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4 Dicembre 2025
Podcast / Io non mi rassegno

3I/ATLAS: cometa interstellare o astronave aliena? – 4/12/2025

Dalle discussa ipotesi sulla natura dell’oggetto interstellare 3I/ATLAS, alle alluvioni nel Sudest asiatico e alla bancarotta idrica di Teheran.

Autore: Andrea Degl'Innocenti
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Questo episodio é disponibile anche su Youtube

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Trascrizione episodio

Da qualche mese c’è un certo fermento nella comunità scientifica, soprattutto nell’astrofisica, per via di un oggetto interstellare che si chiama 3I/ATLAS. Già il fatto che ci sia un oggetto interstellare nel nostro sistema solare è una notizia, perché di oggetti del genere ne abbiamo fin qui osservati pochissimi. Da quando abbiamo modo di osservare il cilelo in maniera molto approfondita e sistematica e anche di capire se un oggetto è un oggetto interstellare, che significa che arriva dall’esterno del nostro sistema solare, ne abbiamo osservati… tre!

Tant’è che nel nome 3I Atlas, il 3I sta ad indicare third interstellar, terzo oggetto interstellare. I primi due sono stati 1I/ ʻOumuamua (2017) e 2I/ Borisov (2019). La stragrande maggioranza di oggetti, comete, asteoidi, detriti, che osserviamo sono tutti oggetti che orbitano attorno al sole e che ogni tanto transitano vicino al nostro pianeta. Ora, potreste chiedervi, ma com’è che si capisce che un oggetto è interstellare? Sostanzialmente, dalla traiettoria e dalla velocità. Gli oggetti interni al sistema solare orbitano appunto, quindi hanno velocità relativamente moderate e traiettorie ellittiche, mentre gli oggetti interstellari hanno traiettorie più dritte, iperboliche, come un sasso scagliato da una fionda, e sono tendenzialmente molto più veloci.

Quindi, essendo una cosa rara, c’è molto fermento nella comunità scientifica e c’è anche qualcuno che si spinge a ipotizzare che non sia un oggetto qualsiasi, ad esempio una cometa, che è l’ipotesi base, ma che possa trattarsi addirittura di una navicella aliena.

Leggo qualche estratto di un articolo di Fanpage che parla di questo argomento:

“Nonostante la comunità scientifica internazionale sia generalmente – e fermamente – convinta che 3I/ATLAS sia un oggetto naturale, più precisamente una cometa interstellare, il fisico e astronomo dell’Università di Harvard Avi Loeb continua ad analizzare i dati raccolti senza pregiudizi e a sostenere l’ipotesi tecnologica. A suffragio della sua controversa ma suggestiva posizione, al momento non supportata da evidenze scientifiche, c’è una nuova “straordinaria anomalia”, come indicato in uno dei suoi ultimi articoli pubblicati su Medium. In parole semplici, l’accelerazione non gravitazionale di 3I/ATLAS registrata a ridosso del perielio potrebbe non essere stata frutto del degassamento innescato della sublimazione dei ghiacci (avvicinandosi al Sole e riscaldandosi il nucleo ghiacciato di una cometa libera gas e polveri), bensì una manovra precisa per arrivare a una determinata distanza da Giove.

L’oggetto interstellare raggiungerà la distanza minima dal gigante gassoso il 16 marzo 2026 e, secondo Avi Loeb, l’accelerazione osservata sarebbe servita a correggere la traiettoria quel tanto che passa per entrare nel raggio di Hill, ovvero la distanza entro cui un oggetto come un pianeta (Giove) riesce a vincere sulla forza gravitazionale di un oggetto più grande attorno al quale orbita (il Sole) e trattenere legati a sé i satelliti. 

Se 3I/ATLAS fosse un’astronave madre aliena con l’obiettivo di lasciare sonde attorno a Giove, dovrebbe raggiungere il sopracitato raggio di Hill; l’accelerazione non gravitazionale osservata avrebbe permesso all’oggetto di deviare quel tanto che basta proprio per arrivarci”. 

Poi l’articolo riporta una serie di calcoli, provo a spiegarveli in maniera semplice. C’è un concetto che si chiama raggio di Hill. È la distanza entro cui la forza di gravità di un oggetto più piccolo vince quella di un oggetto più grande attorno a cui orbita. Ad esempio, è il punto in cui la forza di gravità della terra vince su quella del sole. 

Ecco, secondo i calcoli dell’astrofisico, 3I-ATLAS avrebbe fatto una piccola deviazione di traiettoria, che di per sé sarebbe spiegabile anche con fenomeni perfettamente naturali, tipo lo scioglimento dei gas e delle polveri interne, ma che avrebbe portato a questa coincidenza particolare, ovvero di farla passare esattamente nel punto (poi vabbé, quando parliamo di esattamente parliamo comunque di un margine di errore . Sostiene l’astrofisico che la correzione della traiettoria data dall’accelerazione è stata di 0,1 milioni di chilometri, quindi di 100mila chilometri, e che questa variazione gli consentirebbe di entrare dentro quella sfera in cui sarebbe possibile lanciare satelliti attorno a Giove, o inviare sonde o tecnologia sul pianeta.

La coincidenza è sicuramente curiosa, e Loeb ne ha raccolte altre 12, che ha chiamato anomalie. Sono tutti fenomeni spiegabili, che non necessitano per forza dell’ipotesi aliena, ma che però l’astrofisico considera un po’ strani. 

Il punto è: sono indizi e coincidenze sufficienti per ritenere che ATLAS possa essere una navicella aliena? Vediamo. Innanzitutto, chi è Avi Loeb? È un personaggio autorevole? Sì, lo è, nel senso che è un astrofisico con un curriculum importante: è stato a lungo professore e chairman del dipartimento di astronomia ad Harvard, ha pubblicato un sacco di lavori seri su buchi neri, formazione delle galassie, cosmologia precoce, ecc. 

Negli ultimi anni però è diventato famoso soprattutto per le ipotesi aliene legate agli oggetti interstellari, e forse c’è andato un po’ in fissa. Ha pubblicato un libro in cui ipotizza che il primo oggetto interstellare intercettato, ‘Oumuamua “forse era un oggetto artificiale”, ha lanciato il Project Galileo per cercare tecnologia aliena, e in generale, spinge molto l’idea che dovremmo prendere seriamente l’ipotesi “artefatti alieni”, anche a costo di andare un po’ oltre ciò che la maggioranza dei colleghi considera prudente.

Il fatto che Loeb però “stia in fissa”, ovvero che come scienziato cerchi conferme alla mano aliena dietro a tutti gli oggetti interstellari che osserva, produce una distorsione cognitiva, un bias, molto ricorrente nell’osservazione scientifica chiamato look elsewhere effect, che in pratica dice che se guardi più o meno dappertutto, qualche coincidenza assurda la trovi. E poi dovremmo anche chiederci, qual è la probabilità che quella che stiamo osservando sia effettivamente una navicella aliena? Una probabilità più difficile da calcolare ma plausibilmente molto più bassa. 

E esiste una teoria che si chiama – l’avrete sentita forse – teoria del rasoio di Occam: è un principio metodologico che afferma che la spiegazione più semplice sia quella che va scartata per ultima se non ci sono prove contrarie. Insomma, per quanto l’ipotesi aliena sia affascinante, e non si possa scartare a priori, finché non vedremo robe eclatanti, tipo una cometa interstellare fare retromarcia, allora la cosa più probabile è che sia esattamente una cometa interstellare. 

Da giorni i Paesi del sudest asiatico sono colpiti da un’ondata di tempeste tropicali e piogge torrenziali che stanno devastando le aree interessate, causando alluvioni e smottamenti. I Paesi più colpiti sono Indonesia e Sri Lanka, dove la conta dei morti complessivi ha superato le 1.200 persone, e quella dei dispersi si aggira ormai attorno a 800 persone. Solo in questi due Paesi, poco meno di un milione di cittadini risultano sfollati, ma le persone coinvolte dai disastri sono quasi 5 milioni. Nei giorni le piogge sono arrivate anche in Thailandia e in misura minore in Malesia, i cui dati sommati a quelli dei Paesi più colpiti, portano il numero dei morti ufficiali almeno a 1.390 persone.

Sto leggendo su L’Indipendente, l’autore è Dario Lucisano, che racconta che Il Paese più colpito in assoluto dalle alluvioni è l’Indonesia, e in particolare le province di Sumatra, Aceh e Nilas. Secondo il centro per le emergenze locale sono morte almeno 770 persone, 463 risultano disperse, e 2.600 ferite; in tutto il Paese sono state evacuati 746.000 cittadini, ma sono 3,2 milioni i residenti nelle aree colpite dal disastro. Poi l’articolo cita altri numeri, ma bastano questi per farci rendere conto delle dimensioni del disastro.

Anche in Sri Lanka la situazione è molto critica. Qui si parla di 479 morti e 350 dispersi, e almeno 209.000 sfollati. Mentre la situazione in Tailandia e Malesia sembra ora un po’ più sotto controllo. 

Come spieghiamo sempre, non possiamo automaticamente collegare fenomeni come questo in maniera diretta al cambiamento climatico, perlomeno non subito. Perché oggi esiste una scienza specifica che si chiama scienza dell’attribuzione che fa proprio questo, attribuire una correlazione probabilistica fa un evento climatico specifico e il macrofenomeno del cambiamento climatico. Tipo, questa alluvione è stata resa 10, 50, 100 volte più probabile dal cambiamento climatico. Quindi attendiamo, ma sappiamo già che fenomeni dei questa portata un tempo erano molto rari e oggi sono quasi all’ordine del giorno.

Così come all’ordine del giorno in tante zone del mondo c’è la siccità. In particolare negli ultimi giorni c’è una notizia, una situazione, che mi ha colpito. Ne parla un articolo su Le Scienze, che racconta di come la capitale dell’Iran, teheran, sia letteralmente in bancarotta idrica. 

Si tratta di una condizione in cui la città consuma stabilmente più acqua di quanta il territorio riesca a rigenerare. Le falde sono perennemente vuote, gli invasi ai minimi storici, e il terreno sottostante sprofonda perché si è pompata via troppa acqua dal sottosuolo. Parliamo di un’area metropolitana da circa 15 milioni di persone.

La situazione è così grave che lo stesso presidente iraniano, Pezeshkian, ha iniziato a dire una cosa che fino a poco tempo fa sembrava fantascienza: forse bisognerà spostare la capitale. L’idea è trasferirla in una zona costiera, sul Golfo di Oman, dove ci sarebbe accesso al mare e quindi, potenzialmente, alla desalinizzazione. Ma anche lì tutto da vedere perché desalinizzare l’acqua marina è una roba che consuma un sacco di energia.

La situazione limite di Teheran non è solo frutto di una siccità momentanea, ma il risultato di decenni di politiche che hanno trattato l’acqua come se fosse infinita: agricoltura super idrovora in zone aride, sussidi che rendono acqua ed energia artificialmente economiche (e quindi facili da sprecare), crescita incontrollata di Teheran come mega-calamita urbana. E su questo contesto, si è innestata la crisi climatica, con meno piogge e più ondate di calore, che è stato il detonatore finale.

Catastrofi climatiche, persone che sono costrette a spostarsi da territori diventati inabitabili. È un pattern che vedremo sempre più spesso in futuro. Può sembrare un paradosso, ma a promuovere le politiche più anti migranti sono gli stessi govreni che negano la crisi climatica o che non fanno niente per evitarla, rendendo le crisi migratorie di massa inevitabili.

Dico può sembrare perché è un paradosso solo apparente. I migranti sono un asset importantissimo delle agende politiche di quei governi, ne hanno un bisogno estremo. 

Venerdì scorso, il 28 novembre, racconta infomigrans, il Dipartimento di Stato americano ha inviato una circolare alle ambasciate statunitensi in Europa, Canada e Australia. Con cui chiede ai diplomatici USA di fare pressione sui governi ospitanti affinché adottino politiche migratorie più dure. Ma non solo: li invita anche a segnalare sia al governo Usa che ai vari media eventuali crimini legati ai migranti, come stupri o atti violenti, per rafforzare la narrazione dei “pericoli della migrazione di massa”.

Dice proprio così. Tutto questo fra l’altro in un momento in cui l’appeal politico di Trump negli usa sembra in calo, come mostra anche la vittoria risicata del candidato repubblicano in Tennesse, dove alle ultime elezioni politiche i repubblicani avevano avuto un margine di 22 punti percentuali. Trump quindi rincara la dose di paura, sperando che funzioni, ma non è detto che sia così. Come non sta funzionando il suo boicottaggio delle rinnovabili.

I nuovi dati dell’US Energy Information Administration (EIA) – leggo su Vai Elettrico – fotografano una transizione che procede spedita negli USA a dispetto dell’Amministrazione Trump. Le rinnovabili sempre in crescita, grazie ad un solare da record. Lo stoccaggio energetico ha segnato un balzo del 59% in capacità installata. Al contrario, carbone, gas e nucleare mostrano segnali di stagnazione. Interessante. 

Chiudo segnalando una roba potenzialmente pericolosa. Oggi si discute in Consiglio dei ministri il ddl che modifica il testo unico dell’edilizia. Leggo su Repubblic: “Silenzio-assenso o poteri sostitutivi per accelerare e semplificare le procedure in edilizia. Nel consiglio dei Ministri di domani, 4 dicembre, sarà esaminato il Disegno di legge delega per la revisione del Testo unico. Gli obiettivi della riforma includono anche la digitalizzazione e il superamento della frammentazione regionale al riordino dei titoli edilizi.

Per ridurre poi i termini previsti per il rilascio o la formazione dei titoli edilizi e contrastare “l’immobilismo burocratico”, si porrà “rinnovata enfasi sul meccanismo del silenzio-assenso o del silenzio-devolutivo in caso di inerzia dell’amministrazione competente”, si legge nella relazione illustrativa del provvedimento.

Che sono tutte cose potenzialmente molto pericolose, in un momento in cui dovremmo togliere dall’agenda l’idea di continuare a cementificare e costruire.

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