Kajiki devasta il Vietnam: la tempesta colpisce duramente uno dei Paesi meno responsabili della crisi climatica
Il tifone ha colpito con violenza la costa centrale del Vietnam, causando almeno tre vittime e oltre 600.000 evacuati. Il Vietnam è tra i paesi meno responsabili delle emissioni globali, ma tra i più esposti alle loro conseguenze.
Il Vietnam è stato colpito dal tifone Kajiki, una tempesta tropicale che ha raggiunto la costa centrale il 25 agosto con venti fino a 166 chilometri orari. In previsione dell’impatto, le autorità hanno evacuato quasi 600.000 persone nelle province di Thanh Hoa, Quang Tri, Hué e Danang. Oltre 16.500 soldati e più di 100.000 membri delle forze di emergenza sono stati mobilitati per affrontare l’allerta, mentre scuole, aeroporti e uffici venivano chiusi nel tentativo di limitare i danni.
Kajiki si è formato in meno di due giorni, passando da una debole depressione tropicale a un tifone pienamente sviluppato. Un’accelerazione che, se da un lato non può essere ancora attribuita in modo diretto e univoco al cambiamento climatico (la scienza dell’attribuzione è prudente e richiede i suoi tempi, come sempre), dall’altro rientra in un quadro più ampio: gli oceani più caldi favoriscono tempeste più intense, rapide e difficili da prevedere. E questa non è più una teoria da convegno, ma una realtà che piove – letteralmente – sulla testa di milioni di persone.
Il bilancio è pesante. Almeno tre le vittime accertate, tra cui un uomo folgorato mentre cercava di mettere in sicurezza il tetto di casa, e altri colpiti dal crollo di strutture. Migliaia le abitazioni danneggiate, centinaia i pali della luce abbattuti, decine di migliaia gli ettari di risaie finiti sott’acqua. Le strade di Hanoi si sono trasformate in canali urbani, mentre le autorità cercavano di ripristinare la corrente elettrica e impedire nuovi crolli. Ora Kajiki si dirige verso l’entroterra, con rovesci previsti in Laos e Thailandia, dove è già scattata l’allerta per alluvioni e frane.
Ed è proprio in momenti come questo che torna alla ribalta la profonda ingiustizia climatica che caratterizza il nostro tempo. Il Vietnam, come molti altri Paesi del Sud globale, è tra i meno responsabili delle emissioni storiche che alimentano la crisi climatica. Eppure ne paga un prezzo altissimo, in termini di vite umane, perdite economiche e disastri ambientali.
Gli Accordi di Parigi del 2015 avevano riconosciuto questa asimmetria, e la COP27 ha segnato una svolta con l’introduzione del fondo “Loss and Damage”, pensato per compensare i Paesi più colpiti dai danni irreversibili del riscaldamento globale. Ma le promesse finanziarie dei Paesi industrializzati sono ancora largamente insufficienti, e i meccanismi di erogazione dei fondi restano lenti, burocratici e spesso condizionati.
Nel frattempo, Kajiki non aspetta. Come non hanno aspettato Haiyan, Bopha, Noru, Yagi, o decine di altri nomi che negli ultimi anni sono diventati sinonimi di devastazione. La sensazione è che i Paesi più esposti siano lasciati a fronteggiare le tempeste con mezzi inadeguati, mentre i summit internazionali procedono con lentezza diplomatica.







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