6 Febbraio 2025 | Tempo lettura: 5 minuti
Ispirazioni / Il filo del pensiero

Il dialogo filosofico ci può aiutare a vivere meglio la nostra quotidianità?

Stare ogni giorno in un contesto sociale – o anche scegliere di non farlo – può essere impegnativo e sfidante. Chiara Minardi dell’associazione Filò ci spiega in che modo può esserci d’aiuto il dialogo filosofico.

Autore: Filò
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Se ci guardiamo intorno, all’inizio di questo 2025 sono davvero pochissime le persone che non sperimentano un contesto comunitario, online o offline; contesto che a volte è affollato e spesso è sovraffollato. Intorno a ogni realtà di cui facciamo esperienza, nascosta o evidente, gravita una rete di persone: ci sono fruitrici di servizi, ci sono sostenitrici, ci sono persone che semplicemente ne constatano l’esistenza, ce ne sono altre che ne giudicano efficienza, principi e attività.

Pensiamo a una nostra giornata: quanti luoghi, quante realtà frequentiamo o visitiamo? Su quante di queste siamo pronti a dire qualcosa, positivo o negativo che sia? Questa presenza umana continua in ogni contesto sociale e in ogni luogo, anche lontanissimo, tante e troppe volte è percepita come una inarrestabile sopraffazione, come un’invasione dello spazio e del tempo personali. Tuttavia l’eremitaggio e l’isolamento non sono forse le uniche due strade possibili, benché a mio avviso non siano scelte criticabili, se e quando sono frutto dell’esercizio della libertà e non dell’esasperazione.

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Dunque è possibile, ad oggi, stare nella comunità senza impazzire, senza desiderare che prima o poi si possa abbandonare quella frenesia? Possiamo abitare i luoghi invece di subirli? Senza dubbio possiamo stare nel mondo e parlare di esso resistendo al travolgimento e senza la corsa al sensazionale; ma trovare gli strumenti per farlo può sembrare difficile. Un’alternativa al subire il mondo è prendervi parte attivamente, criticamente. Non serve essere rappresentanti politici per farlo, in molti casi possiamo dare a questo sovraffollamento costante un orizzonte di senso partecipando ad associazioni, aderendo a realtà che ci piacciono, dialogando seriamente su un tema, senza dover difendere un’idea, ma col desiderio di conoscerla a fondo.

La partecipazione attiva – intesa come coinvolgimento diretto dei cittadini nella vita pubblica – e l’associazionismo – ovvero l’aggregazione di individui che condividono interessi comuni – sono interconnessi. Entrambe queste dimensioni favoriscono lo sviluppo di una società civile dinamica, partecipare attivamente alla vita di un’associazione significa non solo aderire a un progetto, ma anche contribuire attivamente alla sua realizzazione, significa imparare a conoscere se stessi e gli altri, a sviluppare la propria capacità di ascolto e a costruire relazioni più profonde e significative.

È possibile stare nella comunità senza impazzire, senza desiderare che prima o poi si possa abbandonare quella frenesia?

Le associazioni e i luoghi di aggregazione svolgono un ruolo fondamentale nella costruzione di una società più giusta e più equa; contribuiscono a rafforzare il tessuto sociale, a promuovere la democrazia e a creare un futuro più vivibile per tutti e tutte. I benefici sono molteplici e riguardano sia la persona nella sua individualità, sia la comunità nel suo complesso, che può godere di nuovi punti di vista. Il prender parte a una associazione – che sia per aderenza a valori e a scopi, per desiderio di cambiamento o per voglia di riscatto – implica spesso uno stravolgimento delle proprie idee di partenza e un confronto con l’altro.

Sappiamo bene che il confronto ci mette in difficoltà, per la mancanza di ascolto di noi stessi e delle nostre più nascoste credenze, per la mancanza di apertura dell’altro nei nostri confronti, per grave divergenza di idee. Nel dialogo sano impariamo sempre qualcosa: nuove competenze, gestione emotiva, ascolto attivo, integrazione delle differenze. Se il confronto di idee diverse stimola la creatività e le emozioni, favorendo la conoscenza di se e di chi è con noi, nel dialogo filosofico questo avviene sempre e si arricchisce dei tempi che il ragionamento richiede, si impreziosisce con i pensieri e i silenzi di ogni persona.

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Il dialogo filosofico secondo l’associazione Filò – Il filo del pensiero

La pratica del dialogo filosofico può fornire gli strumenti per dare ordine a un confronto. Stando a lungo su una domanda profonda, di senso, possiamo decostruire e ricostruire credenze, presupposti, paure e permettere a chi partecipa al dialogo di conoscere che effetto fanno le loro idee quando escono e vengono presentate in un contesto in un luogo accogliente. Con la sua capacità di stimolare la riflessione critica, favorire il consenso e promuovere soluzioni innovative, il dialogo filosofico rappresenta uno strumento prezioso per approfondire le questioni collettive ed è un processo di trasformazione di idee e persone. Tale processo implica anche il prendersi cura reciproco di tutte le persone che stanno partecipando.

Dunque il confronto filosofico ci abitua a pensare criticamente, a prendere decisioni consapevoli e a partecipare attivamente alla vita della piccola “comunità di ricerca” che si crea ragionando su un problema. Così impariamo a valutare le diverse prospettive, a ponderare le conseguenze delle nostre parole e a costruire una conoscenza condivisa che non lascia indietro nessuno. Forse allora il nostro prendere parte al mondo in modo attivo e consapevole può arricchirsi della pratica filosofica, alleggerendoci delle incomprensioni e dell’interventismo, permettendoci di approfondire e abitare problemi e domande.

Se il nostro problema iniziale era il continuo sentirsi sopraffatti e spaesati, una soluzione potrebbe essere provare ad abitare quei luoghi e quei tempi, comprendendone i problemi e le criticità, prendendo parte attivamente alla vita comunitaria. Ancor prima di abitare un luogo però possiamo imparare ad abitare il confronto con l’altro, le sue e le nostre idee, domande, paure. Se il dialogo filosofico ci insegna a rispettare i tempi, le differenze e a costruire relazioni basate sulla comprensione reciproca, possiamo partire da questa pratica per ri-costruire comunità più inclusive, accoglienti e vivibili per tutti e tutte.