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12:29 27 Giugno 2025 | Tempo lettura: 3 minuti

Conclusi i negoziati intermedi di Bonn senza risultati eclatanti

Conclusi i negoziati intermedi sul clima a Bonn. Alla Cop30 di Belém si discuteranno molti dei punti rimasti in sospeso.

Autore: Redazione
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bonn negoziati clima

Si sono chiusi nella notte i negoziati intermedi verso la COP30 iniziati a Bonn il 16 giugno scorso. Risultati modesti, in un panorama geopolitico complesso e in assenza della delegazione statunitense, senza grossi passi in avanti. Parecchie questioni sono state affrontate ma senza arrivare a un esito definitivo o da tutti approvato. In Brasile si ripartirà da semplici “appunti” o note informali con poco valore per alcuni dei Paesi presenti a Bonn. 

Global Goal on Adaptation (GGA): in merito al GGA, Global Goal on Adaptation, si è riscontrata una forte divergenza tra le Parti in disaccordo sui temi della finanza e degli indicatori per il processo di valutazione globale. È stato adottato un testo decisionale parziale con lo scopo di non bloccare il lavoro in vista della COP30. Non si è raggiunto neanche un accordo rispetto alla valutazione collettiva dei Piani nazionali di adattamento (NAP).

Finanza: durante i negoziati di Bonn si è parlato della roadmap Baku to Belém con lo scopo di  centrare il nuovo obiettivo collettivo di 1.300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 verso i Paesi considerati in via di sviluppo. Verrà preparato un report dalle presidenze di COP29 e COP30, presentato come bozza l’8 settembre e, in versione definitiva, a Belém.

Mitigation Work Programme: il negoziati sullo Sharm el-Sheikh Mitigation Ambition and Implementation Work Programme non sono andati bene. Tra le proposte, quella di creare una piattaforma che favorisca l’implementazione degli obiettivi climatici nei Paesi in via di sviluppo, da collegare alle altre piattaforme nazionali e internazionali anche per scambiare buone pratiche. La richiesta è stata osteggiata dai Paesi sviluppati e dai piccoli Stati insulari secondo i quali è meglio  rilanciare l’ambizione globale nella mitigazione attraverso messaggi politici. 

Global Stocktake e nuovi NDC: il Global Stocktake (GST) e le NDC (Contributi Determinati a livello nazionale) sono entrambi strumenti chiave dell’Accordo di Parigi per affrontare il cambiamento climatico, ma hanno ruoli distinti. Il GST è una valutazione globale del progresso verso gli obiettivi dell’Accordo, mentre le NDC sono gli impegni climatici specifici di ciascun paese. Nel tavolo dedicato al dialogo annuale tra Global Stocktake e NDC è emersa una forte spinta a rendere i nuovi NDC più ambiziosi, concreti e inclusivi, integrando aspetti come giusta transizione, equità, salute, genere e conoscenze indigene. Diverse delegazioni hanno già mostrato bozze avanzate dei propri NDC aggiornati. 

Giusta Transizione: non arrivano buone notizie da Bonn su questo fronte. I negoziati si sono chiusi con una nota informale con riferimenti chiari agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ai principi di equità e di responsabilità comuni ma differenziate, ad approcci olistici che non lascino nessuno indietro, rispettando tutti i diritti umani e garantendo la partecipazione nel processo di tutti i portatori d’interesse. 

Politiche di genere e diritti: anche per quanto riguarda le politiche di genere e i diritti umani è stato tutto rimandato alla COP30, a Belém. La nota informale sulle cinque aree prioritarie del Gender Action Plan proponeva circa trenta attività e relativi output, con il riconoscimento del ruolo delle donne attiviste per l’ambiente e i diritti umani (WEHRD).  

Budget del segretariato UNFCCC: il budget supera del 10% quello precedente, arrivando a un bilancio di €81,5 milioni. Il contributo cinese è aumentato di 5 punti: Pechino è il primo contributore globale con il 20% dei fondi. L’Italia, invece, contribuisce con il 2,8%, gli Stati Uniti con il 22%, ma le risorse arriveranno da Bloomberg Philanthropies in sostituzione del governo federale.

COP31: nessun accordo su quale tra i Paesi del gruppo “Occidente e Altri” ospiterà la COP31 del 2026. I due candidati, Australia e Turchia, non sembrano aver ancora trovato un accordo tra loro verso il ritiro di una delle due offerte.

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