Una guida per scoprire a piedi la val Pennavaire, segreta e selvatica
Per scoprire davvero un territorio bisogna percorrerlo a piedi. Ed è proprio tra le pieghe di una terra di confine un po’ nascosta come la val Pennavaire che un oculista torinese ha lasciato il cuore e ha scritto una guida per scoprirla lentamente, Pennavalley trek.
In breve
Un libro che è una dichiarazione d’amore per un territorio selvaggio sospeso tra mare e montagna.
- La val Pennavaire è una valle poco conosciuta dove la natura sa sorprendere grazie al mix tra biodiversità montana e mediterranea.
- Pennavalley trek è una guida che nasce da un’esperienza intensa, vissuta lentamente, stagione dopo stagione, dal suo autore Giovanni Amerio.
- Un potenziale modello di turismo sostenibile: il libro propone itinerari sia per escursionisti esperti che per famiglie, con l’obiettivo di valorizzare la valle senza snaturarla.
Dove il mare sembra sfiorare la montagna, tra le Alpi Liguri e i profumi del mar Mediterraneo, esiste una valle ancora poco battuta, segreta e selvatica. È la val Pennavaire, un luogo che si attraversa non soltanto con le gambe, ma anche con lo stupore negli occhi e il rispetto per un paesaggio che sa custodire marmotte e uliveti, castagni secolari e falesie, filari di lavanda e stelle alpine. È proprio a questo spazio quasi sospeso tra Liguria e Piemonte che ha deciso di dedicare una guida escursionistica Giovanni Amerio, torinese di nascita e di residenza e già autori di diverse guide e racconti sul mondo dei cammini.
Si chiama Pennavalley Trek ed è un libro che è al tempo stesso mappa, diario, invito all’avventura e dichiarazione d’amore per una terra di confine. Abbiamo incontrato l’autore ad Alto, insieme ai ragazzi e alle ragazze dell’Academy di giornalismo costruttivo di Italia che cambia, in occasione della presentazione del volume presso l’Agriturismo Olio del Casale ad Alto, per scoprire cosa succede quando un’escursione diventa anche un cammino interiore.
Come è nata l’idea di dedicare una guida al trekking in val Pennavaire?
È sempre difficile individuare l’istante esatto in cui nasce un’idea, specialmente quando è così intrisa di emozioni e incontri. Amo viaggiare lentamente, alla scoperta di angoli meno noti del nostro Paese, lontani dai riflettori ma capaci di suscitare forti sensazioni fin dal primo istante. La val Pennavaire è stata proprio una di queste scoperte inattese. Lo confesso, fino a pochi anni fa non ne conoscevo nemmeno il nome. Tutto è iniziato con una semplice escursione primaverile da Madonna del Lago fino al monte Dubasso. Avevo scelto un percorso insolito, tra rocce e passaggi impegnativi.
Mentre salivo, circondato da chiazze di neve che resistevano tra le rocce, mi sentivo come trasportato in alta montagna. Eppure appena mi sono voltato ho visto il mare, lì sotto i miei occhi, così vicino da sembrare possibile tuffarcisi dentro. È stata una sensazione straordinaria: la montagna e il mare, il selvaggio e il familiare insieme in un unico sguardo. In quel momento ho capito che la val Pennavaire meritava di essere esplorata e raccontata a fondo.
Gole, borghi medievali, torrenti e sentieri, questa valle si compone di molti elementi diversi ma capaci di intrecciarsi.
La mia scoperta della valle risale soltanto a qualche anno fa, ma in breve tempo ho percorso centinaia di chilometri sui suoi sentieri, lasciandomi conquistare dalla curiosità. La val Pennavaire infatti è poliedrica: qui, nella stessa giornata, puoi passare dagli uliveti fino alle stelle alpine sulle cime più alte. Il tempio della biodiversità, insomma! Ma la diversificazione non riguarda solo gli aspetti naturalistici.
Passiamo dal primo borgo telematico d’Italia – una vecchia borgata che è stata rispettosamente ristrutturata e dotata di servizi d’avanguardia, in un’epoca dove lo smartworking era ancora un termine sconosciuto – a grotte abitate dai primi Liguri nel Paleolitico. Torrenti scavano profonde gole, dando origine a laghetti dal sapore alpino, mentre in alto quelle che sembrano piccole vallette erbose sono in realtà ampie doline carsiche.
In Pennavalley trek parli di selvatico, di una convivenza straordinaria di specie e paesaggi. Com’è stato “dipingere” a parole questa biodiversità e quanto ha influito la stagionalità nel disegnare i percorsi all’interno della guida?
È stata un’esperienza coinvolgente, quasi poetica. Solitamente una guida escursionistica mantiene rigore e oggettività, fornendo informazioni precise e puntuali. Ma questa valle è così evocativa e ricca che sarebbe stato impossibile non lasciare spazio anche alla meraviglia.

