28 Apr 2020

Syrah dal color indaco e il viaggio verso Molto Lontano

Scritto da: Emanuela Sabidussi
Illustrazioni di: Silverio Edel

La favola di quest’oggi narra di esseri vivi che solitamente non pensiamo esserlo, parla della pesantezza di un corpo-fisico contrapposto alla leggerezza di un corpo-pensiero, parla di doni ricevuti, e parla di un luogo in cui chi possiede coraggio può comprendere la propria vera natura e ritrovare se stessa.

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Color indaco. Era sempre stata così, sin da che ne aveva ricordo: magra e di una forma allungata. Color indaco, di un indaco acceso, brillante, luminoso, tanto da catturare l’attenzione anche del più distratto degli osservatori. Syrah, come ogni sua simile, da quando era nata, era sempre rimasta uguale: il suo corpo non aveva subito cambiamenti, se non, forse, per qualche leggera variazione di tonalità, quasi impercettibile. Colpa, in parte, del terreno scuro che la circondava e che nelle stagioni più piovose tendeva ad avvolgerla, forse per proteggerla dalle forti piogge, o forse per abbracciarla in caso avesse avuto paura. Syrah era nata e cresciuta lì, a metà tra la grande montagna e la città degli umani. Il suo corpo era rimasto fermo, immobile per 250 anni: non più a destra di un centimetro, non più in basso di un metro.

Era un pomeriggio di un’estate particolarmente afosa quando ricevette la notizia: «La tua mamma se ne sta andando», le sussurrò un’amica all’improvviso. Syrah con il pensiero raggiunse in pochi istanti la madre, ritrovandosi al suo fianco, per l’ultimo saluto. Come tutte le altre pietre, i minerali o i cristalli, infatti, Syrah possedeva un corpo-fisico pesante e impossibilitato a muoversi, ma sin dalla più tenera età le era stata insegnata l’arte di muoversi con il corpo-pensiero, e così poteva spostarsi ed incontrare amici, rimanendo con il suo corpo-fisico color indaco ferma, dove si trovava.

Un po’ come una lumaca fa con il proprio guscio: l’unica differenza è che Syrah poteva lasciare la propria casa per qualche ora, per poi tornarvi quando lo voleva. L’uno era strumento dell’altro: il corpo-fisico le era indispensabile per essere viva, e dopo aver viaggiato e comunicato, appreso e pensato per qualche ora attraverso il corpo-pensiero, poteva rientrare nel corpo color indaco, per poter riposare e riuscire a recuperare le energie utilizzate.

1 Syrah


Passarono pochi velocissimi attimi prima che l’immagine della madre iniziasse a farsi sempre meno nitida, fino a sparire dentro ad un grande cerchio luminoso, composto da luci di diversi colori ed intensità: Syrah capì che la sua mamma si era staccata dal corpo-fisico, lasciandolo lì, svuotato, per sempre. Nel momento in cui aveva attraversato la grande sfera arcobaleno, anche il suo corpo-pensiero era svanito. Syrah rimase per qualche attimo ferma, a fissare quel grande varco che si era aperto davanti a lei, e che come era apparso, se ne stava andando: senza lasciare traccia della sua venuta. Era stato tutto inaspettato. Syrah sapeva che prima o poi avrebbe dovuto salutare la sua mamma, ma non si aspettava che quel momento potesse arrivare così, all’improvviso.

La tradizione raccontatale dalle nonne e dalle zie sin da quando era bambina, era che le anime delle pietre, una volta staccatesi da entrambi i corpi -fisici e di pensiero-, andavano ad unirsi al Grande Spirito della montagna sacra, che Syrah percepiva ogni mattina al suo risveglio, proprio di fronte a sé. Era alta, sontuosa, la più grande montagna della valle. Una linea curva la percorreva dai piedi sino alla vetta, disegnando uno stretto e lungo serpente che la attraversava. E così ogni pietra alla propria morte, confluiva in quel luogo, divenendo un unico soffio vitale, dotato della somma della saggezza, della forza e della coscienza di ogni suo componente.

Non sapeva se tutto ciò fosse vero o meno, ma in quel momento Syrah volle crederci. Chiuse gli occhi e si concentrò, sperò con tutto il cuore che la sua mamma fosse diretta lì: si augurò che si stesse unendo al Grande Spirito che vegliava sull’intera vallata da quella vetta così lontana, ma al tempo stesso così vicina. La confortava l’idea che ogni mattina ed ogni sera potesse comunque esserle accanto, seppur in una modalità del tutto differente.

