7 Set 2022

Il piano di Cingolani sul gas non è un granché – Io Non Mi Rassegno #577

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Il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha presentato il piano per risparmiare gas e dormire al caldo d’inverno, ed è un piano… ne parliamo dopo. Intanto il Guardian racconta la storia della prima città al mondo che ha proibito la pubblicità della carne, mentre una terribile crisi alimentare ha investito la Somalia e gli agricoltori Usa affrontano un grosso problema di parassiti.

IL PIANO PER IL GAS DI CINGOLANI NON È UN GRANCHÈ 

Avete paura di restare al freddo d’inverno per via della carenza di gas? Tranquilli abbiamo un piano. O meglio, ce l’ha Cingolani, il ministro della transizione ecologica e dopo un’attesa e un’aspettativa che nemmeno l’ultimo film della Marvel (come se ne avessi mai visto uno) l’ha presentato ieri – anche se in via ufficiosa e non ufficiale. Vediamolo insieme, poi commentiamo.

“Per ridurre i rischi connessi a una potenziale interruzione totale dei flussi dalla Russia durante il prossimo inverno – si legge nel piano – nonché rispondere alle richieste europee in termini di riduzione dei consumi per il periodo 2022-2023, è opportuno attuare sin da subito misure di contenimento dei consumi nazionali di gas“. 

L’obiettivo del piano è, spiega il governo, “mantenere transitoriamente adeguati standard di sicurezza e preservare le riserve disponibili, in attesa che siano pienamente operativi i nuovi canali di importazione di gas (compreso il Gnl – gas naturale liquefatto)”. Insomma, ridurre i consumi in attesa di importare nuovo gas e costruire dei rigassificatori.

E già qui ci sarebbe molto da dire. Perché io da un tizio che fa il Ministro della Transizione ecologica mi aspetterei una roba che si chiama: “Piano temporaneo in attesa di aumentare la produzione elettrica da rinnovabili e ridurre strutturalmente i consumi in modo da non dipendere più dal gas e dai combustibili fossili”. O qualcosa di simile. Invece qui si parla di un piano in attesa di importare nuovo gas. 

L’intera architettura del piano infatti si basa sull’ipotesi che costruiremo una serie di rigassificatori per ritrasformare in stato gassoso il gas importato in forma liquida dai paesi esteri (soprattutto africani) nelle enormi imbarcazioni gasiere.  Il primo rigassificatore galleggiante si punta ad installarlo a Piombino in modo che sia operativo entro i primi mesi del 2023, e il secondo entro il 2024. Se per caso queste due cose non avvengono, l’intero piano salta perché mancano le coperture.

Comunque, vediamo i vari punti del piano. 

  • Riscaldamento acceso per 15 giorni in meno (posticipando di 8 giorni la data di inizio e anticipando di 7 giorni la data di fine esercizio)  
  • riduzione anche di 1 ora per quanto riguarda la durata giornaliera di accensione”. 
  • riduzione della temperatura di un grado a “17°C +/- 2°C di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili; 19°C +/- 2°C di tolleranza per tutti gli altri edifici“. Quindi in realtà fino a 21 gradi. Sono fatte salve le utenze sensibili come ospedali, case di ricovero eccetera. 
  • I controlli saranno “a campione su edifici pubblici, grandi locali commerciali, punti a maggiore consumo”, per il resto si punta su “una responsabilizzazione dei conduttori degli impianti di riscaldamento centralizzato”.

Queste misure dovrebbero portare a un risparmio di circa 3,2 miliardi di Smc (standard metro cubo, l’unità di misura del gas). L’intero pacchetto di misure però parla di un risparmio complessivo di 8,3 miliardi di Smc. Da cosa arrivani i restanti 5 miliardi di risparmio? Da altre due linee di intervento: 

  • le misure comportamentali da promuovere attraverso campagne di sensibilizzazione degli utenti ai fini di un comportamento più virtuoso nei consumi” e…
  • la massimizzazione della produzione di energia elettrica da combustibili diversi dal gas (circa 2,1 miliardi di Smc di gas)

Le prime sono le cosiddette buone pratiche a costo zero: una serie di “consigli” alla cittadinanza promossi attraverso una campagna di comunicazione. Docce brevi e più fredde, abbassare il fuoco dopo l’ebollizione dell’acqua, l’utilizzo anche per il riscaldamento invernale delle pompe di calore elettriche usate per il condizionamento estivo, la riduzione del tempo di accensione del forno, l’utilizzo di lavastoviglie e lavatrice a pieno carico, il distacco della spina di alimentazione della lavatrice quando non in funzione, lo spegnimento o l’inserimento della funzione a basso consumo del frigorifero quando in vacanza, non lasciare in stand by tv, decoder, DVD, la riduzione delle ore di accensione delle lampadine.

