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4 Settembre 2025
Podcast / Io non mi rassegno

Prima il summit, poi la parata militare. Un nuovo ordine mondiale sfida l’Occidente? – 4/9/2025

Xi, Modi e Putin hanno dato vita al summit SCO, che vuole sovvertire l’ordine mondiale. Continuiamo a raccontare la crisi di Auroville: oggi parliamo dei terreni.

Autore: Andrea Degl'Innocenti
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Trascrizione episodio

C’è un’immagine che sta circolando molto in questi giorni, in queste ore, e che a detta di tutti rappresenta un nuovo ordine mondiale, o perlomeno il tentativo di istituirlo. C’è chi ne parla con orrore e chi con speranza, ma non c’è dubbio che sia una immagine a suo modo storica. Xi Jinping, Modi e Putin uno di fianco all’altro, che sorridono in camera per la foto di rito.

Ma che ci facevano assieme i leader di 3 paesi molto diversi, accomunati dalla volontà di cambiare un mondo economico e politico dominato negli ultimi anni dagli Usa? E che si sono detti? Che è successo? Che hanno deciso?

Calma, calma, non vi agitate. Ora vi spiego tutto per filo e per segno. Nei giorni scorsi, a Tianjin, in Cina, c’è stato un vertice molto importante, che ha monopolizzato la stampa di mezzo mondo: il summit annuale dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, la SCO per gli amici. Se guardate ancora oggi la homepage di Global News, un quotidiano cinese in lingua inglese molto vicino al governo, non c’è un solo articolo su una trentina che non parli di questo. Per far capire come è stato sentito l’incontro, in Cina. 

Comunque, che cos’è la SCO? Da un lato è l’ennesima sigla, come i BRICS, o il G7, G8 per venire a paragoni occidentali. Insomma, è un’alleanza politico-economico-militare. In questo caso un’alleanza politico-economico-militare guidata da Cina, Russia e India, a cui partecipano diversi paesi dell’Asia centrale e mediorientale. 

Che ha un obiettivo molto esplicito: costruire – o forse sarebbe meglio dire: rafforzare – un ordine mondiale alternativo a quello dominato dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Una specie di club dell’Eurasia, dove si parla di commercio, sicurezza, infrastrutture, ma anche di visioni del mondo alternative.

Provo a raccontarvi come è andata prendendo spunto dall’ottima analisi di Gabriele Battaglia, nostro riferimento quando si parla di Cina, sul suo blog, che analizza il documento ufficiale pubblicato alla fine del summit, la “Dichiarazione di Tianjin”.

Il documento si muove su più livelli. C’è innanzitutto una componente sino-russa, che rimarca principi come la sovranità, l’integrità territoriale e la non ingerenza negli affari interni. Sono concetti che, almeno sulla carta, dovrebbero mettere Putin in difficoltà sul tema Ucraina. 

Eppure, come fa notare Battaglia, questi principi sono affiancati a un altro concetto che è “il rifiuto dell’uso della forza” o della “minaccia della forza”. Un passaggio che serve evidentemente a Putin a ribadire la sua narrativa sull’invasione dell’Ucraina: la guerra in Ucraina non è stata un’aggressione russa, ma una reazione al golpe di Maidan e all’espansione della NATO. È stato l’occidente a minacciare l’uso della forza, quindi è colpa sua. O almeno anche sua.

Da questo punto di vista è interessante esplorare un concetto centrale della dichiarazione, che ci aiuta a capire anche qual è la narrazione di questi paesi: il principio di “sicurezza indivisibile”. L’idea è che la sicurezza di una nazione non può essere separata dal contesto in cui si trova, ad esempio non può andare a scapito di quella di un’altra. 

Si potrebbe pensare all’esempio di Israele e Gaza, e in quel caso l’applicazione di questo concetto sarebbe sacrosanto. Ma, sebbene ci siano anche riferimenti impliciti a quel contesto, il motivo principale dietro la rilevanza che questo concetto ha assunto è l’espansione della NATO. 

Insomma, il principio dice che bisogna tener conto delle “legittime preoccupazioni” dei vicini, e quindi un paese, anche se libero e sovrano, non può scegliere ad esempio di aderire alla NATO se questo desta delle giustificate preoccupazioni in un paese vicino. Si tratta, come spiega Battaglia, di un principio che ha solide basi nella dottrina cinese, in particolare nella filosofia del Tianxia di Zhao Tingyang: la razionalità relazionale al posto di quella individualista occidentale, la minimizzazione dei danni reciproci invece della massimizzazione del proprio interesse.

Infine, c’è un passaggio dedicato, anche se non esplicitamente, all’India, che suona come una importante vittoria per Modi: ovvero la condanna del terrorismo in tutte le sue forme, compresi i movimenti transfrontalieri di terroristi. Anche qui, per capire il non scritto, basta farsi la domanda giusta. E la domanda giusta è: come mai, in un concetto molto astratto e ampiamente condiviso come quello del terrorismo, si specifica una situazione così particolare come “i movimenti transfrontalieri di terroristi”?

Piccola parentesi, ogni volta che in documento ufficiale leggete una roba del genere, un riferimento particolare a una situazione specifica, non giustificato, considerate che c’è sempre un motivo, c’è sempre un non detto. In questo caso il riferimento non scritto è al Kashmir, e all’attacco del 22 aprile scorso a Pahalgam, che poi ha portato a una breve escalation fra India e Pakistan. Modi sostanzialmente vuole avere un appoggio legale per attaccare il Pakistan se si verificano episodi come questo.