Era sempre stata molto affezionata alla madre: non avendo esigenze fisiche, per le pietre il legame madre e figli era basato sull’educazione, che veniva condivisa con ogni componente della comunità in cui la neonata pietra nasceva. All’età di sette anni venivano poi riconosciute come esseri autonomi, e ognuna assumeva un ruolo attivo nella società: chi di educazione, chi di ricerca, chi di controllo del territorio e così viva. Eppure quella mamma educatrice negli anni, si era trasformata in una guida, un’insegnante, un’amica, una consigliera. Ma ora tutto ciò non esisteva più. Lei se n’era andata e l’aveva lasciata lì. Ma era ancora lei? Che forma aveva assunto? Poteva percepirla? Se avesse potuto provare emozioni, quel giorno Syrah sarebbe stata molto triste. Ma era una pietra, dunque cercò di comprendere e sentire ciò che quel momento aveva da insegnare.

Si trovava immersa nei suoi pensieri, quando sentì la voce di Pedro che la chiamava: «Syrah… Syrah, mi senti? Ho appena saputo! Ho un messaggio da parte della tua mamma. Poco prima che ne andasse, quando sono venuti a chiamarti, mi ha chiesto di riferirti queste parole: “Ti ho amato tanto e continuerò a farlo. Cerca in te i segni di Molto Lontano per ritrovare te stessa”.» Syrah rimase in silenzio per qualche lungo minuto, poi confusa e non sicura di ciò che aveva udito, chiese all’amico di ripetere. Lui gentilmente lo fece. «Ma ne sei sicuro? Forse hai capito male. A me non ha mai detto nulla. Casa? Molto lontano? Quali segni?». Lui non emise suoni e rimase lì, fermo, come a voler dire che avrebbe tanto voluto aiutarla, ma non ne sapeva proprio nulla. Syrah disorientata. Non sapeva cosa volesse intendere la madre, ma impresse quelle parole in lei e salutò il suo messaggero. Aveva bisogno di riflettere. Da sola. Aveva bisogno di capire.

Si rinchiuse per qualche giorno dentro di sé. Decise di rimanere nel proprio corpo-fisico, decise che aveva bisogno di tempo. E così se lo prese. Interruppe la sua vita quotidiana fatta di incontri con le pietre vicine amiche, di viaggi di esplorazioni in diversi luoghi, e della sua attività preferita: gli incontri notturni con altri esseri viventi come lei. Amava intrufolarsi nei loro sogni, indipendentemente che fossero uccelli, pesci, umani o licheni. Amava spiare i loro pensieri, i valori che li muovevano, i bisogni che nutrivano.

Le era stato insegnato tempo addietro a connettersi con gli esseri viventi che aveva incontrato anche solo per un brevissimo istante, e ogni qual volta lo desiderava poteva connettersi con loro, accedendo con il suo corpo-pensiero alla loro mente. Era durante una di quelle incursioni che aveva scoperto la definizione di “cuore di pietra” che gli umani usavano per definire una persona dalla poca capacità di amare. Che cosa buffa! Avevano di certo frainteso qualcosa: il fatto che non provassero emozioni, non voleva dire che non erano capaci di avere sentimenti. Anzi, forse proprio per questo, erano meno inclini a confondere le due cose.

Ma non solo. Quando non si trovava fuori dal corpo-fisico, Syrah, amava anche passare ore a contemplare ciò che aveva intorno, come il cielo: ad ogni ora del giorno e della notte Syrah contemplava spesso l’immenso telo cangiante che aveva sopra di sé. Amava coglierne le diverse sfumature durante i tramonti, seguire una ad una le nuvole che le passano sopra, per poi sparire chissà dove. E nelle notti di luna piena, contemplare quella meravigliosa palla luminosa che ritrovava poi spesso nei suoi sogni, assumendo sempre forme e sembianze diverse.

Quelli furono per Syrah giorni di silenzio e quiete,, giorni di raccoglimento: “Quando il mondo interiore è in scombussolamento, prima di uscire nel mondo esterno, bisogna riportare il silenzio dentro”, amava ripetere la sua mamma. E così lei fece. Rifletté sul distacco, su ciò che la morte rappresentava, su ciò la madre le aveva insegnato, su come la sua vita sarebbe cambiata, sulla sua capacità di amare.

