8 Nov 2019

La Cantadina: “Racconto storie vere e semino possibilità”

Dopo trent'anni di vita contadina Simona Ugolotti è tornata a vivere nella sua città, Genova, e qui canta e racconta il mondo rurale ma non solo, denunciando anche le criticità legate al sistema di produzione alimentare di oggi. Artista di strada, cantautrice ed illustratrice, la Cantadina nei suoi spettacoli e su un blog osa, sperimenta e incanta.

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Simona Ugolotti – alias la Cantadina – dopo più di trent’anni di esperienza contadina sull’appennino ligure è tornata nella sua città, Genova, dove attraverso dipinti, canzoni e spettacoli teatrali racconta l’esperienza della campagna e non solo.

La vita contadina, per Simona, è stata una scelta. Nata a Genova, ha fin da bambina frequentato un asilo autogestito, con conigli e galline, che le ha dato l’opportunità di sentirsi più libera, autonoma, con un po’ di paure in meno. Conclusi gli studi come perito chimico industriale, non vedendo nella città la possibilità di un futuro, ha deciso di acquistare una casa in montagna.

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Simona Ugolotti, alias La Cantadina

«Oggi la società è organizzata in maniera per cui i vecchi non servono», ci ha raccontato. In montagna è diverso: Simona, arrivata, ha appreso da loro il nome degli alberi, ma anche il nome delle persone che li hanno innestati. Incontrarsi, fare insieme, nella forte solitudine della montagna, è importante. Consente di dare valore a cose elementari, che hanno tuttavia un’importanza enorme.

«Spesso sottovalutiamo di vivere con disattenzione, ma fare insieme è esistere, ed esistere una cosa molto forte. La montagna insegna anche questo».

Per quanto isolata, apparentemente fuori dal mondo, Simona ha avuto modo di assistere e partecipare ad alcune vicende politiche rilevanti. A fine degli anni ‘80 la vendita della centrale del latte – e ciò che questo ha comportato per i contadini della zona. Nel 1998, invece, in concomitanza con la direttiva europea che proibiva lo scambio dei semi, la casa di Simona e dei suoi vicini ha visto l’arrivo di Massimo Angelini, che si è prodigato nello spiegare ai contadini perché tale direttiva li coinvolgesse. Si sono così formati dei gruppi informali dediti a praticare coloriti atti di disobbedienza civile, come lo scambio dei semi in piazza. Tali gruppi informali sono poi diventati un’associazione nazionale: la Rete Semi Rurali – dopo un lungo lavoro – in Italia è possibile scambiare semi in modiche quantità.

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Il ritorno in città è stato doloroso e bello. Simona ha sempre cantato – forte dell’esperienza del padre, che faceva teatro dialettale. Giunta in città, dunque, ha ripreso in mano la sua parte artistica – coniugandola ai trent’anni di esperienza in montagna.

La Cantadina, attraverso spettacoli come Semiseri, spiega ai contadini e non, quali sono le trappole degli incentivi statali, denuncia lo sfruttamento di coloro che sono al servizio dell’industria e della produzione alimentare. «Sembra che il cibo di qualità possa arrivare solo ai ricchi, ma i mercati contadini consentono di trovare prodotti di ottima qualità a prezzi accessibili». Prodotti che – anche grazie ai Gruppi di Acquisto Solidale è possibile trovare perfino in città.

«Io adatto sempre i miei spettacoli agli spettatori. Semino alla grande, semino possibilità. E non sono bucolica, non sto a raccontare delle balle. Racconto anche dei problemi in campagna. Alla fine dello spettacolo chiedo sempre agli spettatori se secondo loro è utile riproporre quello che ho fatto – o se devo cambiare, perché magari quello di cui parlo è inutile e lo si è già capito. Finora mi è stato detto che è ancora utile, e questo un po’ mi dispiace».

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C’è poi una galleria d’arte on the road, la galleria Cantadina Carta Canta, che vede passare tante persone: dal barbone al ricco, dal tossico alla vecchia e pure molti architetti – dato che Simona disegna anche gli ecomostri. «Mi raccontano e mi chiedono. Ci parliamo e ci nutriamo a vicenda. Cantiamo e viviamo la città, mentre i negozi chiudono. Qui disegno asini che volano – il mio asino si chiamava Pegaso – galline e pollai, ma pollai con le misure giuste che stanno in piedi. E poi disegno Genova». E infatti, lo Stradario Genovese, recentemente pubblicato da Pentàgora,  è stato illustrato proprio dalla Cantadina.

L’ultimo spettacolo di Simona – che proviene dal canto politico – si chiama “Per non perdere le staffette” e racconta la vita delle partigiane. Senza focalizzarsi sulla cronaca delle violenze da loro subite – che potrebbe mettere in secondo piano la storia di cui sono portatrici – Simona mette in luce gli aneddoti della loro vita e gli strumenti che hanno fornito per organizzare azioni politiche, assemblee e tanto altro. Le generazioni vanno collegate nelle cose importanti, pertanto, come in una comunione, gli spettatori sono chiamati a pescare dentro ad un vaso il nome di una partigiana, della cui memoria dovranno essere custodi.

«Credo che ci sia un forte condizionamento che non ci consente di vedere la grande forza che abbiamo. Un altro mondo c’è, e ha delle basi inespugnabili perché i poveri sono la maggioranza», dice Simona. «L’artista è importante, e va difeso come il contadino, perché è una chiave del futuro. L’artista non vende dei colori belli da guardare – ma raccoglie le esperienze, le idee, e propone un altro modo di pensare. Osa, sperimenta – e quando osa e sperimenta, l’umanità ha più possibilità di andare avanti».

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