Inquinamento atmosferico: in Italia è emergenza sanitaria e ambientale
I Medici per l’Ambiente lanciano l’allarme sull’inquinamento atmosferico chiedendo dati chiari e prevenzione per tutelare la salute pubblica.
Si è tenuto nei giorni scorsi il congresso dell’ISDE, l’associazione Medici per l’Ambiente. Fra i vari temi sul piatto c’è stato anche quello dell’inquinamento atmosferico e dei relativi dati, unitamente alle politiche ambientali attualmente messe in campo dal Governo. Nella sessione “Science and Advocacy”, Paolo Bortolotti di ISDE Trento) e Marco Talluri di ISDEnews e Ambientenonsolo hanno presentato i risultati del primo anno di attività del Progetto Nazionale “Salute e Inquinamento Atmosferico nelle Città Italiane”, un monitoraggio sistematico che rappresenta oggi uno degli strumenti più avanzati e trasparenti per valutare lo stato della qualità dell’aria nelle aree urbane italiane.
Un intervento che ha offerto un quadro chiaro e scientificamente fondato di come l’aria che respiriamo nelle città italiane rimanga lontana dagli standard di sicurezza fissati dall’OMS e – sempre più spesso – anche dai nuovi limiti della Direttiva europea 2881/2024. Il progetto è nato per colmare il vuoto creato dalla mancanza di dati omogenei, aggiornati e accessibili. Bortolotti ha spiegato che l’obiettivo del progetto è semplice ma rivoluzionario: monitorare ogni mese, con criteri uniformi, i dati delle 27 città italiane più popolose, attraverso le stazioni ARPA/APPA e il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente.
Un lavoro che richiede diverse azioni cruciali, dalla raccolta sistematica dei dati alla loro analisi comparativa, dall’elaborazione dei superamenti alla verifica dei limiti attuali e futuri, fino alla comunicazione a cittadini, amministrazioni e Ordini dei Medici. “Senza dati chiari non c’è prevenzione, senza prevenzione non c’è salute pubblica”, ha sottolineato Bortolotti. Talluri invece ha presentato in modo dettagliato i risultati del monitoraggio fino a ottobre 2025.
Il dato più rilevante è che 22 città su 27 hanno già superato il numero massimo di sforamenti giornalieri consentiti dalla nuova Direttiva europea per uno o più inquinanti, che sono i PM10 e PM2.5, biossido di azoto (NO₂) e l’ozono. In alcune città come Napoli, Milano, Torino e Vicenza, gli sforamenti riguardano tutti e quattro i principali inquinanti, configurando un quadro di esposizione cronica multilivello.
Le polveri sottili mostrano una situazione particolarmente critica: i PM10 superano la media giornaliera in 25 stazioni mentre i PM2.5 hanno fatto segnare oltre 50 superamenti in otto città della Pianura Padana, ben oltre il limite 2030. “Le polveri fini sono responsabili di decine di migliaia di morti premature in Italia: non stiamo monitorando un semplice indicatore ambientale, ma un vero e proprio fattore di rischio sanitario”, ha spiegato Talluri. Il biossido di azoto – inquinante fortemente correlato al traffico – supera i limiti per oltre 65 giorni in a Napoli, Palermo, Messina e Genova, non Napoli che registra la cifra impressionante di 168 giorni oltre soglia.
Nell’ultimo periodo anche l’ozono continua a crescere a causa dell’aumento delle temperature estive, con superamenti enormi a Bergamo (67 giorni), Milano (58) e Modena (55), tutte almeno tre volte oltre il limite europeo di 18 giorni. Questi dati testimoniano un’emergenza sanitaria – prima ancora che ambientale – in corso, come conferma Bortolotti, che ha collegato i dati alle evidenze epidemiologiche: aumento di mortalità cardiovascolare e respiratoria, aggravamento delle malattie croniche, effetti su bambini, anziani e gruppi vulnerabili, aumento dei ricoveri durante gli episodi acuti. “Ogni microgrammo in meno di PM2.5 significa salvare vite, ridurre ricoveri, risparmiare risorse. È la forma più alta di prevenzione primaria”, ha dichiarato.
Talluri ha illustrato come il progetto non si limiti alla raccolta dati sull’inquinamento atmosferico, ma si traduca in azioni di lobbying come lettere ai sindaci e alle amministrazioni locali, comunicazioni agli Ordini dei Medici e ad ANCI, interventi pubblici e tavoli tecnici, segnalazioni alla stampa locale e nazionale, iniziative comuni con la rete Clean Cities Campaign e offerta di supporto alle decisioni territoriali nei periodi di emergenza. “Il nostro obiettivo è trasformare dati tecnici in scelte pubbliche, senza mediazioni opache e senza ritardi ingiustificati”, ha affermato.
In conclusione, Bortolotti ha ricordato che la prevenzione primaria dell’inquinamento atmosferico è possibile e doverosa. Essa deve essere portata avanti attraverso iniziative come politiche urbane visionarie, mobilità attiva e trasporto pubblico, elettrificazione delle flotte, efficienza energetica, riduzione del riscaldamento a combustione, più natura in città, maggiore alfabetizzazione sanitaria e ambientale. “La qualità dell’aria è un indicatore democratico: dice quanto un Paese protegge i più fragili. In Italia non siamo ancora dove dovremmo essere”, hanno concluso i due medici.







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