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27 Ottobre 2025
Podcast / Io non mi rassegno

L’Europa ha approvato la prima legge per proteggere il suolo! – 27/10/2025

Il Parlamento europeo approva la direttiva sul monitoraggio del suolo; la Russia arresta un biologo ucraino che voleva limitare la pesca del krill in Antartide; aggiornamenti da Argentina, Italia, Turchia, Ucraina e Afghanistan.

Autore: Andrea Degl'Innocenti
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Questo episodio é disponibile anche su Youtube

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Trascrizione episodio

Giovedì è stata una giornata importante all’interno del Parlamento Ue. Una giornata in cui è arrivata una decisione attesa, ma non scontata. Il Parlamento infatti ha approvato la direttiva sul monitoraggio del suolo, la prima normativa europea che riconosce il suolo come risorsa viva e limitata, da tutelare al pari dell’acqua e dell’aria.

È una roba importante. La nuova normativa, spiega Euractiv, introduce un sistema europeo di monitoraggio del suolo, con l’obiettivo di migliorare la resilienza dei terreni, gestire meglio i siti contaminati e ridurre il consumo di suolo.

Gli Stati membri dovranno istituire sistemi di rilevamento della condizione fisica, chimica e biologica dei suoli, basati su una metodologia comune UE, e i dati saranno comunicati regolarmente alla Commissione europea e all’Agenzia europea dell’ambiente, per garantire un quadro comparabile e coordinato a livello comunitario.

La direttiva include inoltre la sorveglianza delle sostanze chimiche come PFAS, pesticidi e microplastiche, e definisce classi di salute del suolo collegate a valori di riferimento europei e soglie nazionali.

Su AltrEconomia Paolo Pileri, che uno dei massimi esperti di suolo in Italia, spiega l’importanza di questa direttiva.

Leggo: “Perché la Direttiva sul monitoraggio è così importante? Intanto ricordiamo che il 60%-70% dei suoli europei sono malati. Ma il guaio è che il loro stato di salute è solo presunto perché fino ad oggi nessuna analisi preventiva e capillare sui suoli era obbligatoria. 

Con la Direttiva bisognerà mettere in campo una fitta campionatura che ci restituirà un reale stato di salute biochimico e fisico dei suoli consentendo di predisporre le misure di ripristino necessarie e, si spera, avviando lo spegnimento di quelle politiche e quelle pratiche dannose.

Il buon funzionamento della Direttiva potrebbe aiutare anche l’interruzione del consumo di suolo che in Italia continua a correre (proprio il 24 ottobre a Roma l’Ispra ha presentato il rapporto sul consumo di suolo e riduzione delle funzioni ecosistemiche e i numeri sono gravissimi). A livello europeo si è stimato che il degrado dei suoli riduce le funzioni ecosistemiche degli stessi producendo un danno che, se monetizzato, va da un minimo di 40 a un massimo di 70 miliardi di euro all’anno. 

E non si tratta solo di impermeabilizzazione (ovvero di consumo di suolo), ma di una lunga lista di aggressioni al suolo: erosione, perdita di sostanza organica con conseguente riemissione di CO2 in atmosfera, contaminazioni come quelle da metalli pesanti, eccesso di sostanze azotate con conseguente emissioni di terribili gas climalteranti (N2O), crisi di azoto e fosforo nei suoli, compattazione, salinizzazione.

Ce n’è per tutti i gusti. Sono numerosissime le minacce ai suoli e grazie a questa Direttiva si dovranno modificare alcune pessime abitudini in campo agricolo e pure urbanistico. Molte professionalità saranno coinvolte. Ci sarà più spazio per i giovani e quanti avranno un profilo curriculare in materie ambientali. Bisognerà inventarsi nuove mitigazioni ambientali che fino ad oggi non potevano essere messe a punto in mancanza, appunto, di una capillare campagna di conoscenza della salute dei suoli. Salute dei suoli significa, ovviamente, contenere alcuni dei fattori di crisi del clima e, per conseguenza, ridurre anche gli stadi di crisi per l’agricoltura.

Quindi gli agricoltori non scendano in piazza inutilmente. La Direttiva sul monitoraggio li aiuterà a non patire. Non diano retta a chi cercherà di convincerli del contrario. Peraltro, a loro non viene richiesto alcun sacrificio, sebbene sappiamo bene che le loro pratiche industriali sono veleno per i suoli e, onestamente, sarebbe ora che cambiassero da soli modo di fare agricoltura. Comunque saranno gli Stati a provvedere con misure e finanziamenti pubblici per accompagnarli in un nuovo sistema agricolo. 

