Matrimoni tra persone dello stesso sesso, la Ue impone il riconoscimento: cosa cambia (davvero) per l’Italia
La Corte di Giustizia Ue stabilisce che tutti gli Stati membri devono riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati in un altro Paese Ue.
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che ogni Stato membro ha l’obbligo di riconoscere il matrimonio tra due cittadini Ue dello stesso sesso, se contratto legalmente in un altro Paese dell’Unione in cui la coppia ha esercitato la propria libertà di circolazione e soggiorno. La sentenza nasce dal caso di due cittadini polacchi sposati a Berlino, il cui matrimonio non veniva riconosciuto dalle autorità del loro Paese d’origine. Secondo i giudici, il rifiuto di trascrivere quell’atto viola la libertà di movimento, il diritto alla vita familiare e il principio di non discriminazione.
La decisione non impone agli Stati di introdurre il matrimonio egualitario nei propri ordinamenti, tema che resta nella competenza nazionale. Chiede però, in modo vincolante, che lo status coniugale acquisito in un altro Stato Ue produca effetti reali anche al rientro nel Paese di origine. Se uno Stato sceglie come modalità il semplice atto di trascrizione nei registri civili, quella stessa modalità va applicata anche alle coppie omosessuali: non può esistere un canale separato o più svantaggioso.
Per l’Italia la sentenza arriva in un quadro normativo particolare: il matrimonio egualitario non è previsto, mentre dal 2016 esistono le unioni civili. Finora, molti Comuni hanno trascritto i matrimoni cosiddetti same sex celebrati all’estero come unioni civili, “declassando” di fatto lo status coniugale acquisito altrove. Diversi giuristi sottolineano che questa prassi rischia di essere in contrasto con il nuovo orientamento della Corte, che chiede il riconoscimento dello stesso status, non di uno diverso, sebbene “simile”.
La sentenza apre uno spazio di azione per coppie, associazioni e amministrazioni locali. Le persone sposate all’estero potranno richiedere la trascrizione piena del proprio matrimonio e, in caso di rifiuto, valutare il ricorso ai tribunali facendo leva sul nuovo pronunciamento europeo. I Comuni, dal canto loro, possono scegliere di anticipare il legislatore nazionale adottando prassi amministrative più inclusive e coerenti con il diritto Ue, evitando contenziosi futuri e riducendo l’incertezza giuridica per le famiglie.







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