Il dialogo filosofico ci può aiutare a vivere meglio la nostra quotidianità?
Stare ogni giorno in un contesto sociale – o anche scegliere di non farlo – può essere impegnativo e sfidante. Chiara Minardi dell’associazione Filò ci spiega in che modo può esserci d’aiuto il dialogo filosofico.

Se ci guardiamo intorno, all’inizio di questo 2025 sono davvero pochissime le persone che non sperimentano un contesto comunitario, online o offline; contesto che a volte è affollato e spesso è sovraffollato. Intorno a ogni realtà di cui facciamo esperienza, nascosta o evidente, gravita una rete di persone: ci sono fruitrici di servizi, ci sono sostenitrici, ci sono persone che semplicemente ne constatano l’esistenza, ce ne sono altre che ne giudicano efficienza, principi e attività.
Pensiamo a una nostra giornata: quanti luoghi, quante realtà frequentiamo o visitiamo? Su quante di queste siamo pronti a dire qualcosa, positivo o negativo che sia? Questa presenza umana continua in ogni contesto sociale e in ogni luogo, anche lontanissimo, tante e troppe volte è percepita come una inarrestabile sopraffazione, come un’invasione dello spazio e del tempo personali. Tuttavia l’eremitaggio e l’isolamento non sono forse le uniche due strade possibili, benché a mio avviso non siano scelte criticabili, se e quando sono frutto dell’esercizio della libertà e non dell’esasperazione.

Dunque è possibile, ad oggi, stare nella comunità senza impazzire, senza desiderare che prima o poi si possa abbandonare quella frenesia? Possiamo abitare i luoghi invece di subirli? Senza dubbio possiamo stare nel mondo e parlare di esso resistendo al travolgimento e senza la corsa al sensazionale; ma trovare gli strumenti per farlo può sembrare difficile. Un’alternativa al subire il mondo è prendervi parte attivamente, criticamente. Non serve essere rappresentanti politici per farlo, in molti casi possiamo dare a questo sovraffollamento costante un orizzonte di senso partecipando ad associazioni, aderendo a realtà che ci piacciono, dialogando seriamente su un tema, senza dover difendere un’idea, ma col desiderio di conoscerla a fondo.
La partecipazione attiva – intesa come coinvolgimento diretto dei cittadini nella vita pubblica – e l’associazionismo – ovvero l’aggregazione di individui che condividono interessi comuni – sono interconnessi. Entrambe queste dimensioni favoriscono lo sviluppo di una società civile dinamica, partecipare attivamente alla vita di un’associazione significa non solo aderire a un progetto, ma anche contribuire attivamente alla sua realizzazione, significa imparare a conoscere se stessi e gli altri, a sviluppare la propria capacità di ascolto e a costruire relazioni più profonde e significative.
È possibile stare nella comunità senza impazzire, senza desiderare che prima o poi si possa abbandonare quella frenesia?
Le associazioni e i luoghi di aggregazione svolgono un ruolo fondamentale nella costruzione di una società più giusta e più equa; contribuiscono a rafforzare il tessuto sociale, a promuovere la democrazia e a creare un futuro più vivibile per tutti e tutte. I benefici sono molteplici e riguardano sia la persona nella sua individualità, sia la comunità nel suo complesso, che può godere di nuovi punti di vista. Il prender parte a una associazione – che sia per aderenza a valori e a scopi, per desiderio di cambiamento o per voglia di riscatto – implica spesso uno stravolgimento delle proprie idee di partenza e un confronto con l’altro.
Sappiamo bene che il confronto ci mette in difficoltà, per la mancanza di ascolto di noi stessi e delle nostre più nascoste credenze, per la mancanza di apertura dell’altro nei nostri confronti, per grave divergenza di idee. Nel dialogo sano impariamo sempre qualcosa: nuove competenze, gestione emotiva, ascolto attivo, integrazione delle differenze. Se il confronto di idee diverse stimola la creatività e le emozioni, favorendo la conoscenza di se e di chi è con noi, nel dialogo filosofico questo avviene sempre e si arricchisce dei tempi che il ragionamento richiede, si impreziosisce con i pensieri e i silenzi di ogni persona.

La pratica del dialogo filosofico può fornire gli strumenti per dare ordine a un confronto. Stando a lungo su una domanda profonda, di senso, possiamo decostruire e ricostruire credenze, presupposti, paure e permettere a chi partecipa al dialogo di conoscere che effetto fanno le loro idee quando escono e vengono presentate in un contesto in un luogo accogliente. Con la sua capacità di stimolare la riflessione critica, favorire il consenso e promuovere soluzioni innovative, il dialogo filosofico rappresenta uno strumento prezioso per approfondire le questioni collettive ed è un processo di trasformazione di idee e persone. Tale processo implica anche il prendersi cura reciproco di tutte le persone che stanno partecipando.
Dunque il confronto filosofico ci abitua a pensare criticamente, a prendere decisioni consapevoli e a partecipare attivamente alla vita della piccola “comunità di ricerca” che si crea ragionando su un problema. Così impariamo a valutare le diverse prospettive, a ponderare le conseguenze delle nostre parole e a costruire una conoscenza condivisa che non lascia indietro nessuno. Forse allora il nostro prendere parte al mondo in modo attivo e consapevole può arricchirsi della pratica filosofica, alleggerendoci delle incomprensioni e dell’interventismo, permettendoci di approfondire e abitare problemi e domande.
Se il nostro problema iniziale era il continuo sentirsi sopraffatti e spaesati, una soluzione potrebbe essere provare ad abitare quei luoghi e quei tempi, comprendendone i problemi e le criticità, prendendo parte attivamente alla vita comunitaria. Ancor prima di abitare un luogo però possiamo imparare ad abitare il confronto con l’altro, le sue e le nostre idee, domande, paure. Se il dialogo filosofico ci insegna a rispettare i tempi, le differenze e a costruire relazioni basate sulla comprensione reciproca, possiamo partire da questa pratica per ri-costruire comunità più inclusive, accoglienti e vivibili per tutti e tutte.
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