Il piano della Francia per città con l’aria più pulita
In vista dei nuovi limiti europei in arrivo nel 2030 l’Agenzia francese per la transizione ecologica ha avviato un piano che trasforma i territori in laboratori di sostenibilità.
Negli ultimi vent’anni la Francia ha ridotto in modo significativo diversi inquinanti atmosferici: gli ossidi di azoto, le polveri sottili e il biossido di zolfo sono in forte calo, risultato di norme più severe, tecnologie più efficienti e cambiamenti graduali negli stili di vita. Ma questo progresso, pur importante, non basta: dal 1° gennaio 2030 entreranno in vigore nuovi limiti europei molto più severi, che dimezzano o riducono di due terzi le soglie per NO₂, PM₂,₅ e PM₁₀.
Così, molte città europee oggi formalmente in regola potrebbero tornare a essere considerate in una situazione di superamento dei limiti nel giro di pochi anni. Non perché l’aria peggiori, ma perché la scienza ha reso evidente che i livelli attuali non sono ancora compatibili con una tutela sufficiente della salute. Gli studi epidemiologici mostrano effetti anche a concentrazioni più basse di quelle finora ammesse, e il legislatore europeo ha scelto di allinearsi molto di più alle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Per affrontare questa sfida, l’Agenzia francese per la transizione ecologica (ADEME) ha avviato un percorso strutturato di supporto ai territori. Il piano prevede di aiutare città e aree metropolitane a capire dove si origina l’inquinamento, come evolveranno le concentrazioni nei prossimi anni e quali combinazioni di politiche possono riportare e mantenere i valori sotto le soglie del 2030. Non solo analisi, quindi, ma vera pianificazione preventiva.
Il lavoro di ADEME parte dalla mappatura dettagliata delle emissioni locali: si individuano le principali sorgenti, si quantifica il contributo dei diversi settori e si costruiscono inventari sempre più precisi. Su questa base vengono modellate le concentrazioni future, simulando diversi scenari di sviluppo: cosa succede se il traffico cresce, se si diffondono certi sistemi di riscaldamento, se l’agricoltura cambia pratiche? Le amministrazioni possono così vedere in anticipo le conseguenze delle proprie scelte.
Tre sono i settori chiave individuati come prioritari. Il primo è il trasporto stradale, responsabile di una quota consistente degli ossidi di azoto: le strategie vanno dall’elettrificazione dei veicoli al rinnovo delle flotte, dall’estensione del trasporto pubblico allo sviluppo della ciclabilità fino alla riduzione dell’uso dell’auto privata. Oltre alle infrastrutture, sono previste anche politiche tariffarie e urbanistiche che rendano più facile e conveniente spostarsi in modo sostenibile.
Il secondo settore è il riscaldamento domestico a biomassa, che in alcune aree contribuisce in modo decisivo alle emissioni di PM₂,₅. Qui l’obiettivo è accelerare la sostituzione degli impianti più vecchi e inquinanti con sistemi più efficienti, promuovendo al contempo pratiche d’uso corrette: qualità della legna, modalità di accensione, manutenzione delle stufe. Piccoli cambiamenti tecnici e comportamentali che, secondo le proiezioni, possono tradursi in riduzioni significative del particolato.
Il terzo ambito è l’agricoltura, in particolare le emissioni di ammoniaca legate alla gestione dei fertilizzanti e dei reflui. ADEME promuove tecniche di spandimento innovative, attrezzature più efficienti e modalità di stoccaggio che riducano le dispersioni in atmosfera. Si tratta di misure spesso poco visibili nel dibattito pubblico, ma fondamentali per abbassare le concentrazioni di particolato secondario, quello che si forma in aria a partire da diversi gas precursori.
Sul fronte dell’ozono, invece, i progressi sono più limitati. Questo inquinante è strettamente legato alle ondate di calore e alla chimica atmosferica: non basta intervenire a livello locale, perché contano anche le emissioni che arrivano da altri territori e la frequenza degli episodi di caldo estremo. Servono strategie integrate tra regioni e Paesi, in cui le politiche climatiche e quelle sulla qualità dell’aria vadano davvero nella stessa direzione, riducendo sia i gas serra sia i precursori dell’ozono troposferico.
Il percorso francese mostra che l’adeguamento ai nuovi limiti non può essere ridotto a un mero adempimento tecnico o a una questione di sanzioni europee. Richiede una visione di lungo periodo, la capacità di integrare politiche settoriali (trasporti, energia, agricoltura, pianificazione urbana) e il coinvolgimento di amministrazioni, imprese, cittadine e cittadini. Le città possono diventare spazi di sperimentazione, dove si testano soluzioni replicabili altrove, si misurano i risultati e si corregge la rotta se necessario.







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