2 Syrah

Poi una mattina più luminosa che mai, si svegliò sentendo la necessità di uscire. Aveva intenzione di trovare risposte alle domande che serpeggiavano in lei, a cui da sola non era riuscita a fornire una risposta, e poi aveva fame! Se era pur vero che il suo corpo-fisico non aveva esigenze, il suo corpo-pensiero sì, eccome! Iniziò così a girovagare alla ricerca di sensazioni, sentimenti e pensieri abbandonati in giro, di cui potersi cibare. Incappò dopo poche ore dall’inizio della sua caccia, in alcuni corpi-pensiero di pietre che Syrah non conosceva. Rimase particolarmente colpita e rallentò, fino a fermarsi per udire cosa si stavano dicendo. Ciò che tanto attirò la sua attenzione erano due parole che venivano pronunciate con una certa frequenza da una di queste pietre sconosciute: “Molto Lontano”.
E nel continuare a ripeterle, descrivevano un luogo così chiamato in cui alcune pietre femmine, venivano addestrate. Chi in quel momento stava parlando descrisse quel posto così:

«A Molto Lontano si insegna a vedere l’oscurità e a conoscere la luce. Ogni pietra che riesce ad accedere, potrà apprendere come sovrapporsi alla disillusione. Potrà penetrare nella mente di ogni altro essere vivente, ovunque esso si trovi, senza per forza che siano mai entrati in contatto con loro, potendo trasformare emozioni pesanti in leggere, cancellando risentimento e odio. Potrà risvegliare corpi-pensiero di esseri viventi dormienti, o che hanno dimenticato come uscire dal proprio corpo fisico».1 A Syrah tornò in mente il messaggio comunicatole della sua mamma: “Cerca in te i segni di Molto Lontano per ritrovare te stessa.”

Era possibile che intendesse quel luogo? Quali segni doveva ricercare in sé? Ma mentre nella sua mente passavano queste domande, la voce continuò a parlare: «Ma non possono entrarvi tutte in questo luogo di apprendimento e conoscenza. Solo le figlie delle dee vi hanno accesso: si possono distinguere l’una dalle altre per i segni per portano dentro di sé».
Syrah si chiese se fossero gli stessi segni che la madre la invitava a cercare. Per avere le risposte tanto desiderate decise di attendere la fine di quell’incontro per avvicinare il corpo-pensiero che aveva udito parlare.

«Scusa, passavo di qui e ho sentito ciò che stavi raccontando in merito a Molto Lontano»… e così Syrah raccontò la sua storia, il messaggio lasciatole dalla madre e le domande che abitavano i suoi pensieri senza trovare risposta. All’udire quelle parole la pietra che aveva davanti a sé esclamò: «Speravo che avresti seguito il tuo istinto. Ti ho cercata nei sogni, mostrandoti la via per venire a me».
«Ma io non capisco. Cosa vuol dire?»
«So che sei stata cresciuta con i racconti dei Grandi Spiriti, ti hanno narrato di luoghi e conoscenze, ti hanno trasmesso insegnamenti che provengono da tempi ormai lontani. Non erano solo favole. Dentro a quelle storie vi è molto di ciò che una pietra deve sapere per ritrovare la sua vera natura ed essere se stessa».

Syrah ricordava molto bene i mille racconti che avevano cullato i suoi sonni, o riempito i suoi pomeriggi quando era ancora un’infante pietra. «I segni di cui prima accennavo sono da cercare nel corpo-fisico: lì vengono incisi, sin dalla nostra venuta in questo mondo, i luoghi da cui proveniamo e le capacità che ci vengono donate. Ogni pietra possiede uno o più doni dalla propria nascita, che può decidere di accettare, sviluppare e mettere a disposizione di se stessa e degli altri. Come le Pietre-di-luna possono sviluppare l’intuito, le pietre Acquamarine hanno la capacità di calmare tempeste interiori, riportando la tranquillità, ogni pietra ha in sé il seme di un dono concessole dalla nascita».

