Addio a Lorenzo Reina, il pastore-scultore che ha fatto nascere il Teatro Andromeda nei Monti Sicani
È morto a 65 anni Lorenzo Reina, creatore del Teatro Andromeda a Santo Stefano Quisquina. Un’opera di pietra e cielo che intreccia arte, paesaggio e comunità.
La Sicilia saluta Lorenzo Reina, artista e pastore capace di trasformare una vita rurale in visione e forma. Reina è stato trovato senza vita la mattina del 27 dicembre 2025 nella sua casa di campagna a Santo Stefano Quisquina, nell’Agrigentino: aveva 65 anni e, secondo quanto riportato dalle prime ricostruzioni, la morte sarebbe avvenuta per cause naturali. A scoprire il corpo è stato il figlio Libero.
Il suo nome resta legato soprattutto al Teatro Andromeda, un luogo che unisce arte, architettura, paesaggio e relazione. Costruito in pietra e terra battuta sulle alture dei Monti Sicani, il teatro riproduce con 108 sedute l’ordine della costellazione di Andromeda: un gesto artistico nato dall’osservazione, dal lavoro quotidiano e da una pazienza lunga decenni. Trovandosi attorno ai 900-1000 metri, è considerato uno dei più alti teatri all’aperto in pietra.
Andromeda non è solo un luogo dal forte impatto visivo: è, nelle intenzioni dell’artista, un dispositivo che invita a rallentare, a misurarsi con luce e stagioni: nel periodo del solstizio d’estate, ad esempio, un disco alle spalle della scena genera un allineamento di ombre e cerchi che rende evidente il dialogo tra opera umana e movimento del sole.
Su Sicilia che Cambia avevamo raccontato questa storia nel 2021, descrivendo Andromeda come un’opera in continua evoluzione, capace di far percepire il paesaggio non come sfondo, ma come parte dell’esperienza. «Mio padre – ci aveva confidato l’artista – mi voleva pastore e ho passato la mia adolescenza tra pecore e cani e un solo libro. Scolpivo alabastri di notte, in una stalla accanto a quella dove riposavano altri pastori che sempre mi urlavano, tra le bestemmie, di andare a dormire. Scolpivo al lume di una fiaccola (un pezzo di stoffa immersa nella nafta) e quando le mie narici si riempivano di polvere e di fumo uscivo fuori a respirare sotto le stelle. Una notte chiesi al cielo di farmi incontentabile – mai sazio della mia arte – e fui ascoltato».
Reina aveva proseguito: «In tanti mi chiedete come è nata l’idea per il teatro… è scritto che “lo Spirito, come il vento, soffia dove vuole” e ha soffiato qui, dove alla fine degli anni settanta portavo a pascere le pecore, che stranamente, come prese da incantamento, restavano a ruminare ferme come sassi. Allora intuii che da questo luogo fluisce energia positiva, così nei primi anni novanta alzai le prime pietre».
Reina lascia un’opera eterna, che è un invito costante a immaginare un futuro in cui cultura e territorio non si separano.






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