Vietato quindi lamentarsi. Idem per urbanisti e politici. Il modo di pensare e fare la città non può permettersi più alcuna impermeabilizzazione ma, come diciamo da tempo, deve addirittura depavimentare ovvero ridare spazio alla natura, spazio che le è stato tolto per decenni e decenni. Anche le alluvioni e le siccità, eventi che ancora erroneamente chiamiamo estremi, sono parzialmente il frutto della crisi ecologica dei suoli e del fatto che non solo non sono più in grado di svolgere le proprie funzioni ecosistemiche ma addirittura finiscono per acutizzare la crisi climatica.

Quindi ecco, qualche giorno fa denunciavamo gli enormi passi indietro dell’Ue sul Green deal, ma dicevamo anche che l’organismo europeo ha in pancia tensioni e tendenze opposte. Ed è così.

Tutto questo avviene mentre in Consiglio d’Europa la nostra Premier riesce – come racconta Fabrizio Fasanella su Linkiesta, ad avere un’influenza crescente sulle politiche climatiche, con la parola d’ordine, la sua, flessibilità, che è riuscita a estendere a tutto il gruppo.

Ma anche mentre il Parlamento Ue approva a larga maggioranza, la risoluzione in vista della prossima COP30 sul clima che si terrà a Belém, in Brasile, il prossimo mese, in cui ribadisce la necessità che l’Unione europea resti leader globale nella lotta al cambiamento climatico, riaffermando l’impegno a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e a porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili. Una risoluzione non conta molto, ma mostra una posizione del Parlamento diversa da quella che abbiamo osservato altrove. Insomma, è tutto abbastanza complesso.

Leonid Pshenichnov è un biologo ucraino settantenne che vive in Crimea, territorio occupato dalla Russia. Da decenni Leonid lavora sull’Antartide, studia gli oceani, promuove la conservazione ed è convinto che vadano create delle aree marine protette nella regione antartica. 

Qualche giorno fa, mentre si stava preparando per partire per l’Australia per partecipare a una conferenza sulla conservazione della vita marina dell’Antartide, è stato arrestato dalle autorità russe con l’accusa di alto tradimento.

A ricostruire i contorni di questa assurda vicenda è il Guardian, che dedica bren due articoli alla questione. Leggo:

The Guardian ha visionato un documento che sarebbe stato fornito dalle autorità russe agli avvocati di Pshenichnov, in cui vengono elencate le accuse a suo carico.

Una traduzione del documento descrive lo scienziato come un “cittadino della Federazione Russa” che sarebbe “passato dalla parte del nemico” assistendo la delegazione ucraina alla conferenza antartica, organizzata dalla Commissione per la Conservazione delle Risorse Marine Viventi Antartiche (CCAMLR), a Hobart, in Tasmania.

Il documento d’arresto accusa Pshenichnov di aver usato le sue ricerche per minare la pesca russa di krill in Antartide, promuovendo – tramite una proposta ucraina – la restrizione delle attività di pesca del krill. Proposte di questo tipo, secondo il documento, danneggerebbero gli interessi economici della Russia.

In pratica esiste questa commissione internazionale con 27 membri istituita nel 1982, che da allora discute se creare un’area marina protetta attorno alla penisola antartica (che sarebbe questa propaggine che si estende da un lato del continente antartico) per tutelare il krill. 

E qui veniamo al cuore della questione, che intreccia interessi economici, equilibri geopolitici ed ecosistemi. 

Il krill è una specie di gamberetto minuscolo, che sta alla base della catena alimentare dell’oceano Antartico: ci si nutrono balene, foche, pinguini e tanti altri animali. E non solo: questi animaletti assorbono quantità enormi di carbonio, fino a 12 miliardi di tonnellate all’anno. Sono una sorta di spazzini del clima.

Il problema è che il krill viene pescato in quantità sempre maggiori anche dagli esseri umani, per farne farine per l’acquacoltura, cibo per animali domestici e integratori a base di omega-3. E quest’anno, per la prima volta, si è superato il livello considerato sostenibile dai ricercatori.

