Ponte sullo Stretto, il governo vuole inserirlo fra le spese militari per raggiungere l’obiettivo del 5%
Il governo Meloni vuole includere la costruzione del Ponte sullo Stretto tra le spese militari sfruttando alcune ambiguità delle regole della NATO.
Il governo Meloni vorrebbe far rientrare la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, circa 13,5 miliardi di euro, tra gli investimenti previsti rispetto al nuovo impegno con la NATO. Alla fine di giugno, infatti, i paesi aderenti alla coalizione hanno deciso di aumentare al 5% del PIL, la propria spesa militare entro il 2035, secondo la richiesta del presidente americano Donald Trump.
Da settimane i partiti dell’opposizione chiedono al governo dove reperire le risorse necessarie per soddisfare il nuovo impegno assunto. L’obiettivo del 5% sarebbe composto da due voci distinte: il 3,5% riguarda la spesa per la difesa in senso stretto, come armamenti e personale, mentre il restante 1,5% fa riferimento a spese legate alla sicurezza, per esempio infrastrutture strategiche come porti e ferrovie che in caso di guerra potrebbero essere usate dalle forze armate, investimenti in sicurezza informatica, installazione di cavi sottomarini per il passaggio di energia, gas o dati, e persino la gestione dell’immigrazione.
Secondo le stime del governo, l’Italia spenderà quest’anno il 2% del PIL in difesa e vera e propria attraverso un espediente individuato dal ministero dell’Economia, che sfruttando alcune ambiguità delle regole finanziarie della NATO, fa rientrare nelle spese anche le pensioni dei militari che finora rientravano prevalentemente nel bilancio dell’INPS, le spese per lo Spazio, quelle per la Guardia Costiera e alcune voci di spesa della Protezione civile.
Il ponte, secondo quanto annunciato dal sottosegretario per l’Interno, Emanuele Prisco, potrebbe rientrare nel piano dell’Unione Europea Military Mobility pensato per migliorare le infrastrutture e favorire una mobilità sicura e rapida di truppe e mezzi militari in caso di necessità. Prisco ha citato anche il corridoio Scandinavo-Mediterraneo, una rete di infrastrutture, principalmente ferrovie, lunga quasi 12mila chilometri che attraversa 7 paesi, Italia compresa.
Il corridoio fa parte di una rete europea ancora più ampia, TEN-T, che serve anche per agevolare la logistica militare. «In questa cornice, con questa logica, anche il ponte sullo Stretto potrebbe essere considerato un’infrastruttura coerente con le linee guida NATO ed europee in tema di sicurezza integrata e mobilità strategica», ha dichiarato Prisco.
Secondo Angelo Bonelli, leader dei Verdi, attraverso questa operazione il governo non sarebbe più costretto a rispettare vincoli ambientali europei, altrimenti insuperabili. Solo nelle prossime settimane si saprà se l’impostazione sarà accettata dalla NATO e dall’Unione Europea. Intanto il progetto del ponte sullo Stretto deve ancora essere approvato dal CIPESS, il comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile. Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini aveva annunciato l’approvazione entro dicembre del 2024. La nuova scadenza è fissata a luglio.







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