Ondate di calore: secondo uno studio il caldo estremo sta diventando un’emergenza sociale ed economica
Roma e Milano tra gli hotspot più vulnerabili. Il rapporto del CMCC denuncia: “Povertà da raffrescamento e rischi per lavoro e salute”.
Le ondate di calore si stanno confermando come una delle minacce climatiche più gravi per l’Europa, con grandi città come Roma e Milano in prima linea, dove il caldo estremo si intreccia a profonde disuguaglianze sociali. Lo evidenzia il nuovo rapporto del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), “Heatwaves and the social impact of climate risks”, che sottolinea come il surriscaldamento urbano non sia soltanto un problema ambientale, ma anche una questione di giustizia sociale ed economica.
Vuoi approfondire?
Scarica lo studio completo Heatwaves and the social impact of climate risks.
A livello globale oltre 2,4 miliardi di lavoratori sono già oggi esposti a temperature eccessive. Lo studio valuta anche gli impatti economici in termini di produttività: nei settori più vulnerabili come agricoltura ed edilizia, la questa potrebbe ridursi fino al 25% entro la fine del secolo in uno scenario di +3°C. In Europa si stima una perdita dell’1% di ore lavorative entro il 2100, con effetti economici che già nel 2050 potrebbero valere mezzo punto di PIL in meno.
Un altro nodo cruciale è quello della cosiddetta “povertà da raffrescamento”: le famiglie più fragili spesso non hanno accesso all’aria condizionata, che se usata responsabilmente è un’ottima alleata contro le ondate di calore, o sostengono spese sproporzionate per il raffrescamento, arrivando a dedicare fino all’8% del bilancio domestico, contro lo 0,2–2,5% delle famiglie più benestanti.
Nel frattempo le città diventano sempre più calde: tra il 2010 e il 2019 le persone esposte a ondate di calore in Europa sono aumentate del 57%, e Roma nel 2024 ha registrato l’anno più caldo mai misurato con +2,5°C sulla media, 36 notti tropicali e oltre 50 giorni di caldo estremo percepito.
Le isole di calore urbano, ovvero le aree cittadine caratterizzate da asfalto, cemento, traffico e scarsa presenza di verde, possono far salire la temperatura fino a 9°C in più rispetto alle aree verdi, contribuendo tra il 2000 e il 2020 a 90.000 morti premature in Europa.
Anziani, migranti, disoccupati e famiglie a basso reddito vivono spesso nei quartieri più svantaggiati, con meno alberi, abitazioni meno efficienti e scarso accesso a spazi climatizzati pubblici, diventando così i bersagli più vulnerabili di questa emergenza.
Secondo il CMCC i Piani nazionali di adattamento privilegiano interventi istituzionali e infrastrutturali, ma trascurano le soluzioni basate sulla natura, che invece si rivelano particolarmente efficaci: esperimenti in città italiane come Brescia e Sassari dimostrano che piantare alberi, introdurre pavimentazioni riflettenti o creare rifugi climatici può abbassare sensibilmente le temperature.
Il messaggio finale del centro di ricerca è chiaro: il caldo estremo non è solo un tema meteorologico, ma un problema sociale ed economico che colpisce soprattutto i più fragili, e richiede risposte fondate sulla giustizia climatica, sull’integrazione tra politiche ambientali e sociali e su un uso intelligente delle risorse naturali e tecnologiche.







Commenta l'articolo
Per commentare gli articoli registrati a Italia che Cambia oppure accedi
RegistratiSei già registrato?
Accedi