Dal Regno Unito all’Australia, il mondo inizia a riconosce il dolore dei crostacei
Londra annuncia il divieto di bollire vivi i crostacei. In Australia tornano al centro gli studi sul dolore nei gamberetti. Che cosa sono decapodi e cefalopodi e perché cambia il dibattito.
Nel Regno Unito il governo ha recentemente annunciato l’intenzione di vietare la pratica di immergere aragoste vive in acqua bollente. L’obiettivo dichiarato è ridurre sofferenze evitabili e aggiornare le regole sul benessere animale nelle cucine e lungo la filiera, spingendo verso metodi che causano minore sofferenza.
La discussione potrebbe estendersi all’intero gruppo dei decapodi, un ordine di crostacei che ha “dieci zampe” (da qui il nome): oltre alle aragoste, include granchi, scampi e molti gamberi. Nel dibattito britannico compaiono anche i cefalopodi, che non sono crostacei ma molluschi come polpi, seppie e calamari: animali con tentacoli e un sistema nervoso molto sviluppato, spesso usati come esempio quando si parla di sensibilità e tutela.
Da molti anni la scienza si interroga su cosa significhi “provare dolore” in specie molto diverse dai vertebrati. In molti casi gli studiosi hanno osservato risposte di nocicezione, cioè reazioni immediate a uno stimolo dannoso (ritirarsi, immobilizzarsi, evitare una fonte di calore). Tuttavia gli scienziati sono sempre stati piuttosto cauti: non è detto che questa elaborazione nervosa di uno stimolo potenzialmente lesivo si tramuti automaticamente in dolore, ovvero nella sua traduzione in un’esperienza cosciente.
Una serie di studi e revisioni recenti sostiene però che, almeno per alcune categorie di invertebrati, il quadro possa includere componenti più complesse: comportamenti di protezione della zona colpita, cambiamenti persistenti nelle scelte e rinunce a risorse pur di evitare lo stimolo, che possono far ipotizzare la presenza di dolore. Secondo gli scienziati oggi ci sono prove convincenti che questi animali acquatici siano senzienti e in grado di provare paura, dolore e sofferenza.
In Australia, dove il consumo di gamberetti è molto diffuso, il tema è riemerso di recente attorno alle pratiche domestiche e alla ristorazione. Nel Paese infatti si stima che fra Natale e Capodanno vengano consumati circa 18,5 milioni di chili di gamberi e più di 150.000 aragoste. Come racconta un reportage del Guardian, si stanno moltiplicando gli appelli della comunità scientifica e delle associazioni animaliste per tener conto di questa sofferenza nelle nostre scelte alimentari.
“Nella stagione della benevolenza verso tutti – chiosa la giornalista del quotidiano britannico – dovremmo riservare un pensiero anche ai crostacei?”






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