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28 Novembre 2025
Podcast / Io non mi rassegno

La strana storia delle zuppe Campbell’s, fra carne sintetica e razzismo – 28/11/2025

Un dirigente Campbell’s sospeso per commenti shock, il lato oscuro del Black Friday, aggiornamenti su Gaza, Washington e il devastante incendio a Hong Kong.

Autore: Andrea Degl'Innocenti
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Questo episodio é disponibile anche su Youtube

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Trascrizione episodio

Avete presente le zuppe Campbell? Sono quelle zuppe industriali diventate iconiche per un quadro di Andy Warhol, quelle vendute nella latta bianca e rossa. In Italia non sono commercilizzate, se non in negozi molto spoecifici ma negli Usa sono molto diffuse.

Ecco, da qualche giorno c’è un caso legato a quelle zuppe che sta suscitando molto clamore e che offre tanti piani di lettura e livelli di riflessione. Ma al solito, partiamo dai fatti. Leggo usl Guardian che:

“Un dirigente della Campbell’s Soup Company è stato sospeso temporaneamente dopo aver presumibilmente definito i prodotti dell’azienda “shit for fucking poor people” ovvero “merda per fottuti poveri” (che non credo fosse una citazione colta di Piero Manzoni) – un commento che sarebbe stato registrato in un file audio e attribuito a lui in una causa per licenziamento illegittimo intentata da un ex dipendente.

La causa è stata presentata giovedì scorso alla corte del circuito della contea di Wayne, in Michigan, da Robert Garza, che aveva iniziato a lavorare da remoto per la sede centrale di Campbell’s nel New Jersey come analista della sicurezza informatica nel settembre 2024. Garza sostiene di essere stato licenziato a gennaio dopo aver sollevato preoccupazioni sui commenti di Martin Bally, vicepresidente per le tecnologie informatiche di Campbell’s – tra cui il riferimento a uno degli ingredienti dell’azienda come “carne bioingegnerizzata”, all’interno di una tirata razzista.

Nella ricostruzione contenuta nella causa, Garza racconta di aver incontrato Bally nel novembre 2024 per discutere del suo stipendio. Secondo Garza, però, l’incontro si sarebbe trasformato in uno sfogo di un’ora durante il quale Bally avrebbe denigrato la qualità dei prodotti e dei clienti Campbell’s, fatto commenti razzisti sui dipendenti indiani e ammesso di essersi presentato al lavoro sballato dopo aver assunto prodotti commestibili a base di marijuana.

Nelle registrazioni si sente una voce dire: “Noi abbiamo merda per fottuti poveri”. La voce aggiunge: “Chi compra la nostra merda? Io i prodotti Campbell’s quasi non li compro più. Non sono sani, ora che so che cazzo ci mettono dentro… carne bioingegnerizzata. “Non voglio mangiare un pezzo di pollo che viene da una stampante 3D”.

E poi continua: “Questi fottuti indiani non sanno un cazzo… è come se non riuscissero a pensare con la loro fottuta testa”.

Poi l’articolo continua spiegando che il dipendente a quel punto avrebbe denunciato l’accaduto a un suo superiore e in tutta risposta sarebbe stato licenziato. Allora il dipendente ha fatto causa all’azienda accusandola di licenziamento ritorsivo, e nel processo sono emersi questi audio molto compromettenti. 

L’azienda si è subito dissociata dalle dichiarazioni del suo vicedirettore, con un portavoce che ha affermato di usare “pollo 100% reale nelle nostre zuppe”, e “La carne di pollo proviene da fornitori storici approvati dal [Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti] e rispetta i nostri elevati standard di qualità. Tutte le nostre zuppe sono fatte con carne di pollo No Antibiotics Ever (mai trattata con antibiotici)”.

La vicenda però sta avendo effetti che vanno oltre la singola azienda: in Florida il procuratore generale ha aperto un’indagine per verificare se davvero nelle zuppe, non solo quelle Campbell, vengano usate carni “bioingegnerizzate”, cosa che violerebbe le leggi statali sui “lab-grown meat”, e sui social il caso è diventato subito virale, scatenando il dibattito, perché tocca temi come il razzismo e anche la carne cresciuta in laboratorio e perché si presta anche ad alimentare o far nascere facili teorie cospirazioniste.

Andiamo per gradi. La questione più eclatante è quella della carne cresciuta in laboratorio, lab grown meat, è carne ottenuta non allevando e macellando animali, ma facendo crescere in laboratorio cellule animali vere. In pratica si prelevano alcune cellule (ad esempio muscolari) da un animale vivo, le si mettono in un ambiente controllato con nutrienti e fattori di crescita, e queste si moltiplicano formando tessuto muscolare, cioè carne. Il risultato finale, almeno in teoria, è biologicamente identico alla carne “tradizionale”, ma con un potenziale impatto minore su benessere animale, uso di suolo e, se l’energia è rinnovabile, anche su clima. 