E poi, dopo una breve pausa, proseguì:
«Syrah, tu sei una figlia delle dee. Appartieni alla discendenza delle Ametiste»
Syrah rimase in silenzio. Aveva sentito parlare di quelle pietre, ma non aveva mai pensato di farne parte. E proseguì: «Generazioni di pietre che sin dai tempi più antichi vengono riconosciute per il loro immenso potere e per questo rispettate da tutti.»
«Ma io non ne so nulla.»
«Vedi, vi è stato un tempo in cui ogni essere viveva in armonia. Regnava la pace. Ognuno era strumento di evoluzione per l’altro. A Molto Lontano Ametiste, da generazioni e generazioni, venivano addestrate per aiutare e supportare questa armonia. Veniva loro insegnato che ogni essere è collegato all’altro. Non esistono divisioni, non esistono confini. Le Ametiste per millenni furono tra i motori, insieme ad altre pietre, grazie alle quali la Vita su questo pianeta ha potuto continuare ad esistere e ad evolvere..»

«In che modo?» domandò Syrah stupita.
«Noi pietre possediamo la capacità di entrare in contatto con i pensieri di altri esseri viventi, ma solo le Ametiste sono in grado di creare un ponte tra il corpo-fisico e il corpo-pensiero, e lo fanno attraverso l’Amore. Devi sapere che diverso è l’essere capaci d’amare, dal riuscire ad usare questo amore fuori da sé. Esse vennero educate e allenate per risvegliare e tenere viva la consapevolezza, riportando ordine e armonia laddove si erano perse. E attraverso esse la pace continuò, sino a che alcuni umani un giorno persero la ragione. Si distaccarono dagli altri esseri viventi. Crearono muri dove non vi erano, fuori e dentro di loro, impedendo così a chiunque di potervi accedere, anche alle pietre più potenti. Iniziarono a seminare distruzione e disarmonia, ad agire come essere soli, indipendenti da tutto ciò che li circondava. Separarono il loro corpo fisico dal corpo-pensiero, sviluppando e prendendosi cura esclusivamente del primo».

Syrah era incredula. Non era la prima volta che sentiva queste parole: ricordò di diversi racconti che la nonna le aveva narrato, che a singoli pezzi, unendoli tra loro, raccontavano la stessa storia che stava apprendendo ora. «Alcune pietre, temendo che Molto Lontano fosse in pericolo, e con esso tutti gli insegnamenti tramandati da millenni, decisero di nasconderne l’accesso e di andarsene portando con sé i loro saperi. Continuarono però a narrare gli insegnamenti ricevuti in forme diverse, sperando che un giorno le cose sarebbero cambiate.»
«Ed è ciò che è avvenuto?».

3 Syrah

«Il passaggio di tua madre, tra le più antiche pietre esistenti, ha coinciso con la fine di un’era e l’inizio di un’altra. Vi è stato proprio in quei giorni un blocco forzato degli umani. Ogni essere vivente umano da quel giorno è stato costretto a chiudersi dentro i muri fisici della propria abitazione, spinto così ad esplorare finalmente, e forse per la prima volta, se stesso e il mondo, uscendo dal proprio corpo-fisico per ritrovare la connessione perduta con il proprio corpo-pensiero. Il mondo ha avuto una seconda chance. È giunto il momento di riaprire le porte di Molto Lontano e tu sarai tra le prime ad entrarvi per accedere ai grandi saperi che governano questo mondo. Imparerai, se vorrai, a vedere il sottile filo che collega ogni vita di questo mondo all’altra. E apprenderai come sfruttare le tue capacità per connetterti a chiunque ne abbia necessità. Abbiamo vissuto anni bui, ma questo momento, può essere la svolta. Il cambiamento. Sarai portatrice di consapevolezza, sarai il faro della coscienza, insieme ad altre figlie delle dee. Buon viaggio Syrah».

E così dicendo la accompagnò ai piedi della Grande Montagna, indicandole il passaggio per accedere ad un ingresso che l’avrebbe condotta al suo interno.

Passarono giorni, mesi, forse anni prima che Syrah potesse essere finalmente pronta per il grande compito che le spettava. Con lei centinaia e centinaia di esseri femminili, di specie diverse tra tutti gli esseri viventi, studiavano e si preparavano per aiutare l’intero mondo a continuare quell’evoluzione interrotta molto tempo fa, a causa di umani che avevano pensato di sostituirsi alla Vita, distruggendo ciò che Madre Natura aveva creato. La storia narra che su quel mondo ritornò la pace, che durò per generazioni e generazioni a seguire. Ogni essere vivente imparò, attraverso il buio, ad essere guidato dalla luce del proprio corpo-pensiero, viaggiando alla scoperta di nuovi mondi e nuove conoscenze in grado di far evolvere se stessi e l’intero mondo circostante.

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