Lo scorso anno, circa 500.000 tonnellate di krill sono state pescate a strascico in Antartide. I dati relativi al 2023 dicono che la Norvegia ha catturato il 67,2% del totale, seguita dalla Cina con il 17,1%, dalla Corea del Sud con l’8,4%, dal Cile con il 4,4% e dall’Ucraina con il 2,8%.

Ora, da anni si cerca di creare un’area marina protetta nella penisola antartica per difendere il krill, ma Russia e Cina si oppongono. E quest’anno si discute di nuovo la proposta alla CCAMLR, proprio nei giorni in cui è scoppiata questa crisi diplomatica. Pshenichnov – che come ha dichiarato un collega “ha avuto la sfortuna di vivere a Kerch, in Crimea, quando fu occupata dalle truppe russe”, appoggiava la proposta dei colleghi ucraini e stava per partire per il congresso, quando appunto è stato arrestato.

E adesso deve affrontare questa accusa di alto tradimento, di essere passato dalla parte del nemico e di aver minato gli interessi economici russi. 

Ora, è una storia inquietante e interessante. Ci dice che innanzitutto che purtroppo i sistemi di governance che abbiamo per tutelare la biodiversità e i beni comuni, non funzionano, perché spesso sono sistemi basati sul consenso fra stati, ma senza processi collaborativi che permettano di raggiungere veramente quel consenso, e quindi – come nel caso del CCAMLR – due paesi si possono mettere di traverso e bloccare tutto. 

Ovvio che tutto ciò mostra una grande miopia tipicamente umana di pensare che gli interessi economici o geopolitici possano avere la meglio su quelli ecosistemici. Non è che sia moralmente o eticamente sbagliato: è semplicemente falso ed p stupido anche solo pensarlo. Perché se si superano certe soglie critiche di pesca, poi il krill sparisce, e comunque gli interessi economici spariscono, assieme a una miriade di altri servizi ecosistemici.

Poi mi sono anche chiesto perché la Russia ci tenga così tanto visto che non è al momento fra i principali paesi che pescano krill. la verità è che non si capisce bene. L’URSS negli anni ’70-’80 era di gran lunga il player principale del krill (arrivò a oltre il 90% del pescato globale nel 1982, anno dell’istituzione della commissione). Poi con la fine dell’URSS la flotta p stata perlopiu dismessa, ma pare che Mosca da anni valuti un rientro nella filiera. Quindi forse vuole tenersi le mani libere per il futuro, forse vuole guadagnarsi del capitale geopolitico nell’asse con la Cina. Boh!

Intanto, la campagna internazionale per liberare Pshenichnov cresce. E forse, proprio grazie a questa ingiustizia, i riflettori si accenderanno di più sull’importanza di tutelare il krill.

In Argentina Milei ha vinto abbastanza a sorpresa le elezioni di metà mandato, con il 40% dei voti. Nel momento in cui registro lo spoglio non è finito, ma la vittoria del loco sembra abbastanza scontata e arriva in controtendenza rispetto ai sondaggi che davano un testa a testa, forse un leggero vantaggio persino per l’opposizione di sinistra.

In Italia Giuseppe Conte è stato rieletto Presidente del M5S, domenica (ieri). Ma era l’unico candidato. C’erano altre persone che avrebbero voluto candidarsi, ma sono state escluse dalla competizione per via delle regole stabilite dal M5S in questo genere di votazioni.

In Turchia il partito dei lavoratori curdo, il PKK, ha iniziato a ritirare le truppe dal Paese, in linea con la decisione di sciogliersi comunicata con una lettera dal carcere dal suo leader storico Abdullah Ocalan e ratificata dall’assemblea del partito.

Secondo un’inchiesta del Guardian e del Kyiv Independent, la Russia sta alimentando dei giganteschi incendi in Ucraina come strumento bellico, per attaccare i soccorritori. Nel 2024 in Ucraina sono bruciati più di 10mila chilometri quadrati di terra: più del doppio della superficie coinvolta in incendi in tutti i paesi dell’Unione Europea messi insieme. 

Infine, domenica la nazionale di calcio femminile dell’Afghanistan ha giocato ieri la sue prima partita dall’arrivo dei talebani al governo. La nazionale si era formata dopo l’invasione Usa e la presa del potere nel Paese come simbolo di emancipazione femminile. Ma era stata bloccata dal ritorno al potere dei talebani nel 2021. Si riformata di recente grazie alla diaspora afghana nel mondo. Non ha il consenso ufficiale del governo, ma p stata comunque invitata a partecipare a un torneo Fifa.  

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