Cose di questo tipo da cui, stima ENEA, potremmo avere un risparmio fino a 2,7 Smc. Azioni perlopiù di buon senso, a parte una postilla inquietante che dice: “potranno essere previsti investimenti anche piccoli da parte degli utenti, ad esempio per la sostituzione di elettrodomestici a più elevato consumo con quelli più efficienti, sostituzione di climatizzatori con quelli più efficienti”, che è una follia a livello di impatto ambientale. Sempre fra le cose che potranno eventualmente essere previste c’è l’unico accenno alle rinnovabili quando si parla di “installazione di nuove pompe di calore elettriche in sostituzione delle vecchie caldaie a gas, installazione di pannelli solari termici per produrre acqua calda”. 

Per quanto riguarda l’industria invece tutto resta da decidere e il governo si limita a ventilare altre misure di risparmio a carico dei “settori industriali, in particolare quelli energivori“, rimandando però la decisione a un confronto con confindustria. 

Ma il punto più inquietante è quello che riguarda la massimizzazione della produzione di energia elettrica da combustibili diversi dal gas. Che tradotto vuol dire spingere al massimo le centrali a carbone. C’è scritto papale papale che la “massimizzazione della produzione a carbone e olio delle centrali esistenti regolarmente in servizio contribuirebbe per il periodo 1° agosto 2022 – 31 marzo 2023 a una riduzione di circa 1,8 miliardi di Smc“.

Insomma, ricapitolando è un piano che prevede di ridurre il consumo di gas  anche mandando al massimo le centrali a carbone e che non approfitta minimamente di questo sforzo per progettare una volta per tutte una transizione verso le rinnovabili ma pianifica di tornare a consumarne “come prima, più di prima”. Evvai Cingolani, anche questa volta ci hai stupiti. 

LA PRIMA CITTA’ AL MONDO A BANDIRE LA PUBBLICITA’ DELLA CARNE

Scrive il Guardian che una città olandese diventerà la prima al mondo a bandire la pubblicità della carne dagli spazi pubblici nel tentativo di ridurre i consumi e le emissioni di gas serra. La città si chiama Haarlem, si trova a ovest di Amsterdam e ha una popolazione di circa 160.000 abitanti. Il divieto si applicherà a partire dal 2024 dopo che la carne è stata aggiunta a un elenco di prodotti ritenuti in grado di contribuire alla crisi climatica.

La pubblicità non sarà consentita sugli autobus, sulle pensiline e sugli schermi degli spazi pubblici di Haarlem. Ovviamente c’è stata una immediata levata di scudi da parte del settore della carne.

Ziggy Klazes, consigliere comunale del partito GroenLinks (Sinistra Verde), che ha redatto la mozione che vieta la pubblicità della carne, ha dichiarato: “Non ci occupiamo di ciò che le persone cucinano e arrostiscono nella loro cucina; se le persone vogliono continuare a mangiare carne, bene… Non possiamo dire alle persone che c’è una crisi climatica e incoraggiarle a comprare prodotti che sono parte della causa”.

Il divieto comunque non riguarda solo la carne, ma anche i voli per le vacanze, i combustibili fossili e le auto che vanno a combustibili fossili. Mi sembra che questa notizia sia interessante non tanto per l’impatto che questa misura può avere a livello globale, che è minimo, ma per il profondo significato culturale, che è quasi l’abbattimento di un tabù. In maniera scientifica e basata sui fatti, senza toni accusatori, un’amministrazione locale si prende la briga di dire ai propri cittadini l’impatto delle proprie abitudini alimentari. Mi sembra che apra una strada interessante.

Sempre a proposito di carne vi segnalo anche un articolo del Post che si chiama “Quanta carne può mangiare il mondo?” e che parla di come sia necessario ridurre drasticamente il consumo di carne, ma anche di come consumare un po’ di carne, in maniera equamente distribuita, possa comportare dei vantaggi (non tanto in termini di salute quanto di sostenibilità). È un tema complesso e abbastanza controverso, che qui vi accenno e basta rimandandovi all’articolo in questione sotto fonti e articoli (in fondo alla pagina), poi se vi va una volta ne parliamo con calma analizzando tutti i pro e i contro.

LA TERRIBILE CARESTIA IN SOMALIA

Tanti giornali dedicano un articolo alla drammatica situazione in Somalia, dopo che è arrivata la denuncia dalle Nazioni Unite che parla di una situazione al limite per il Paese del Corno d’Africa. 

In pratica Martin Griffiths, capo dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, è stato in Somalia per una serie di visite e ispezioni ed è rimasto così profondamente turbato dalla situazione da aver tenuto una conferenza stampa molto toccante. 

