione Europea ha approvato una direttiva anti-SLAPP che l’Italia dovrà recepire entro il 2026, offrendo strumenti legali di difesa agli attivisti.
Organizzazioni come FrontLine Defenders e la rete Coalition Against SLAPP in Europe (CASE) hanno espresso sostegno agli attivisti e segnalato il caso anche all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani.







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