8 Agosto 2025 | Tempo lettura: 8 minuti

La Caretta caretta conquista la Liguria: record di nidi di tartarughe marine

Le spiagge liguri nascondono sotto la sabbia nidi di Caretta caretta. Il mar Ligure sta diventando un habitat giovanile stabile per questa specie?

Autore: Valentina D'Amora
uova tartarughe
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In breve

Liguria, nuova “culla” per la tartaruga caretta caretta.

  • Nel 2025 si contano già 11 nidi certificati, un dato mai registrato prima sulle coste liguri.
  • L’arrivo della tartaruga marina in Liguria riflette l’aumento delle temperature e gli effetti del cambiamento climatico sul comportamento riproduttivo della specie.
  • In Liguria i nidi non vengono manipolati: la regione diventa così un osservatorio scientifico a cielo aperto, grazie anche al contributo di volontari, cittadini e bagnini formati.

In queste ultime settimane la Liguria si sta rivelando una nursery naturale per le tartarughe marine. Con un numero di nidificazioni da record – attualmente i nidi certificati sono 11, un numero mai stato così alto sulle nostre coste –, la presenza della caretta caretta, specie simbolo della biodiversità del Mediterraneo, sta trasformando le spiagge liguri in un laboratorio scientifico a cielo aperto per biologi, volontari e appassionati di natura.

Ma cosa succede esattamente sotto la sabbia? Quali sono le condizioni che hanno reso la stagione così favorevole? E cosa possiamo fare per proteggere questi nidi e garantire un futuro alle piccole tartarughe? Ne parliamo con Elena Fontanesi, biologa marina di Delfini del Ponente, assocazione che fa parte del coordinamento regionale impegnato nel monitoraggio, nella tutela e nello studio di questo straordinario fenomeno naturale.

Il 20 giugno con il nido di Celle Ligure in Liguria si è aperta una stagione molto prolifica per la caretta caretta. Elena, cosa ci dici a proposito di questo? Il fenomeno è da considerare un indicatore ambientale?

La nidificazione delle tartarughe marine sta interessando la regione dal 2021, ma siamo certi essere un fenomeno in aumento, proprio come è accaduto in Toscana negli anni scorsi. Questo in Liguria è effettivamente l’anno record. Parlando di indicatore ambientale, lo è nei termini di un segnale di un cambiamento in atto, non necessariamente di “spiagge belle e mare pulito”. Quello che però è importante ora è monitorare e studiare questo fenomeno, perché ci sta dicendo in modo chiaro che qualcosa sta cambiando e molto rapidamente.

caretta caretta
Uno scatto del nuovo nido di caretta caretta ad Alassio, scoperto il 30 luglio.
Questo “boom” è dovuto alle temperature marine più elevate, ma anche a un più efficace sistema di monitoraggio?

L’aumento delle nidificazioni in Liguria, regione che storicamente non era interessata dal fenomeno, riflette in realtà un trend più ampio osservato in tutta Italia. Questo incremento è legato a diversi fattori. Da un lato, la popolazione di Caretta caretta nel Mediterraneo è in crescita, grazie agli sforzi di conservazione degli ultimi decenni, tanto che la specie è stata declassata nella lista rossa IUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, un segnale positivo per la tutela della biodiversità.

Dall’altro il riscaldamento delle acque marine e delle coste rende accessibili nuove aree di nidificazione, come il mar Ligure, un tempo frequentato solo per l’alimentazione, mentre ora le condizioni ambientali permettono anche la deposizione dei nidi. Infine, un ruolo chiave lo gioca la maggiore consapevolezza della cittadinanza, che oggi è più attenta a riconoscere e segnalare le tracce di nidificazione, contribuendo così al monitoraggio e alla protezione del fenomeno. Trovo poi interessante ma allo stesso tempo “spaventoso” vedere quanto velocemente questo stia evolvendo.

Quali dati attendete dalla stagione 2025, per esempio come numero di schiuse?

La Liguria si trova ad affrontare questi eventi per la prima volta, per questo motivo manca un precedente storico utile. La Toscana rappresenta per noi il termine di confronto più naturale, date la vicinanza geografica e la latitudine simile. Tutti questi nidi ci offrono già informazioni preziose: ci aiutano a capire se ci sono sedimenti presenti, se esistono preferenze per particolari tipi di sabbia e come si comportano in un contesto dove molte spiagge sono state oggetto di ripascimenti. Inoltre ci permettono di analizzare le temperature di incubazione tipiche di queste zone e quindi di dedurre quali nidi arrivano alla schiusa e quali no.

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La biologa Elena Fontanesi di Delfini del Ponente.

Ci consentono anche di valutare l’effetto delle perturbazioni – mareggiate, piogge intense e altri eventi – sull’esito dei nidi. Questo è particolarmente importante perché, per la conformazione della regione, molti nidi si trovano molto vicini alla riva, con pochissimo sedimento a proteggerli, quindi risultano particolarmente esposti all’azione del mare. Possiamo poi anche iniziare a comprendere quale può essere il periodo ideale per la deposizione delle uova, ovvero individuare una soglia temporale oltre la quale diventa improbabile che un nido riesca a concludere con successo l’incubazione. È il caso, ad esempio, dei nidi tardivi registrati lo scorso anno ad Alassio, Pietra Ligure e Finale Ligure, che sono stati colpiti da mareggiate e da un brusco calo delle temperature a settembre, compromettendone l’esito.