Griffiths ha descritto Baidoa come «L’epicentro della crisi umanitaria, dove i bambini sono così malnutriti da riuscire a malapena a parlar. A Banadir, non lontano da Mogadiscio, le équipe mediche stanno lottando per tenere il passo con l’aumento dei bambini emaciati che cercano cure. Nessuno dei bambini che ho visto al centro di stabilizzazione dell’ospedale di Banadir poteva sorridere. Pochissimi riuscirebbero a piangere. E come abbiamo scoperto quando siamo partiti, abbiamo avuto la fortuna di sentire un bambino piangere, e ci è stato detto che quando un bambino piange, c’è una possibilità di sopravvivenza. I bambini che non piangono sono quelli di cui dobbiamo preoccuparci».

Così, grazie a queste parole molto toccanti il mondo dei media si è accorto improvvisamente della tremenda crisi idrica e alimentare che sta affossando la Somalia. Una crisi dovuta alla

siccità che va avanti ormai dal 2011, fra alti e bassi, e sembra peggiorare: quasi otto milioni di persone ne soffre gli effetti, 213.000 abitanti sono alla fame. 

Oggi però, scrive Vatican News, si fanno i conti con una situazione nuova provocata dalla guerra in Ucraina, per due motivi: il paese sta soffrendo della mancanza di aiuti umanitari dirottati verso Kiev e inoltre prima del conflitto la Somalia acquistava almeno il 90% del suo grano dalla Russia e dall’Ucraina ma la guerra ha fatto impennare i prezzi e scarseggiare i generi alimentari. 

Una situazione a cui si aggiunge alla violenza dei gruppi estremisti, due giorni fa i jihadisti di Al Shabab hanno ucciso 25 persone in un attacco contro un convoglio che trasportava cibo e aiuti umanitari. Probabilmente, alla luce di tutto questo, mi viene da pensare che il messaggio di Griffiths sia dovuto non solo al trasporto emotivo ma anche alla volontà razionale di scatenare una reazione nelle persone e nei governi, simile all’effetto ucraina, quindi una corsa alla donazione. 

IL PROBLEMA DEI PARASSITI PER L’AGRICOLTURA USA

Sempre a proposito di cibo e agricoltura, oltre alla siccità c’è un altro grave problema che gli agricoltori devono affrontare. Ancora il Guardian illustra una nuova ricerca che mostra come i parassiti agricoli che divorano le principali colture alimentari stanno avanzando verso il nord negli Stati Uniti e si stanno diffondendo grazie il riscaldamento del clima.

Un esempio su tutti: il tarlo del mais, uno dei parassiti agricoli più comuni negli Stati Unit,iche oltre al mais devasta anche colture di cotone, soia e altri ortaggi, trascorre l’inverno sottoterra ma fin qui era sconosciuto a latitudini superiori ai 40 gradi (quindi tutta la metà superiore degli Usa). Ma la situazione sta cambiando con il riscaldamento dei terreni, che permette la diffusione del parassita in nuove aree.

Questo rapporto segue conferma la ricerca dell’Università di Washington del 2018, secondo cui un riscaldamento di 2°C aumenterebbe il numero e l’appetito degli insetti a livello globale, portandoli a distruggere il 50% in più di grano e il 30% in più di mais rispetto ad oggi. 

Ciò potrebbe comportare un aumento dell’uso di pesticidi e una riduzione dei raccolti. Anche qui, come spesso accade, vediamo come la crisi climatica porti a cascata una serie di crisi a grappolo che vanno a peggiorare ulteriormente la crisi stessa e i suoi effetti.

FONTI E ARTICOLI

#carne
The Guardian – Dutch city becomes world’s first to ban meat adverts in public
il Post – Quanta carne può mangiare il mondo?

#Somalia
GreenReport – La catastrofe ambientale e umanitaria della Somalia, dove sono fortunati i bambini che piangono https://greenreport.it/news/clima/la-catastrofe-ambientale-e-umanitaria-della-somalia-dove-sono-fortunati-i-bambini-che-piangono/
GreenMe – Nel silenzio piu assoluto, in Somalia si sta consumando la peggiore carestia di sempre

#parassiti
The Guardian – US farmers face plague of pests as global heating raises soil temperatures

#Russia
Internazionale – La Russia taglia il gas, per ora l’Europa non cede al panico
il Post – È vero che le sanzioni alla Russia non stanno funzionando?

#cannabis
GreenMe – Così la legalizzazione della cannabis riduce i profitti delle principali case farmaceutiche, la conferma in uno studio

#Gabon #foreste
Lifegate – Come proteggere le foreste africane: l’esempio positivo del Gabon

#vaccini
il Post – L’Agenzia italiana del farmaco ha autorizzato i due vaccini aggiornati contro omicron 1

#Israele
il Post – L’esercito israeliano ha ammesso per la prima volta che probabilmente fu un suo soldato a uccidere la giornalista Shireen Abu Akleh

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