Ho vissuto intensamente ogni stagione: ho goduto della fioritura primaverile lungo i sentieri, ho assaporato i tuffi rigeneranti nelle acque cristalline del Pennavaire in estate, mi sono emozionato di fronte ai colori dell’autunno e ho contemplato la valle invernale dalla cima dei monti, camminando con le ciaspole, circondato da un panorama che spaziava dal Monviso alla Corsica. La stagionalità non solo ha influito nella scelta e nel disegno dei percorsi, è diventata parte integrante della narrazione stessa della guida, trasformando i sentieri in un’esperienza sensoriale che muta al ritmo della natura.
A chi è rivolta principalmente la tua guida? Escursionisti esperti, amanti dei viaggi lenti o famiglie?
La valle è estremamente eterogenea sia sul piano naturalistico, storico e ambientale che dal punto di vista della sentieristica. La guida propone un trekking ad anello di quattro tappe e diciassette itinerari giornalieri. Il primo è rivolto a escursionisti – diciamo così – già rodati. Le tappe prevedono un discreto impegno fisico e richiedono un minimo di esperienza. I percorsi giornalieri sono invece di difficoltà diversa, variando da tranquille escursioni adatte anche a famiglie con bambini, sino a percorsi più impegnativi, anche dal punto di vista dell’orientamento.
Le tue descrizioni evocano bagni nel torrente, passeggiate in natura. Hai aneddoti personali da raccontare su momenti intensi vissuti in valle?
Non si deve dire, ma a me piace camminare da solo. I momenti più intensi li ho vissuti quando mi sono estraniato dal mondo e catapultato in un’altra dimensione. Ricordo la prima volta che ho raggiunto l’arma del Cupà e la cascata del Ferraia. Per capire cosa si prova bisogna trovarcisi.
La valle del Ferraia è un ristretto avvallamento, anche se sarebbe più corretto indicarla come una profonda fessura tra le rocce, scavata nei secoli dall’omonimo torrente, che dà origine a una cascata di 25 metri con una pozza cristallina. Poco distante si apre un’ampia caverna, che qui chiamano arme. All’interno sono stati ritrovati resti umani e frammenti di ceramica dell’età del Ferro. Ma risaliamo addirittura al Neolitico per alcuni reperti come un ago in osso e una punta foliata di selce.

Ti trovi stretto tra due pareti di roccia, ricoperte da una vegetazione rigogliosa, una fessura di cielo sopra di te, il cellulare non prende. Ecco, mi sono sentito trasportato indietro nel tempo, anzi, quasi in una situazione atemporale. È stata un’esperienza che adesso trovo difficile da descrivere, ma estremamente coinvolgente. Dimenticavo: se camminate da soli portatevi sempre dietro un localizzatore satellitare!
Vedi delle prospettive di sviluppo sostenibile per la val Pennavaire dopo la pubblicazione di Pennavalley trek?
Sarebbe presuntuoso pensare che una guida da sola possa essere il motore di uno sviluppo per questo territorio: vuole però essere uno strumento a disposizione sia di chi la valle la vive quotidianamente, sia di chi vuole conoscerla, percorrendola a passo lento. Come molti territori della nostra penisola, questa valle ha vissuto l’abbandono e lo spopolamento, ma credo abbia molte potenzialità ancora inespresse.
Già nota agli arrampicatori di tutta Europa, la val Pennavaire oggi può diventare una destinazione per il turismo escursionistico, che non impatta negativamente sul territorio, anzi lo arricchisce. Esplorare sentieri antichi, riscoprire borghi e comunità locali può diventare un modello di sviluppo che coniuga tutela ambientale, crescita economica e qualità della vita delle comunità locali.










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