Al tempo stesso ha alcune criticità, come il consumo energetico e anche il fatto di introdurre nuove variabili all’interno di un sistema già estremamente complesso come le società umane contemporanee per risolvere un problema, quello del consumo di carne che avrebbe una soluzione molto più semplice, ovvero mangiarne molta meno. E qui torniamo al solito discorso, del fatto che in un modello basato sulla crescita infinita tutte le cose in cui si potrebbe fare meno non sono soluzioni percorribili.

Ma non voglio andare fuori tema. Qui il tema è: quanto è plausibile che le zuppe Campbell o in generale delle zuppe industriali contengano oggi carne cresciuta in laboratorio? Molto poco, direi. A parte il fatto che negli USA c’è una regolamentazione piuttosto stretta sia sull’uso di carne coltivata in laboratorio (che per ora è autorizzata solo in forme molto limitate) sia sulle etichette alimentari, per cui se usassero lab grown meat dovrebbero comunque passare da un iter regolatorio complesso, e sarebbe un fatto pubblico, non una roba nascosta dentro le zuppe da supermercato. 

Ma volendo anche credere che lo abbiano fatto di nascosto, il punto principale è che al momento quella della LGM è una tecnologia ancora agli inizi: i prodotti sono carissimi, autorizzati solo in pochi contesti e molto lontani dall’essere usati in massa nei cibi industriali da scaffale. Se l’obiettivo è fare una merda per fottuti poveri, lo starebbero facendo molto male. Quindi ecco, mi sembra molto più verosimile che la persona stia esagerando, semplificando o usando termini a caso per dire “è roba industriale, di qualità pessima”, piuttosto che rivelare chissà quale segreto industriale esplosivo.

Però, in quelle dichiarazioni ci sono comunque delle cose importanti, che dovrebbero farci riflettere. Anche se non sono quelle di cui tutti stanno parlando. Innanzitutto, 

Questa epoca è la prima nella storia in cui le fasce più povere della popolazione sono anche le più obese. Il problema non è la scarsità di cibo ma la sua qualità. Le persone obese sono in aumento nel mondo, secondo una stima (che vabbé, sappiamo che le prevision idel futuro lasciano smepre il tempo che trovano) ma gli obesi saranno il 70% della popolazione entro il 2050. I cibi industriali ultraprocessati sono anche la causa di altri problemi di salute, ad esempio diversi studi mostrano una correlazione. Obesità e tumori che colpiscono le fasce più povere, che sono anche quelle che hanno meno possibilità di curarsi, con i sistemi sanitari di molti Stati che sono o privatizzati o al collasso. 

Non dico tutto questo per fare terrorismo, ma per mostrare le enormi contraddizioni di un sistema che fa acqua da tutte le parti e che è urgente cambiare, e non solo per le questioni ambientali di cui parliamo sempre. E in questo quadro si combinano perfettamente anche le altre dichiarazioni del vicepresidente, quelle sui fottuti indiani e le sparate razziste, che in fin dei conti sono l’altra faccia della medaglia. Che fanno parte di una cultura aziendale, tipica soprattutto di diverse grandi aziende, in cui la produzione di schifezze è giustificata da una sorta di razzismo di fondo verso la povertà, vista come un fallimento individuale e quindi condannabile. 

Ecco, credo che storie come questa non solo ci mostrino l’insostenibilità del sistema alimentare (e non solo) mondiale, ma ci indichino anche il fatto che il cambiamento deve essere collettivo e sistemico. Come – pur non prescindendo dal diffondersi di sensibilità individuali – si debba far leva anche su azioni politiche, altrimenti la scelta di un’alimentazione e uno stile di vita sani rischiano di rimanere prerogativa di una elite, non per forza economica, ma perlomeno culturale, che esclude le masse di persone che a) sono coloro che avrebbero maggior bisogno e trarrebbero beneficio da quel cambiamento e b) attualmente spesso sono le prime a scagliarsi contro le misure di transizione ecologica, perché oggi sono spesso gestite come un privilegio di classe.  

Oggi è il black friday, anche se la sensazione è che il black friday ormai duri mesi interi. Il black friday è questa tradizione, diventata simbolo della cultura consumistica, una sorta di festival degli sconti nato negli Stati Uniti che si tiene il venerdì dopo il Giorno del Ringraziamento, che poi è stato esportato in tutto il mondo. 

Quest’anno però arriva un segnale interessante. Una ricerca condotta nel Regno Unito e raccontata da positive News “ha rivelato che 16,6 milioni di adulti nel Regno Unito (31%) dichiarano di odiare il Black Friday, e 14,5 milioni (27%) sarebbero pronti ad aderire a un boicottaggio”.