E questo e quanto, per quel che riguarda il documento. Poi ci sono un sacco di altri fatti, accordi, promesse collaterali, avvenute durante il vertice. 

Innanzitutto, sebbene India, Cina e Russia abbiamo preso tutti i riflettori, allo SCO hanno partecipato i rappresentanti di 10 Stati, tanti sono gli stati membri di questa alleanza, ovvero: Iran, Pakistan, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan, Uzbekistan e Belarus, oltre a rappresentanti di Laos, Maldive, Myanmar, Vietnam, Cambogia, Nepal e Malaysia. 

E poi c’erano ospiti diciamo non formali, osservatori, decine di capi di stato. In Europa si è discusso molto della presenta di Robert Fico  che ha preso parte a un pezzetto di summit facendo anche alcune dischiarazioni dichiarazioni in netto contrasto con le linee europee sull’energia e la cooperazione con la Russia.

Oltre a partner e osservatori internazionali. Ad esmepio ha partecipato il Segretario Generale dell’ONU António Guterres, il presidente della Banca asiatica per gli investimenti infrastrutturali e così via.

Dicevo che sono state anche prese delle decisioni e fatte delle promesse. Vi faccio un rapido elenco:

  • È prevista l’istituzione di centri specializzati per la lotta al terrorismo, alla criminalità transnazionale, alla sicurezza informatica e al contrasto della droga.
  • Approvata l’istituzione di una Banca di sviluppo SCO per sostenere infrastrutture e progetti comuni, almeno 100 progetti ha detto Xi Jin Ping, che poi è quello che ci metterà principalmente i solid, pare.
  • Xi ha anche proposto corridoi energetici rinnovabili verso l’Europa e il Sud-Est asiatico, contratti da firmare rigorosamente in yuan e investimenti massicci in energie pulite in regioni come Kazakistan e Uzbekistan, ampliando così l’influenza economica SCO.

Poi, due giorni dopo la chiusura del vertice SCO, il 3 settembre, c’è stato un ulteriore evento, non tecnicamente connesso con il vertice, ma con degli intrecci suggestivi. Pechino infatti ha ospitato una gigantesca parata militare che ha riempito di carri armati, droni e soldati in alta uniforme il viale Chang’an, nel cuore della capitale cinese. 

La data non è casuale: per la Cina è il “Giorno della vittoria nella guerra di resistenza contro il Giappone”, un anniversario che la Repubblica Popolare ha progressivamente caricato di significati patriottici, storici e strategici. 

Ufficialmente, la parata è stata una celebrazione della pace conquistata con il sacrificio e della volontà della Cina di contribuire a un mondo stabile e multipolare. Ma anche qui, sotto la patina ufficiale, si è giocata un’altra partita. 

Perché, già che c’erano, sono rimasti alcuni degli invitati del summit. In particolare era presente sul palco Vladimir Putin, e li ha raggiunti per l’occasione il dittatore nordcoreano Kim Jong-un – al suo primo viaggio internazionale dal 2019. 

Il che ha trasformato la parata in una potente dichiarazione simbolica, in un messaggio molto muscolare, verso l’esterno: l’asse eurasiatico non è solo una coalizione economica ma potenzialmente anche militare. 

Insomma la SCO prova a mettere in piedi un ordine multipolare alternativo a quello guidato dagli Stati Uniti. E riesce per il momento a tenere assieme paesi spesso ostili tra loro, ma accomunati dalla geografia eurasiatica e dalla voglia di contare di più nel mondo che verrà. Grazie anche ad una narrativa alternativa, in cui ai fatti si danno nomi e interpretazioni opposte a quelle occidentali.

Il che, intendiamoci, è normale. Non è che le narrazioni occidentali siano per forza migliori. Pensiamo ad esempio a tutta la propaganda bellicista che sta prendendo il sopravvento all’interno della classe politica europea. Sono semplicemente narrazioni, necessarie a descrivere una versione del mondo capace di tenere assieme gli interessi di chi aderisce a quelle narrazioni. 

Abbiamo parlato di India, e allora voglio dare voce, come abbiamo già fatto qualche volta di recente, a quello che succede ad Auroville. Con Marco Saroldi, italiano che vive ad Auroville, abbiamo deciso di dare voce alla crisi di Auroville, questa città utopistica fondata perché diventasse un simbolo della fratellanza umana universale, perché credo che dietro questa crisi si nascondano un sacco di elementi interessanti da osservare e capire. Non solo per capire Auroville, che comunque è una cosa interessante, ma per capire l’India contemporanea e gli esseri umani. 

Auroville è in crisi perché il sogno originario di una città universale e comunitaria si scontra con le pressioni del governo indiano. La Fondazione statale vuole sviluppare infrastrutture e grandi viali previsti dal piano originario, ma che distruggerebbero foreste e pratiche ecologiche costruite in decenni. Gli abitanti difendono un modello partecipato e sostenibile, mentre le autorità spingono per un controllo centralizzato. Ne nasce un conflitto che riflette le tensioni tra utopia e realtà, e tra comunità globale e Stato-nazione. Questa volta parliamo della proprietà del terreno di Auroville, che è un nodo fondamentale per spiegare quel che sta succedendo.

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