Visione 2040 Energia

“Le energie fossili sono praticamente scomparse e oggi l’Italia si alimenta con il 100% di rinnovabili prodotte nel nostro paese. Abbiamo raggiunto la sovranità energetica grazie a una politica basata su tre parole chiave: Rinnovabili, Risparmio ed Efficienza energetica.”


Hanno contribuito: Cristiano Bottone – Transition Italia | Filippo Bozotti – Italia che Cambia | Fabio Roggiolani – Associazione GIGA | Alessandro Rossi – ANCI Emilia Romagna | Gianluca Ruggieri – È nostra | Francesco Tampellini e Pietro Passarella – Co-Energia Ha facilitato: Filippo Bozotti


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SITUAZIONE ATTUALE

Nel 1990 l’energia mondiale derivava per l’87% da fonti non rinnovabili. Dal 1990 ad oggi la richiesta globale energetica è aumentata del 40%, ma l’87% deriva sempre da fonti non rinnovabili, non abbiamo fatto nessun passo avanti in oltre 20 anni. Lo scenario attuale suggerisce che per il 2050, l’utilizzo delle energie aumenti del 25% rispetto a livelli attuali e con una popolazione di 9 miliardi di persone, useremo 2.5 volte le risorse rigenerate dal pianeta ogni anno. Nel 2050, in un mondo di 9 miliardi di persone, prendendo come riferimento il modello di vita “occidentale”, l’intensità delle emissioni dovrà essere 130 volte più bassa per ogni dollaro di investimento rispetto a ora. Per vivere in modo sostenibile, o il cittadino medio dei paesi sviluppati usa il 6% dell’energia attuale (come in Kenya) o ci sarà bisogno di essere alimentati al 100% da energie rinnovabili. Non possiamo abbandonare gli idrocarburi subito, ma organizzare un uscita entro il 2050. Altrimenti lo farà la natura per noi.

Dobbiamo dare un valore all’ambiente: esiste un grave problema legato al fatto che i prezzi di mercato non riflettono i costi delle esternalità negative sull’ambiente. Come con i subprime, abbiamo una bolla dell’industria del carbone, dove i prezzi delle azioni delle società petrolifere sono artificialmente alti a causa di sussidi e mancanza di regolazione, mancanza di tasse sul carbone, danno sociale e ambientale. Nel 2015 la benzina in Italia costa  Euro 1,5 al litro. Tale prezzo comprende il costo dell’estrazione, della raffinazione e della distribuzione del petrolio, oltre alle varie accise, ma non i cambiamenti climatici che ne derivano, la perdita di risorse non rinnovabili, i larghi sussidi dei governi all’industrie del petrolio, le spese militari per assicurarsene l’accesso, i costi sanitari dell’inquinamento e delle malattie.  Nel mondo, nel 2013, 1.900 miliardi di dollari (circa il 2,5% del Pil globale) sono stati spesi in sussidi pubblici a favore delle fonti fossili, contro i 120 miliardi di incentivi andati alle rinnovabili. Basterebbe cancellare tali incentivi per ottenere metà degli obiettivi di riduzione dei gas serra.

Il 50% delle emissioni globali arriva da Cina, USA e Unione Europea.  Se si aggiunge Russia, India, Giappone e Brasile siamo al 67%. I 39 stati sviluppati che hanno ratificato il protocollo di Kyoto nel 1997 (tra cui l’Italia), hanno diminuito le loro emissioni del 15% dal 1990 ad oggi. Nel resto del mondo, incluse India, Cina e USA, le emissioni sono aumentate di media del 77%. Un terzo della Co2 emessa dall’uomo è causato dalla deforestazione (soprattutto in Indonesia e in Brasile), per la produzione di olio di palma e carne, dal prosciugamento di paludi  e dall’agricoltura industriale. Un altro terzo delle emissioni è generato dal riscaldamento, dall’aria condizionata e dall’inefficienza degli impianti di illuminazione degli edifici edifici.