La metà degli adulti intervistati ritiene che l’evento alimenti sprechi e emissioni di carbonio inutili, e anche la fiducia nelle “offerte” è in calo. Un sondaggio YouGov del 2025 ha rilevato che il 63% delle persone si sente scoraggiato da quelli che percepisce come sconti fuorvianti o confusi durante il Black Friday e il Cyber Monday. Che poi hanno anche ragione e per accorgersene oggi ci sono anche degli strumenti interessanti come diversi price tracker online che permettono di ricostruire per ogni prodotto venduto online, spesso su Amazon, il variare di prezzi durante l’anno. E si vede che un mese prima del black friday i prezzi iniziano a salire, a volte raddoppiano, in modo da poter dire di aver fatto uno sconto del 50% per il BF, quando in realtà il prezzo è rimasto lo stesso.

Insomma, le offerte del BF non sono mai offerte vere e proprie, e chi ci guadagna non è mai l’utente finale, né la salute degli ecosistemi.

comunque appunto la buona notizia è che sempre meno persone sembrano subire il fascino degli acquisti compulsivi, per ragioni principalmente ambientali, con poi anche le pressioni dovute al costo della vita che stanno rafforzando questa tendenza.

E lo stesso cambiamento di mentalità – dice un’altra ricerca – sta influenzando le aspettative per il Natale. Quattro persone su dieci intendono acquistare meno regali quest’anno. Solo il 7% afferma che i regali sono il momento clou delle feste, mentre il 63% dichiara che il principale richiamo è trascorrere del tempo con i propri cari. 

Sono dati che arrivano dal Regno Unito, paese che comunque sappiamo essere motlo avanti rispetto ad altri sulle politiche climatiche e culla di molti movimenti di protesta climatica, come XR e Just stop oil. Non so quanto tutto questo sia estendibile ad altri luoghi, ma mi sembra comunque una tendenza interessante.

Un po’ di notizie veloci. A Gaza, nonostante il cessate il fuoco in vigore da ottobre, continuano in realtà i bombardamenti israeliani e le demolizioni di abitazioni: nelle ultime ore l’esercito israeliano ha colpito il quartiere di Al-Tuffah, in una zona teoricamente sotto controllo israeliano, mentre proseguono gli scambi di corpi tra le parti nell’ambito dell’accordo negoziato dagli USA. Amnesty International denuncia che, pur in presenza del cessate il fuoco, le condizioni inflitte alla popolazione palestinese configurerebbero ancora un crimine di genocidio, segno di un conflitto che, di fatto, non è davvero finito. Non solo: mercoledì Israele ha lanciato una vasta operazione militare nel nord della Cisgiordania, in particolare nell’area di Tubas e nei campi profughi circostanti, con centinaia di soldati dispiegati, raid casa per casa, una stretta ai movimenti della popolazione e nuovi morti e feriti palestinesi, in quella che viene descritta come la più ampia incursione nella zona dall’inizio della guerra di Gaza. Insomma, la guerra è finita solo sui giornali.

Poi, ci sono aggiornamenti sulla sparatoria avvenuta di mercoledì a pochi isolati dalla Casa Bianca. Il colpevole è stato trovato e arrestato, è un 29enne afghano, che appunto mercoledì avrebbe aperto il fuoco contro due soldati della Guardia nazionale impegnati nelle operazioni di sicurezza a Washington. I due sono stati colpiti alla testa e in realtà inizialmente la stampa ha detto che erano morti, mentre adesso si parla di condizioni gravissime. Il giovane, arrivato negli Stati Uniti nel 2021 grazie a un programma per collaboratori dell’esercito americano in Afghanistan, avrebbe agito da solo; il movente è ancora oggetto di indagine e il caso si inserisce in un clima politico estremamente teso, con la capitale da mesi “militarizzata” dalla presenza di migliaia di membri della Guardia nazionale. Trump ha colto la palla al balzo per accusare le politiche migratorie di Biden e chiamare ancora più militari della Guardia Nazionale, nonostante il pronunciamento di un giudice della corte federale che aveva dichiarato illegittimo questo dispiegamento militare nelle città.

Infine a Hong Kong continua a peggiorare il bilancio dell’incendio devastante che ha colpito il complesso residenziale Wang Fuk Court, nel distretto di Tai Po. Saranno realisticamente molte decine, se non centinaia le persone morte nel rogo più grave registrato in città dal 1996. Le fiamme, che hanno interessato più torri del complesso, potrebbero essere partite dalle impalcature di bambù e dai teli di copertura usati per lavori di ristrutturazione; tre uomini legati all’impresa edile sono stati arrestati con l’accusa di omicidio colposo, mentre migliaia di sfollati sono stati accolti in strutture temporanee e l’opinione pubblica chiede chiarimenti sulle norme di sicurezza degli edifici popolari. E sembra che questo fatto stia sollevando uno scandalo legato ad appalti e corruzione, di cui si iniziano a intravedere i contorni.

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