Servizio antinquinamento: il Governo taglia i costi ma la Sardegna paga in termini di rischi ambientali
I presidi antinquinamento marino passano da cinque a tre, e anche stop alla raccolta del marine litter. Ma la Regione Sardegna non risponde su possibili contromisure.
Bello il mare in Sardegna: dalle mille sfumature d’azzurro, cristallino. Eppure, quello che accade dal primo settembre in quelle stesse acque è che ad essere attivi sono solo tre dei cinque presidi legati al servizio antinquinamento marino. A denunciarlo è stato il segretario generale della Filt Cgil Sardegna, Arnaldo Boeddu, che ha segnalato come due delle basi sarde operative – quelle di Arbatax e Oristano – sono state soppresse da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE).
Una scelta che «comporterà – ha precisato sempre Boeddu – oltre a un evidente danno sotto l’aspetto della tutela dell’ambiente, anche una perdita di posti di lavoro e di professionalità». Ma anche una decisione che in tempi di crisi climatica e necessaria transizione ecologica, cozza con una realtà che all’azione umana chiede altri tipi di rinunce.
Il mare sardo in uno specchio di tagli
Vigilanza ambientale, pronto intervento in caso di sversamenti in mare, raccolta di rifiuti marini, prevenzione dell’inquinamento e – più in generale – interventi a tutela delle coste e dei mari. Per Stefano Deliperi dell’associazione ambientalista Gruppo di Intervento Giuridico, quelli al servizio antinquinamento sono dei tagli che «non possiamo permetterci, ma dobbiamo partire da un discorso più ampio rispetto alla Sardegna».

Il ridimensionamento del servizio antinquinamento – come ricostruisce l’inchiesta di Materia Rinnovabile – nasce a partire da una gara pubblica per gestire il sistema nazionale di antinquinamento marino andata a vuoto nell’ottobre 2024. Un esito che ha costretto il Ministero dell’Ambiente a rimettere mano al progetto adattandolo a risorse più limitate – da 43,4 milioni di euro nella precedente gara si è passati a un budget di 41,8 milioni –, anche per effetto dei tagli lineari previsti dalla Legge di Bilancio. Così, con il nuovo contratto affidato a Castalia, le navi in servizio sono scese da 32 a 23 e in Sardegna i presidi sono stati ridotti da cinque a tre.
A spiegare cosa accade nell’Isola è Arnaldo Boeddu della Filt Cgil: “Sino al 31 di agosto – precisa in una nota – erano previsti cinque presidi di antinquinamento dislocati nei porti di Arbatax, Cagliari, Golfo Aranci, Oristano e Porto Torres. In previsione della scadenza della convenzione, il ministero si sarebbe dovuto pronunciare entro il 12 di agosto per una proroga, ma tutto è stato rinviato e a oggi l’unica certezza è che le due motonavi presenti nei porti di Arbatax ed Oristano andranno via“.
Il Ministero ha visto di bene di disporre tagli di quasi il 50% in una regione fragile e molto esposta come la Sardegna
Una riduzione preoccupante anche perché, sottolinea sempre Boeddu, “non si può e non si deve sottovalutare la distanza di miglia marine dagli altri porti. Nel vasto territorio dell’Ogliastra e dell’oristanese, in caso di urgenza di intervento per risolvere uno sversamento a mare, le motonavi arriverebbero non prima di dieci-quindici ore, quando il disastro ambientale si è ampiamente compiuto con enormi porzioni di mare fortemente compromesse. Malgrado questa situazione – attacca Boeddu – il Ministero ha pensato di bene di disporre tagli di quasi il 50% in una regione fragile e molto esposta come la Sardegna per potenziare magari lo stesso servizio in altre regioni dove, a breve, ci saranno le elezioni regionali”.
Sulle conseguenze legate alla distanza tra i presidi ragiona anche Stefano Deliperi del Gruppo di Intervento Giuridico: «Avremo senza dubbio una minore copertura del servizio in Sardegna a discapito di salute e ecosistema marino», dice. Ma stando sulle ricadute possibili, è sempre il leader sindacale a segnalare inoltre come a Cagliari la nave in uso sia stata sostituita con una più grande che, per via del maggiore pescaggio, «non può avvicinarsi alla costa, riducendone l’efficacia proprio dove servirebbe di più». Ripercussioni attese dalla soppressione dei presidi, evidentemente però non sufficienti a scoraggiare tagli al servizio antinquinamento che – non da poco – prevedono anche l’eliminazione dell’attività di raccolta del cosiddetto marine litter.

Stiamo parlando di tutti quei rifiuti di origine umana che si trovano in mare, ad oggi composti principalmente da plastiche. Grandi o infinitamente piccole. E se si guarda – ad esempio – alla presenza di microplastiche nei mari che bagnano l’Isola, uno studio internazionale condotto dall’Università di Manchester e pubblicato nel 2020 ha rivelato nel Tirreno, nel tratto di mare tra Sardegna, Corsica e Toscana, concentrazioni da record. Tutti i campioni prelevati da questa zona contenevano microplastiche: ben 1,9 milioni per metro quadrato. Si tratta di un valore che nello specchio di mare tra l’Isola e il continente, determina – come sottolineato dagli studiosi – la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nei mari.
Antinquinamento e priorità
Quello del taglio alla raccolta del marine litter “è questione di budget e di priorità”, ha spiegato a Materia Rinnovabile Castalia. Anche il MASE, nelle parole del Direttore Generale della Direzione Tutela della Biodiversità e del Mare Francesco Tomas, ha chiarito che si tratta di “una scelta sostanzialmente economica, dato il budget abbiamo dovuto ottimizzare. Però, a fronte di quanto è costato quel servizio, la resa è stata scarsa”. Tagliare quindi per ottimizzare – i costi a scapito dei benefici, sembrerebbe – ma resta un fenomeno, quello dell’inquinamento marino, che in un panorama dove – secondo l’organo ambientale delle Nazioni unite (Unep) – ogni giorno si depositano nel Mediterraneo 730 tonnellate di plastica, non può arginarsi da solo.

«La raccolta di plastiche e microplastiche a mare è un’attività molto importante – commenta Deliperi del Grig – il taglio è un problema non indifferente che comporterà in generale maggiori difficoltà per l’ambiente marino, con conseguenze sia sulla biodiversità marina che sulla salute umana». Come reagire? «Quello che dobbiamo chiarire è che non dipende tanto da noi. La regione dovrebbe supplire con una sua forma di intervento alla decisione del ministero; sarebbe opportuno lo facesse però la gara è a livello nazionale, copre l’intera fascia costiera». Contattata per una dichiarazione, alla domanda sull’eventuale intenzione di supplire alla decisione del ministero, dalla Regione Sardegna non abbiamo però ricevuto risposta.
Si manifesta quindi un doppio vuoto: il primo dato dai tagli al servizio, il secondo dall’incertezza politico-istituzionale sarda sul tema. Un’assenza che se pesa oggi, rischia di diventare ancora più gravosa guardando al domani. «Dovrebbe esserci una copertura completa del servizio antinquinamento, ma per la prima volta dopo tanti anni non ci sarà. Il ridimensionamento del servizio antinquinamento crea un problema di non poco conto; forse la scelta è figlia di un ragionamento a breve respiro» commenta in conclusione Deliperi. E il ragionamento sul risparmio economico non convince: «Hanno tagliato le prestazioni senza pensare però che i danni ambientali, in un modo o nell’altro, comunque li paghiamo tutti».










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