FONTI ESAURIBILI A CONFRONTO

Il petrolio è il combustibile del trasporto. Il petrolio fornisce il 37% dell’energia sulla Terra.  Al ritmo attuale il petrolio finirà entro 40 anni, nel 2050, tuttavia i costi di estrazione dello stesso sono già cresciuti notevolmente, in quanto le riserve di greggio tradizionali sono sempre più scarse. Solo il 13% del carburante che bruciamo è usato, l’87% è sprecato. Un quinto del petrolio è usato per la produzione di plastica (che è molto meglio che bruciarlo).  Il gas fornisce il 23% dell’energia sulla Terra, ed è usato per il riscaldamento e l’elettricità delle case, uffici e fabbriche. Il metano ha un effetto serra di 20 volte superiore alla Co2.  Il carbone fornisce il 27% dell’energia sulla Terra, è la forma d’energia più inquinante, causa smog, pioggia acida e un terzo di tutta l’anidride carbonica. L’Utilizzo del carbone sta aumentando velocemente e al ritmo attuale durerà altri 150-300 anni.  Ma per mantenere l’aumento  delle temperature sotto i 2 gradi centigradi, l’80% di tutti i giacimenti di carbone attuali dovranno rimanere sottoterra. Per fortuna, tutto il carbone, petrolio e gas presenti sulla Terra contengono l’energia che il nostro pianeta riceve dal sole in soli 30 giorni.

Il nucleare produce il 5% dell’energia totale mondiale, ma c’è solo abbastanza uranio nel mondo per 4 anni di energia nucleare se essa fosse l’unica energia usata.  La durata di una centrale è di 30-40 anni e ci vogliono almeno 10 anni e due miliardi di Euro per costruirla; ancora di più per di-assemblarla.  Non ci sono depositi a lungo termine di scorie radioattive al mondo; solo depositi temporanei.  Non è uno sostituito adeguato agli idrocarburi.

I biocarburanti sono altamente sovvenzionati  e spesso utilizzano più energia di quella che producono; l’unico beneficio attuale sono per i grandi agricoltori tramite sussidi. Le piantagioni che producono più energia come lo zucchero e l’olio di palma stanno distruggendo le foreste tropicali ed usano gigantesche quantità d’acqua, di fertilizzanti e pesticidi sintetici (fatti con il petrolio), aumentando la Co2 nell’atmosfera invece che diminuirla, aumentando l’erosione del suolo, l’inquinamento delle acque e la distruzione degli eco-sistemi. Per rendere i biocarburanti come l’olio di palma competitivi, il petrolio dovrebbe salire a $130/barile. Nel marzo 2016 si aggira attorno ai $40/barile.  In Italia per esempio, il governo acquista i raccolti per biocarburanti a 25 Euro per 100 kg, il doppio del loro valore sul mercato. Inoltre coltivare la terra per non produrre cibo ha molte ripercussioni etiche e sociali.

INEFFICIENZE E RESA ENERGETICA

La rete elettrica è il settore più antiquato e vulnerabile dell’energia.  Creata fra gli anni 30 e 50 era un sistema di emergenza temporaneo per trasportare l’elettricità. Il cliente paga una bolletta elettrica media, che non fa vedere quanto sprecano e quanto costano i picchi elettrici.  L’utilizzo energetico sta aumentando del 1.5%-2% all’anno, ma la richiesta nelle ore di picco sta aumentando del 5-7% all’anno.

Negli ultimi 30 anni l’utilizzo pro capite d’energia è aumentato del 60%. Ma L’EROEI, ovvero “energy returned on energy invested” si sta sempre di piu’ abbassando: un barile di petrolio negli anni 30 aveva un EROEI di 100:1, ovvero serviva un barile per produrre 100 barili.  Ma stiamo sostituendo le risorse facili da estrarre con quelle costose sia economicamente che energeticamente, negl’anni 70 infatti  l’EROEI del petrolio era gia’ calato a 30:1.  Oggi siamo globalmente attorno ai 15:1 ed è facile prevedere che entro questo decennio scenderemo sotto la soglia del 10:1.Praticamente tutte le fonti di energia rinnovabile hanno un  EROEI minore di 10:1. Lo stesso discorso vale per il carbone e il gas naturale.

