4 Settembre 2025 | Tempo lettura: 5 minuti

“L’ultima estate” di Falcone e Borsellino, 30 anni dopo il loro sacrificio

Il messaggio universale dei magistrati uccisi dalla mafia Falcone e Borsellino ha ancora tanto da insegnare. Lo spettacolo “L’Ultima estate” ne rafforza il valore raccontandolo.

Autore: Salvina Elisa Cutuli
falcone e borsellino
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L’estate, si sa, è anche la stagione degli spettacoli nelle piazze e nei teatri all’aperto. Spesso in contesti noti per la straordinaria bellezza, altre volte in luoghi meno conosciuti ma non per questo meno importanti, trastullati dall’atmosfera tipica delle notti estive, creano una magia in cui il pubblico è parte attiva dell’esperienza e della rappresentazione, momenti in cui si condividono emozioni con chi inscena i vari personaggi. Ci immedesimiamo nelle vite degli altri, soffriamo e gioiamo con loro, manifestando un’empatia che nella quotidianità stentiamo a mostrare.

Ho provato questa sensazione assistendo di recente allo spettacolo “L’Ultima estate, Falcone e Borsellino 30 anni dopo” – all’interno della rassegna Etna in Scena a Zafferana, come parte della programmazione annuale di Teatri Riflessi 2025 – , scritto da Claudio Fava e prodotto da Emilia Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale in collaborazione con KNK Teatro, che ripercorre gli ultimi mesi di vita dei due magistrati siciliani.

I due interpreti, Simone Luglio e Giovanni Santangelo, guidati dalla regista Chiara Callegari, portano in scena episodi noti e meno noti, pubblici e privati, che restituiscono – fuori dalla cronaca e senza retorica – la determinazione di Falcone e Borsellino, la loro umanità e il forte senso dello Stato che li ha sempre guidati, ma anche l’ironia, la leggerezza, la rabbia e quella solitudine profonda a cui sono stati condannati, nonostante il loro impegno.

falcone e borsellino
Simone Luglio nei panni del magistrato Giovanni Falcone

I due magistrati vengono solitamente, e anche giustamente, definiti come eroi, ma difficilmente li immaginiamo immersi nelle loro vite, tra tormenti, paure, dubbi e difficoltà. «Prima di essere eroi erano due uomini che come due bambini ridevano delle battute che capivano solo loro. Avevano bisogno di esorcizzare la paura anche attraverso un’ironia macabra», racconta Simone Luglio. 

“L’Ultima estate” è un monito al nostro senso di responsabilità, necessaria allora come oggi, e ricorda alcuni momenti vissuti insieme dai due magistrati, in particolare l’estate del 1985 quando Falcone e Borsellino trascorsero un mese all’Asinara per concludere l’istruttoria da portare al maxi processo ai boss di Cosa Nostra. Lavorarono giorno e notte e dovettero anche pagarsi il conto di 10.000 lire al giorno. Ma ricorda anche i chili di tritolo e dinamite, l’attentato sventato all’Addaura, il senso di giustizia e di legalità, uno Stato spaccato che in parte li proteggeva e in parte li voleva morti, fino ai vari gradi di giudizio rispetto alla legittimità della trattativa tra Stato e mafia.

Lo spettacolo è andato in scena per la prima volta nel 2022 e da allora non si è più fermato: in collaborazione con il Ministero degli Esteri ha intrapreso anche una tournée internazionale per celebrare il trentesimo anniversario delle stragi che ha toccato istituti italiani all’estero, come Ambasciate e Consolati, con l’obiettivo di diffondere la conoscenza di Falcone e Borsellino e del loro sacrificio.

Avevano bisogno di esorcizzare la paura anche attraverso un’ironia macabra

Il testo di Claudio Fava è stato rimaneggiato con cura dagli stessi interpreti e dalla regista che hanno trascorso il periodo pandemico insieme per studiare e conoscersi meglio, per rendere reale in scena l’amicizia di questi due uomini che hanno rivoluzionato il modo di fare indagini in tutto il mondo. Simone Luglio e Giovanni Santangelo, rispettivamente Falcone e Borsellino sulla scena, hanno condiviso una casa per qualche mese, per interrogarsi, raccontarsi e far rivivere poi momenti intensi di un’amicizia profonda e di una pagina cruciale della nostra storia. 

I due attori hanno creato un legame diretto con il vissuto e l’impegno dei due magistrati uccisi dalla mafia. Lo spettacolo, nonostante si conosca l’esito delle loro vite, non guarda alla morte, non la commemora, anzi la schernisce. «È bello morire per le cose in cui si crede. Devi imparare ad amare quello che non ti piace se vuoi cambiarlo. Ci pensi mai alla morte? Io tutti i giorni. Mi consola che prima toccherà a te e poi a me», sono alcune delle riflessioni che Paolo Borsellino confida al suo amico e collega Giovanni Falcone.

Al contrario delle commemorazioni che preferiscono ricordare le vittime e non cosa facevano da vivi, qui si dà spazio al loro incessabile operato, al forte senso dello Stato e a quanto credevano nella giustizia.
«Perché le sentenze si rispettano, assolti e prosciolti. Quindi ricominciamo».
«Un’altra volta?», chiede Borsellino.
«Certo», risponde Falcone.

falcone e borsellino
Giovanni Santangelo interpreta il magistrato Paolo Borsellino

Con queste parole si conclude lo spettacolo che racconta di Falcone e Borsellino, rispondendo alla domanda legittima di molti: “Perché raccontare ancora una volta, dopo tanti film e spettacoli, questa storia?”. «Perché adesso tocca a noi proseguire il loro percorso senza interromperlo, con un vero e proprio passaggio di testimone. Sono un esempio di guida per tutti. Il loro è un messaggio universale», commenta Simone Luglio.

«A Quantico, in Virginia, i cadetti dell’Accademia dell’FBI giurano davanti al busto di Giovanni Falcone. In Algeria, delle donne sono venute in lacrime dietro le quinte dopo aver assistito allo spettacolo. Riconoscevano un modello di Stato che congiura contro i suoi stessi rappresentanti, come era accaduto nel loro paese negli anni ‘90, quando una generazione di artisti è stata completamente annientata». 

“L’Ultima estate” è un invito ad ascoltare, capire, ricordare e non dimenticare. È una chiamata alla coscienza che non ha limiti e confini geografici, che vale ieri come oggi, in Sicilia, in Algeria e in Virginia. Ovunque, per non essere semplici spettatori, impassibili e ignavi. Una storia senza tempo che ci insegna l’importanza di prendere posizione di fronte a certi crimini. Un messaggio universale che ha ancora tanto da dire e insegnare.