Si tratta di dati importanti che possiamo raccogliere e analizzare. Inoltre, se si verificheranno schiuse, potremo anche valutare la percentuale di successo di questi nidi. Lo scorso anno, ad esempio, i due nidi monitorati hanno mostrato un tasso di schiusa molto elevato, tra l’89% e il 92%, un risultato decisamente positivo, soprattutto se confrontato con altre aree dove, al contrario, le temperature troppo elevate hanno compromesso la schiusa. Al momento non sappiamo quanti dei nidi attuali riusciranno ad arrivare a termine: sarà quindi interessante osservare quanti andranno a buon fine e in quali condizioni.

Che tipo di analisi ambientali vengono condotte sui nidi?

In Liguria, su decisione condivisa dal GLIT, il Gruppo Ligure Tartarughe composto da Arpal, Acquario di Genova, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta e Università di Genova e sotto l’indirizzo del Ministero dell’Ambiente, i nidi di tartaruga marina non vengono manipolati né traslocati, né sono previste misure artificiali di protezione. L’obiettivo è osservare lo sviluppo naturale della nidificazione anche in contesti antropizzati, trasformando così la regione in un laboratorio a cielo aperto per studiare l’adattamento delle tartarughe marine agli scenari attuali e futuri.

Dopo il ritrovamento delle tracce sulla sabbia, l’eventuale presenza di un nido viene verificata da personale autorizzato, come gli operatori di Delfini del Ponente e del GLIT. Una volta accertata la presenza del nido, questo viene ricoperto e non più toccato, per garantirne la protezione. Accanto alla camera del nido, a circa 30 centimetri di distanza, viene posizionato un datalogger, che registra ininterrottamente la temperatura sotto la sabbia.

Questo strumento ci consente di monitorare l’incubazione, elemento cruciale per prevedere il momento della schiusa e valutarne il successo. ARPAL affianca questo monitoraggio con studi sulla granulometria dei sedimenti del nido, per verificarne l’idoneità alla nidificazione. Al termine dell’incubazione – o dopo 70-80 giorni –, il nido viene aperto per analizzare le uova e contare i piccoli nati, valutando anche eventuali tentativi falliti di uscita. Questi dati aiutano a comprendere il successo o l’insuccesso riproduttivo.

Molti nidi emergono vicino agli stabilimenti balneari: la presenza di bagnini è diventata fondamentale per il pronto intervento e la segnalazione. Quanto è importante sensibilizzare i bagnini, ma anche residenti e turisti?

Come associazione abbiamo da subito pensato al coinvolgimento di bagnini e stabilimenti balneari, consapevoli che fosse importantissimo il loro contributo in termini di ritrovamento dei nidi, perché sono loro evidentemente gli attori delle spiagge che ogni mattina sono in prima linea. Tre anni fa abbiamo quindi avviato questi corsi di formazione, semplici ma efficaci, sull’imperiese e il savonese, per dare gli strumenti ai bagnini di essere in grado di riconoscere le tracce e attuare i comportamenti più corretti. Quindi avere una rete di persone che lavorano sulle spiagge quotidianamente e che sono in grado di riconoscere questi segnali è importantissimo.

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Il rinvenimento delle tracce presso i Bagni Iris di Alassio da parte dei tartavolontari durante il turno di monitoraggio.

Quest’anno però abbiamo raggiunto un risultato davvero importante grazie ai “tartavolontari”, persone comuni che hanno deciso di partecipare attivamente al nostro progetto. Alcuni di loro sono biologi o naturalisti, ma molti sono semplici cittadini che hanno scelto di seguire un percorso formativo con noi, per poi mettersi al servizio della nostra associazione durante il periodo di nidificazione. Da metà giugno fino ai primi giorni di agosto si sono impegnati nei pattugliamenti all’alba, monitorando le spiagge per individuare eventuali tracce di nidificazione. In alcuni casi ci hanno supportato anche nella fase delicata del presidio pre-schiusa.

Siamo estremamente soddisfatti perché stanno facendo un lavoro straordinario con entusiasmo e dedizione. La maggior parte dei nidi rinvenuti nella nostra area di competenza – indicativamente tra Albenga e la provincia di Imperia – è stata individuata proprio grazie al loro lavoro. Su sei nidi trovati, ben quattro sono stati segnalati durante i monitoraggi mattutini. A nostro avviso, un risultato eccezionale.

I volontari ci stanno supportando poi anche nell’allestimento e nella gestione di infopoint nei pressi dei nidi, un’attività fondamentale. Coinvolgere sempre più cittadini comuni è essenziale: più persone si interessano al fenomeno, più possiamo diffondere conoscenze utili, promuovere la tutela delle tartarughe marine e aumentare la consapevolezza dei cambiamenti ambientali in atto.