Si stima che un EROEI di 5:1 sarebbe sufficiente, nel sistema attuale, esclusivamente a coltivare il cibo e trasportarlo in giro per il mondo. Dei 5 barili estratti, un barile verrebbe utilizzato per estrarre altra energia, un barile per raffinare tale energia, un barile per trasportare il cibo e due barili per la coltivazione (trattori, fertilizzanti, pesticidi, etc). Se volessimo un minimo di assistenza centralizzata alle famiglie, con che energia penseremmo di alimentarla? Ecco che un EROEI di 5:1 non è sufficiente, serve un EROEI di 7:1. E se volessimo anche un sistema di istruzione e sanità pubblica, di sicurezza, etc. Beh, allora ci serve una fonte energetica avente un EROEI superiore a 10:1, che è la soglia alla quale ci stiamo avvicinando.

I 5 settori chiave dei consumi e delle emissioni globali sono:

Questi sono i settori chiave su cui dobbiamo concentrarci in Italia.

LE RINNOVABILI CRESCONO MA MANCA UN PIANO D’AZIONE

Nel 2014, in Italia,  il 17% dell’energia consumata arriva da fonti rinnovabili (idroelettrica e  biomassa in primis, seguiti da geotermico, eolico, fotovoltaico, solare termico e pompe di calore).  L’impiego delle fonti rinnovabili nel 2014 rappresentano il 42%  del consumo di elettricità, in aumento del 20% all’anno. I consumi elettrici, pari a 5.083  kWh per abitante all’anno, sono inferiori alla media europea; inoltre l’Italia ha tagliato le emissioni del 20% dal 1990 al 2014, in linea con l’obbiettivo dell’UE di produrre 20% dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2020.

Nel 2014 però, il mix energetico italiano è dipendente dall’estero per più dell’80% e spendiamo ancora 55 Miliardi di euro all’anno per acquistare gas e petrolio dall’estero (3.5% del pil). La ”bolletta energetica” pagata da famiglie e imprese in Italia è la piu’ alta in europa, oltre il 90% delle case sono in classe G e lo spreco energetico abitativo  e’ pari a 110 miliardi di euro (7% del pil).  La presenza di molti nuclei familiari piccoli (negl’ultimi 15 anni i nuclei familiari sono aumentati del 50%) contribuisce ad aumentare l’utilizzo energetico. I sussidi alle centrali da fonti fossili, esenzioni per le imprese energetiche e sussidi alle trivellazioni in Italia sono stimate a 7,5 miliardi di euro.  Nel 2015 in Italia l’Earth Overshoot Day, cioe’ il giorno in cui usiamo tutte le risorse rinnovabili che dovremmo usare in una anno, e’ stato il giorno di Pasqua (5 Aprile), stiamo usando 4 volte troppe risorse energetiche di quello che ci possiamo permettere.

Il problema dell’energia in Italia non è un problema di soldi né un problema di tecnologia, bensì un problema politico e sociale; è un problema di mancanza di cultura ecologista, a partire dalle scuole, di mancanza di ricerca su energie rinnovabili e efficienza, di mancanza di un quadro generale, assenza di qualità del processo, mancanza di alleanze fra imprenditori, di un piano sul risparmio energetico (l’impianto legislativo è sfavorevole ad una transizione energetica) e carenza di strumenti operativi. Mancanza insomma del diritto per i cittadini alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica.

Stiamo rispondendo ancora alle dinamiche attuali con idee vecchie e con la vecchia logica dei buoni e dei cattivi. Il rischio dei cittadini e dell’amministrazione pubblica è di fare “buone pratiche” senza creare un nuovo modello energetico (es. cambiare tutte le macchine a combustibile fossili con lo stesso numero di macchine elettriche, senza diminuire il numero di macchine sulla strada). Siamo imprigionati da un sistema energetico antiquato e dannoso. Il rischio è che decideremo d’agire soltanto quando sarà accettato che i rischi di non fare niente sono più grandi dei rischi di fare qualcosa, quando il punto di vista dominante diventerà che il cambiamento climatico minaccia la vita delle civiltà e genera il collasso globale dell’economia.


VISIONE 2040

Entro metà secolo sarà necessario avere rielaborato i fondamentali del nostro sistema energetico in modo da consentire alla popolazione globale una vita dignitosa che non potrà più dipendere dai combustibili fossili. Entro il 2020 L’Unione Europea vuole diminuire le emissioni del 20% rispetto ai livelli del 1990, aumentare l’efficienza energetica del 20%, e produrre 20% dell’energia da fonti rinnovabili, promuovere ricerca su nuove tecnologie e metodi di produzione verdi, e aiutare i consumatori a fare scelte informate. Questi sono tutti passi nella direzione giusta, ma se l’obiettivo è di tenere i livelli di riscaldamento climatico sotto i 2 gradi centigradi in più rispetto ai livelli pre-industriali, misure più aggressive devono essere introdotte. Una transizione energetica sarà disruttiva per alcune parti dell’economia, ma sarà raggiungibile a dei costi accettabili.

L’obiettivo di questa transizione sarà la sovranità energetica: non possiamo più importare energia dall’estero.  Le tre parole chiave saranno Rinnovabili, Risparmio ed Efficienza energetica. Entro il 2040 dobbiamo produrre 100% energia rinnovabile e made-in-italy, usare 50% meno energia di oggi ed abbattere le emissioni del 90%. La generazione dell’energia rinnovabile in Italia avverrà a tutti i livelli: da giganteschi parchi eolici off-shore a progetti d’energia rinnovabili comunali, a micro generatori come panelli sul tetto. Trasformare l’Italia in una società a zero emissioni non deve essere visto come un costo ma come un investimento che risparmia energia e porta buon ritorni a lungo termine. L’utilizzo principale degli idrocarburi nei prossimi anni dovrà essere fornire energia quando la richiesta d’energia supera quella prodotta dai rinnovabili.

Entro il 2040 l’Italia deve installare 400 gigawatts di energia rinnovabile.  Un economia post carbone non sarà alimentata da una sola fonte energetica, ma da un mix di diverse tecnologie; tenendo aperte tante strade: il 25% dell’energia può essere prodotta dall’eolico su mare e terra, il 25% da fotovoltaico e solare termico, il 15% dal idroelettrico già esistente, il 10% da geotermico (terra e acqua), il 10% da biomassa e cogenerazione, e il resto da biocarburanti, onde e maree.

Questa transizione energetica costerà 500 miliardi di euro in 20 anni, 25 miliardi all’anno, l’1.5% del pil. Fornirebbe centinaia di migliaia di posti lavoro e potrebbe anche portare ricavi esportando energia.

MIGLIORARE L’EFFICIENZA

Migliorare l’efficienza è il modo più veloce ed economico per ridurre l’energia utilizzata del 50% entro il 2040: bisognerà rinnovare i 20 milioni di edifici esistenti per renderli più efficienti, bisognerà progettare nuovi immobili a zero emissioni, introducendo i certificati LEED (leadership in energy and environmental design) per l’edilizia. L’obiettivo dovrebbe essere tagliare le perdite di calore di due terzi d’inverno e ridurre l’aria condizionata per metà in estate.

Occorre diminuire i trasporti del 50% e rimpiazzare le macchine a combustione con macchine elettriche o plug-in ibride leggere, installando 130.000 colonnine elettriche private per i mezzi elettrici e 15 mila colonnine pubbliche super chargers ogni 50 km di autostrada (vedi Mobilità che Cambia).

Produrre energia da rifiuti, catturando il metano a livello locale è un ottimo metodo per migliorare l’efficienza. La tecnologia per catturare il metano esiste e funziona: stanze di cemento ermetiche con sistema di raccolta di metano e batteri anaerobici per accelerare la produzione.

Le utility elettriche hanno adottato il brutto vizio di buttare tutto il calore prodotto nell’atmosfera ed hanno un efficienza del solo 30%, ma le centrali di cogenerazione ne convertono il doppio. Possiamo tagliare le emissioni di co2 del 20% installando centrali di cogenerazione che farebbero risparmiare anche miliardi di euro. Utilizzare il carburante due volte, sia per produrre elettricità sia per energia termica offre la più grande opportunità di risparmio ed efficienza energetica.  Esistono anche mini sistemi di cogenerazione per riscaldare e rinfrescare edifici individuali che producono elettricità per la rete e sono 90% efficienti.  Entro il 2040, il 90%  del riscaldamento in Italia può essere prodotto tramite la cogenerazione. La Finlandia per esempio, riceve il 92% del suo riscaldamento dalla cogenerazione, generando elettricità in eccesso dei suoi fabbisogni.

Il paradosso di Jevons spiega pero’ come i miglioramenti tecnologici che aumentano l’efficienza di una risorsa possono fare aumentare, anziché diminuire, il consumo di quella risorsa; per questo, insieme ad un aumento della efficienza energetica è importante puntare anche ai cambiamenti degli stili di vita pensando al benessere di tutti ed una equa ripartizione delle risorse.

100% RINNOVABILI E’ GIA’ POSSIBILE

Tutte le tecnologie per raggiungere l’obiettivo di 100% energia rinnovabile made-in-italy entro il 2040 già esistono. L’eolico potrebbe fornire cinque volte l’energia del mondo, invece produce solo 1% dell’elettricità mondiale.  Esistono buone pratiche in Europa: la Danimarca produce il 21% della sua energia dall’eolico.  Una turbina da 1 megawatt, alta da 22 piani, costa 1.5 milioni di Euro, genera elettricità per 500 case, e ripaga l’investimento in 6 anni.

L’Italia produce 3.200 megawatts di eolico, pari all’1% dell’elettricità Italiana, l’obiettivo dovrebbe essere almeno 100.000 megawatts (100 gigawatts).  La Sardegna, Sicilia, sud Italia, Liguria e Toscana possono avere eolico su mare. L’eolico su terra può essere installato sugli Appennini e le Alpi.

Il fotovoltaico fornisce meno del 1% di tutta l’energia globale. Un ettaro di fotovoltaico fornisce elettricità per mille case. Se il fotovoltaico (per elettricità) e solare termico (per acqua calda) continuano ad aumentare del 50-100% all’anno, l’obiettivo del 25% di energia dal fotovoltaico e solare termico sarà raggiunto entro il 2040.  L’Italia è al secondo posto al mondo nel fotovoltaico, con il 18% del fotovoltaico mondiale, grazie agli ex-incentivi più alti d’Europa, che però ormai sono stati cancellati dalle recenti amministrazioni, ma non si è lavorato alla produzione dell’industria che dovrebbe produrre i pannelli, che oggi siamo costretti ad importare, pur avendo tutta la potenzialità per una loro produzione made-in-italy.  Il costo per installare il fotovoltaico è di 2.300 Euro per abitante, 138 miliardi di euro per 60 milioni di abitanti. Poco più due anni di spese delle energie importante.

Il geotermico potrebbe fornire tutto il riscaldamento, condizionamento e acqua calda delle case, è presente dappertutto e non ha intermittenze, funziona 24 ore al giorno. La temperatura 4-5 metri sotto terra è sempre la stessa, circa 15 gradi: sistemi di scambio diretti che vanno fino a 100 metri sotto terra, spostano il calore direttamente fra il terreno e la casa, rinfrescandole d’estate e riscaldandole d’inverno.  Anche qui ci sono esempi virtuosi in Europa: l’Islanda riscalda tutte le case e le serre con il geotermico.

La biomassa non alimentare come la colza, il sorgo o rifiuti municipali, agricoli, industriali o organici sono utili per produrre elettricità, energia termica e carburante liquido per il trasporto (aereo e mezzi pesanti) e per produrre bio-materiali (come i sacchetti biodegradabili).  La produzione di biomassa deve usare piante non commestibili e che usano poca acqua; la fertilità del terreno deve essere mantenuta.  La produzione e il trasporto della biomassa deve essere locale e sostenibile.

Il problema principale dell’eolico e il fotovoltaico è come immagazzinare l’energia prodotta.  La rete elettrica attuale è vecchia e inefficiente. Le fonti di energia rinnovabili ad intermittenza come solare e eolico hanno bisogno di uno smart grid: una rete intelligente e micro-reti per trasportare l’energia localmente, con comunicazione doppia in rete non solo per scaricare energia ma anche per aggiungerla alla rete. Inoltre, il 98% delle trasmissioni di elettricità sono AC (corrente alternata), ma la DC (corrente diretta) è meglio per l’elettricità prodotta da solare e eolico in posti remoti. Invece di piloni elettrici che coprono tutto il Paese, lo smart grid potrebbe essere seppellito in trincee sottoterra; in queste trincee potremmo anche installare nuovi collegamenti di fibre ottiche per broadband. La grande rete dovrà essere rimpiazzata da tante reti locali, connesse tramite internet a contatori nelle case per rendere il controllo d’energia immediato e efficiente; i consumatori potranno decidere in anticipo quanta energia usare e quanto vogliono spendere ogni mese, facendo scelte di che elettrodomestici usare. Le bollette saranno più chiare e leggibili, di modo che il cittadino possa scegliere il fornitore di elettricità che offra le migliori condizioni.  Sarebbe un enorme risparmio di sprechi e un enorme risparmio economico per tutte le famiglie.  La tecnologia aiuta la democrazia energetica,  grazie a smart grid sulla rete elettrica il singolo consumatore aumenta il suo potere: può scegliere, produrre, scambiare energia in rete e quindi “votare” il tipo di energia da cui approvvigionarsi.

INVESTIMENTI NECESSARI

Gli investimenti per trasformare la rete elettrica italiana in una rete intelligente ammontano a circa 6 miliardi di euro all’anno per 5 anni. La modernizzazione della rete elettrica avrebbe quattro volte i benefici rispetto ai costi. Dovremmo installare contatori intelligenti  negli edifici pubblici per dare il buon esempio; spostare i metodi di accumulo d’energia agli utenti finali, dove i consumatori potranno avere sia i mezzi per generare energia che il sistema per accumularla in batterie tramite lo stoccaggio condiviso, ed utilizzarla durante i picchi. L’indipendenza energetica del territorio non vuol dire tagliarsi fuori dalla rete completamente, ma creare un  “sistema alveare” basato sulla cooperazione e l’efficienza: un modello di produzione e consumo distribuito, formato da tante piccole comunità semi indipendenti dalla rete (in primis i condomini).

La transizione ad un’economia “low carbon” ha bisogno di investimenti che stimolano l’occupazione nel breve periodo, che forniscono sicurezza energetica e innovazione tecnologica nel medio periodo e sostenibilità nel lungo periodo. Se le autorità pubbliche includessero forti considerazioni ambientali tra i loro criteri di scelta delle gare d’appalto ciò contribuirebbe enormemente a fornire un mercato di sbocco per le imprese di prodotti e servizi più verdi.

