2 Mag 2022

Federico Traversa racconta a I(n)spira-Azioni i suoi anni con Don Gallo, “l’uomo che salvava i ragazzi” – #4

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

Continua il viaggio condotto da Daniel e Darinka per conoscere persone che fanno del cambiamento personale la propria regola di vita. Federico Traversa è una di queste. Da un quartiere industriale di Genova è riuscito a prendere il volo e diventare uno scrittore. Nel corso della puntata ci parla del suo ultimo libro dedicato a Don Andrea Gallo, con cui ha condiviso sette anni della sua vita.

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Genova - La quarta puntata del podcast di Daniel Tarozzi e Darinka Montico I(n)spira-Azioni ci permette di conoscere un altro cantore del cambiamento, Federico Traversa. Un cercatore – come ama definirsi – ma anche scrittore di numerosi libri che hanno tanto da raccontare e da ispirare. Nato e cresciuto in un quartiere industriale di Genova, ha sempre trovato nel mare una valvola di sfogo: di notte si ritrovava spesso sulla spiaggia ad accordare il cuore con il rumore delle onde.

Cresciuto tra nichilismo cosmico e la possibilità di un futuro in fabbrica, Federico ha sempre amato la poesia e la scrittura ed è riuscito a realizzare il suo sogno, mentre tutti lo deridevano quando diceva di voler fare lo scrittore. «Una concatenazione di cause fortunate perché gente molto più brava di me non sempre riesce. Tutti dovrebbero avere una possibilità vera. Quando ho iniziato a girare con Don Gallo avevo paura a parlare in pubblico. Con la mente ritornavo a tutti i lavori fatti – commesso in nero, lavavetri all’Italsider – così passava il terrore di sbagliare un congiuntivo, realizzando quanto volevo dopo anni di lotte», racconta Federico.

L’incontro con Don Andrea Gallo è stato determinante. «Non era per me un prete – io non sono neanche battezzato – ma una persona incredibile che aiutava i tossicodipendenti e nella mia realtà c’erano tanti ragazzi con questo problema, mio fratello compreso. Negli anni ‘80 avere un tossicodipendente in casa era davvero complicato, non sapevi cosa fare, non si conosceva la pedagogia per stargli vicino. Chi diceva di cacciarlo di casa, chi di riempirlo di botte, chi di dargli amore. Non esisteva una ricetta unica per tutti. Eri solo disperato. Don Gallo era una luce nell’ombra. Poi è arrivato il G8 a Genova, è diventato un personaggio pubblico schierandosi contro la globalizzazione, ma per me è rimasto sempre l’uomo che salvava i ragazzi».

Federico racconta del suo ultimo libro Su la Testa! – I miei anni con Don Andrea Gallo. Sette anni trascorsi a fianco di Don Andrea con cui ha sviluppato un rapporto profondo e speciale. Un viaggio tra le notti passate in ufficio, pranzi in compagnia, viaggi in macchina parlando di tutto. La sua università era la strada, i suoi insegnanti erano prostitute, senzatetto, tossicodipendenti, tutte quelle vite costantemente sull’orlo di un baratro.

Don Gallo possedeva un fuoco divino che bruciava dentro e lo portava a sporcarsi le mani, a sbattersi per gli altri, con una grande spinta all’empatia, all’altruismo, ma anche con una grande capacità di smitizzare le cose. Un’ironia salvifica che gli permetteva di ridere di sé stesso e delle disgrazie del mondo per combatterle e superarle. La Comunità di San Benedetto al Porto di Genova che aveva fondato era un rifugio per tutte le persone in difficoltà. Buddisti – il suo assistente seguiva Thich Nhat Hanh –, musulmani, un crogiolo di energie diverse. Non parlava mai di Dio, non faceva mai una predica, era pura spiritualità alla ricerca di un suo miglioramento.

Don Gallo aveva posizioni non facili. Negli anni ’70 venne allontanato dalla chiesa del Carmine a Genova perché durante le sue omelie toccava temi sociali, chiedeva la legalizzazione di droghe leggere, si scagliava contro papa Wojtyla e in seguito anche contro Ratzinger, era contrario al celibato per i preti. Riconosceva nella chiesa la casa del messaggio cristiano primitivo ormai completamente alterato e privato del significato più profondo. «Don Gallo mi ha insegnato il dono dell’ascolto e dell’empatia, era una grande anima, riusciva a non personalizzare le cose, a non prenderle come un fatto personale, a denunciare le cose che non funzionavano senza accanimento».

Su la Testa!
I miei anni con Don Andrea Gallo – Prefazione di don Luigi Ciotti
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Federico, insieme a Don Andrea, ha incontrato anche molte persone note al grande pubblico, da Sgarbi a Manu Chao, Don Ciotti, Zanotelli, David Lynch, Roy Paci. «Manu Chao è la persona che mi ha più toccato per la bellezza, la semplicità e la complessità estrema. Ci siamo rivisti l’estate scorsa per i vent’anni del G8, il modo con cui mi ha guardato mi ha stupito. Sentivi proprio che gli importava qualcosa. Pesa molto le parole. Potrebbe fare la vita da rockstar milionaria, eppure vive in viaggio per conoscere e conoscersi».

Anche Sgarbi lo ha sorpreso molto: «In tv sembra un pazzo scatenato, io lo ricordo simpaticamente. Fu gentile e commosso nei confronti di Don Gallo, mi disse: “Sarebbe bello essere come lui, ma io non ce la faccio”. Don Ciotti invece mi ha fatto il grande onore di scrivere la prefazione del libro. Fu determinante durante i funerali di Don Andrea, seppe calmare una piazza di 15.000 persone inorridita dalle parole del cardinale Bagnasco che, durante la celebrazione della funzione, disse che la chiesa aveva sempre accolto Don Gallo». 

Don Gallo

Cristo, Che Guevara, teologia della liberazione: Don Andrea si è lasciato ispirare soprattutto dalle esperienze vissute in prima persona. