India: ad Auroville, la città utopica, l’utopia vacilla – 11/7/2025
La crisi di Auroville, la moozione di sfiducia contro Von der Leyen, l’incontro dei Volenterosi a Roma, gli aggiornamenti su Gaza e la partenza della Local march for Gaza.
Questo episodio é disponibile anche su Youtube
Fonti
#Auroville
Italia che Cambia – Auroville rischia di naufragare? – Io non mi rassegno + 11
Times of India – Why some residents say Auroville has lost its way
#Ue
il Post – La mozione di sfiducia contro von der Leyen è stata respinta
#volenterosi
Rai News – Conferenza di Roma, dieci miliardi per l’Ucraina. Volenterosi “pronti” per una forza di peacekeeping
#Gaza
BBC – Israeli defence minister plans to move Gaza’s population to camp in Rafah
la Repubblica – Stati Uniti, sanzioni contro la relatrice Onu per i territori palestinesi Francesca Albanese
Italia che Cambia – Parte domani la Marcia Locale Per Gaza
#Sardegna
Italia che Cambia – Treni sospesi, bus in servizio ma dal Sulcis ci si sposta a fatica – INMR Sardegna #86
Trascrizione episodio
I media indiani stanno iniziando a parlare della questione Auroville, e questo potrebbe avere degli effetti. Se non sapete di cosa stia parlando, ve lo riassumo. Auroville è una città nel sud dell’India, nata 56 anni fa con un obiettivo molto particolare: costruire una comunità basata sull’unità umana e in grado di condizionare positivamente l’umanità intera. Per riuscirci Auroville – secondo le idee e le teorie di Sri Aurobindo e Mira Alfassa, nota come “la Madre” – avrebbe dovuto ospitare 50mila persone, e c’è un vero e proprio piano urbanistico di espansione, dato che oggi gli abitanti sono solo, si fa per dire, 3.500 residenti provenienti da più di 60 paesi.
Ma oggi, Auroville è attraversata da una crisi interna profonda, fatta di conflitti, contraddizioni e accuse reciproche. Molti residenti parlano apertamente di un’“Auroville che ha perso la sua strada”. Ne abbiamo parlato diverse volte qui su INMR e trovate anche una puntata speciale di INMR+ sull’argomento.
Il nodo centrale sembra essere lo scontro tra la visione originale di autogestione comunitaria e la crescente ingerenza della Auroville Foundation, un organismo creato dal governo indiano nel 1988 per gestire formalmente la città. Negli ultimi anni, la Foundation ha assunto un ruolo sempre più centrale, fino a essere percepita da molti come un vero e proprio braccio governativo che limita l’autonomia della comunità.
Qualche giorno fa, e questo è un segnale interessante, un importante quotidiano indiano, The Times of India, ha pubblicato un articolo dal titolo “Why some residents say Auroville has lost its way”, in cui si racconta che da quattro anni, il numero di residenti indiani ha superato quello degli stranieri, arrivando al 51,5%. E che alcuni denunciano un cambiamento più profondo: non solo nei numeri, ma nella visione stessa del progetto.
Nel 2024, ottenere un visto per restare ad Auroville è diventato più difficile. Le autorità ora richiedono una lettera di raccomandazione dal segretario della Foundation, senza la quale le nuove richieste vengono respinte. Alcuni residenti vedono in questa mossa un tentativo deliberato di escludere gli stranieri critici verso la nuova amministrazione.
Alcune ONG e personalità vicine al progetto parlano apertamente di “epurazione politica”. Chi si oppone alla costruzione di nuove infrastrutture o alla deforestazione viene etichettato come “anti-sviluppo”. Decine di residenti sono già stati costretti a lasciare il Paese, e molti altri vivono nella paura.
Il conflitto si è acceso intorno a una serie di progetti infrastrutturali promossi dalla Foundation, tra cui la costruzione di strade rettilinee che tagliano la foresta piantata negli anni dai residenti stessi. Queste opere sono difese come necessarie alla “crescita” e allo “sviluppo urbano”, ma criticate da molti come tradimento dello spirito originale di Auroville, improntato alla sostenibilità, alla spiritualità e alla collaborazione orizzontale.
Il risultato? Una comunità sempre più divisa tra chi difende la visione utopica originaria e chi la vuole adattare a logiche più moderne e “efficienti”. C’è chi parla di un progetto che sta virando verso una burocrazia centralizzata, lontana anni luce dallo spirito con cui era nato.
Ho chiesto a uno dei residenti italiani, Marco Saroldi, di commentarmi questo articolo e vi leggo cosa mi ha scritto:
“Penso che l’articolo sia onesto anche se un po’ sottotono.
L’invasione del governo indiano e’ stata molto piu’ pesante di quel che appare nell’articolo, ma in questo paese i giornali a grossa diffusione non possono permettersi di criticare piu’ di tanto le scelte governative.
Siamo gia’ molto contenti che sia uscito nell’inserto domenicale di un giornale a tiratura nazionale. In Europa, soprattutto in Francia, sono gia’ usciti svariati articoli sulla crisi di Auroville, e in rete si possono trovare parecchie informazioni, ma finalmente, dopo 4 anni di piccoli e grandi abusi di potere nella gestione di Auroville, qualcuno osa criticare le mosse del governo sulla carta stampata, e tutta l’India lo puo’ leggere.
Alla Segretaria della Fondazione di Auroville, in gran parte responsabile del conflitto, e’ stato recentemente affidato un altro incarico politico in Gujarat, che la porta a non farsi quasi piu’ vedere dalle nostre parti.
Sulla sua scrivania si accumulano richieste di raccomandazione per il rinnovo del visto, ormai scadute da mesi, di Aurovilliani che aspettano che Sua Signoria si degni di venire e mettere una firma sulle richieste. Ormai siamo a circa un centinaio in attesa.
Anch’io faccio parte del gruppo. Ho presentato la richiesta a Gennaio per un visto che scadeva ad Aprile, e a meta’ Luglio ancora non ho il rinnovo. Semplicemente significa che non posso uscire dall’India, a meno di non richiedere un visto speciale di uscita direttamente all’ufficio immigrazione, il che significherebbe che potrei uscire senza poi poter rientrare finche’ la Segretaria non firmi la mia lettera di raccomandazione. Per quel che ne so, lei e’ il solo funzionario a poterlo fare.
C’e’ chi e’ in questa situazione da anni. Persone che sono state prese di mira per le loro azioni di protesta pacifica non hanno piu’ avuto il rinnovo e quindi stanno qua ‘illegalmente’ e non possono uscire, se non definitivamente. Anche viaggiare in India puo’ diventare problematico poiche’, nonostante tutti abbiano una carta di identita’ indiana che teoricamente permette di girare l’India, quando arrivi in un albergo la tua fisionomia ti identifica come straniero, e l’albergatore potrebbe chiederti di visionare il tuo visto di permanenza. Se non ce l’hai potrebbe sentirsi in dovere di informare la polizia. E tu sei comunque un cittadino straniero sprovvisto di visto valido.
Problemi di visto a parte, il resto continua a essere un disastro. Lo ‘sviluppo’ della citta’ continua con un inutile abbattimento di alberi, svendita di terreni periferici per fare cassa, costruzione di strade immense, apertura al turismo di massa, restrizioni finanziarie alle piccole aziende, in una frenesia di sviluppo che e’ l’opposto degli ideali che stanno alla base di Auroville.
Parecchi non hanno piu’ sopportato e se ne sono andati. Noi resistiamo e non siamo pochi. Crediamo che il sogno di Mother vada vissuto fino in fondo e siamo qui per questo. Vediamo come va a finire”.
Insomma, il progetto di Auroville sembra a rischio e sarà importante osservare e raccontare quello che succederà nei prossimi mesi. Sia perché è un’esperienza storica, emblematica, che ha dato ispirazione anche al movimento degli ecovillaggi, sia perché quello che succede lì rispecchia dinamiche che possiamo osservare, più diluite, anche su scale maggiori.
Un po’ di cose dal mondo. Ieri il Parlamento Europeo ha votato una mozione di sfiducia nei confronti della Commissione Europea e della sua presidente Ursula von der Leyen legata al caso Pfizergate. La mozione non è passata, come ampiamente previsto, perché servivano ⅔ dei voti. Però è una votazione che ha messo profondamente in crisi e ha fatto emergere tutte le crepe della magioranza che regge il Parlamento Ue.
La miccia che ha fatto scoppiare il caso è il cosiddetto Pfizergate, una vicenda che affonda le radici nel pieno della pandemia, nel 2021, quando von der Leyen avrebbe negoziato direttamente con il CEO di Pfizer, Albert Bourla, un maxi-accordo per acquistare circa 1,8 miliardi di dosi di vaccino anti-Covid. Una trattativa avvolta nel mistero, perché avvenuta in modo molto informale: tramite uno scambio di messaggi privati, sms che poi sono misteriosamente spariti.
Da lì nasce la mozione di sfiducia, che come vi dicevo ha aperto delle grosse spaccature nel Parlamento Ue. Il gruppo di ECR, che l’aveva presentata, si è spaccato, perché dentro ci sono anche Fratelli d’Italia, che invece von der Leyen l’appoggia eccome.
Socialisti e liberali hanno votato contro, perché formalmente sono parte della maggioranza, ma sono sempre più insofferenti nei confronti del PPE, il partito di von der Leyen, di centrodestra, accusato di spostarsi a destra, soprattutto sulle politiche ambientali e di votare troppo spesso insieme ai gruppi di estrema destra per annacquare o bloccare provvedimenti del Green Deal europeo.
Quindi è un parlamento fragile e una maggioranza molto crepata quella della Ue, e il prossimo futuro potrebbe acuire queste spaccature.
Poi, a Roma si è tenuto un incontro sulla ricostruzione dell’Ucraina, a cui hanno partecipato moltissimi leader occidentali. Il gruppo di partenza era il cosiddetto gruppo dei volenterosi, ovvero quel gruppo informale nato su spinta di Macron e Starmer, i leader di Francia e Regno unito, a cui hanno aderito i leader di una trentina di paesi, ai quali a questo giro si sono uniti anche gli Usa, nella persona non di Trump ma del generale Kellog, che sarebbe l’inviato speciale di Trump per l’Ucraina, e Papa Leone XIV.
L’incontro era stato pensato inizialmente per parlare di fondi per la ricostruzione, quindi era un incontro d’affari, ma con il cessate il fuoco che non sembra vicino, è diventato anche un incontro sulle armi all’Ucraina.
Giovedì, riporta la BBC, il ministro della Difesa israeliano ha annunciato un piano per spostare tutti i 2,1 milioni di abitanti della Striscia di Gaza in un’area ristretta nel sud del territorio, trasformata in una sorta di “città umanitaria”. Città umanitaria è una di quelle frasi che fanno accapponare la pelle detta in un contesto del genere, tipo “Il lavoro rende liberi” sui cancelli dei campi di concentramento.
Perché questa città umanitaria, proposta dal Israel Katz, che non è nemmeno uno degli esponenti di governo più estremisti, sarebbe una sorta di campo, dove le persone verrebbero fatte entrare solo dopo uno screening di sicurezza per escludere legami con Hamas, e da cui poi non potrebbero più uscire. Una prigione a cielo aperto, come era un po’ tutta la striscia di Gaza, ma ancora più ristretta, compressa, forzata.
Il piano, secondo Katz, potrebbe partire durante una tregua di 60 giorni che Israele e Hamas stanno negoziando. E prevederebbe un trasferimento forzato di popolazione. Che vabbé, sarebbe vietato dal diritto internazionale e considerato crimine contro l’umanità. Ma ormai il diritto internazionale è una roba per estremisti.
Tant’è che chi denuncia la situazione, il genocidio in corso, le tante violazioni appunto del diritto internazionale, viene preso di mira. È il caso di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi. Per tutta la giornata di mercoledì chiunque cercasse il suo nome su Google trovava come primo risultato su Google un articolo sponsorizzato dal governo israeliano, che la screditava. Ieri il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha annunciato sanzioni contro di lei, sanzioni che le impediranno, probabilmente, di recarsi negli Stati Uniti e bloccherebbero tutti i beni che detiene nel Paese.
Annunciando l’iniziativa Rubio ha parlato di “illegittimi e vergognosi sforzi di Albanese per fare pressione sulla Corte Penale Internazionale affinché agisca contro funzionari, aziende e leader statunitensi e israeliani”. Tutto questo mentre ieri – leggo su Repubblica – un attacco israeliano ha ucciso 15 persone, tra cui donne e bambini, che si trovavano all’esterno di un centro sanitario nella città di Deir Al Balah, nella Striscia di Gaza centrale.
Ieri abbiamo iniziato a raccontarvi della Local March to Gaza, o Marcia locale verso Gaza, che questa iniziativa nata daòl fallimento della Marcia globale verso Gaza con l’intento di sensibilizzare le nostre società sul massacro che sta avvenendo.
Oggi è il giorno uno di questa camminata, che partiva da Oropa, e ho chiesto a Sara Massarotto, una delle partecipanti nonché colei che segue anche un po’ la comunicazione della marcia, di raccontarci com’è andata questa prima giornata di cammino.
Audio disponibile all’interno del podcast
Scuola, mobilità, acqua. Tematiche nazionali ma che in Sardegna hanno una valenza particolare. È anche di questo che si parla nella puntata odierna di INMR Sardegna. parola a Lisa Ferreli.
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