Per finanziare la transizione energetica, bisogna annullare gli incentivi alla produzione d’energia inquinante (carbone e inceneritori), che ci farebbe risparmiare 7.5 miliardi di euro all’anno, e come nei paesi Scandinavi, dare un valore all’eco-sistema, creando un piano per inserire i costi delle esternalità negative , introducendo una Carbon Tax con un riequilibrio sociale ad ampia scala, di 30 euro per tonnellata di co2 prodotta.Un investimento di 25 miliardi di euro all’anno nel settore energetico creerebbe mezzo milione di posti di lavoro nuovi, ed entro 10 anni, la riconversione energetica per un’economia low-carbon, non sarà  affatto un costo ma un risparmio di 55 Miliardi di euro all’anno per acquistare gas e petrolio dall’estero.

UN CAMBIAMENTO PIU’ AMPIO

Ma la transizione energetica non è solo una questione di Rinnovabili, Risparmio ed Efficienza.  La comunità e l’individuo devono essere presenti e partecipi alla riconversione, le  decisioni devono essere prese sia dall’alto che dal basso, contaminando sia i cittadini che gli amministratori regionali, per creare più resilienza e collaborazione a livello locale.  Bisogna ristudiare il processo del sistema:  ragionando con ottica sistematica e individuando parametri e indicatori a livello territoriale, non solo a livello tecnico ma anche a livello sociale e ambientale.  Serviranno nuove leggi che rendono la transizione possibile per tutti.  Enel Spa deve tornare ad essere un bene comune: ne privato, ne pubblico, ma della comunità: deve diventare una no-profit utility (che non distribuisce dividendi), dove i profitti sono ri-investiti per migliorare servizi, con un sistema di governance diverso che tratti l’energia come bene comune.

Per arrivare ad una sovranità energetica in Italia occorrerà ri-organizzare l’abitare, il lavoro, la produzione, gli acquisti e gli svaghi per massimizzare l’efficienza energetica, creando una società con più integrazione e un EROEI più basso.  Gli edifici dovranno essere indipendenti e autoproduttori,  dovremmo rimpiazzare le plastiche con bio-plastiche e abolire i pesticidi e concimi chimici.  La mobilità sarà elettrica, e mangiando locale, ammalandosi meno, comprando prodotti più duraturi, eliminando i rifiuti, e revisionando il modello agricolo con meno carne, possiamo abbassare il consumo energetico del 50%.  Servirà più condivisione, con nuclei familiari più grossi, e più interazione energetica: non serve sempre massimizzare l’efficienza energetica, ma trovare il giusto equilibrio. E’ fondamentale sviluppare un avvicinamento e consapevolezza delle persone con l’energia locale, con impatti visivi della riconversione energetica sul territorio.  Avremo bisogno di un’intelligenza energetica collettiva e creativa e un percorso comune che possa incidere a livello legislativo ma parallelamente porti ad una preparazione della comunità.

CONCLUSIONI

Questo piano energetico avrà forti ricadute positive in termine di occupazione, in settori operai e di servizi, impegnati in attività che contribuiscono a preservare o migliorare la sostenibilità del sistema energetico e la qualità dell’ambiente.  Una riconversione del sistema energetico necessita di ingegneri, ricercatori, elettricisti, idraulici, muratori, artigiani, vetrai, falegnami, fabbri, contadini, macchinisti ed operai per costruire edifici ad alta efficienza, assemblare panelli solari, per la ricerca di nuovi materiali isolanti, guida di mezzi di trasporto su rotaia, e tanti, tanti altri lavori.

Fino a che i cervelli non si allineano con la realtà attuale del sistema energetico non vedremo azioni davvero significative e nella scala in cui servono.  Il modo in cui prendiamo le decisioni condiziona moltissimo il tipo di decisioni che è possibile prendere; occorre un’ intensa azione culturale per ricollegare l’immaginario collettivo alle reali dinamiche energetiche, ai rischi, alle opportunità  e a nuove metodologie democratiche che questa epoca presenta.

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BIBLIOGRAFIA
SITOGRAFIA
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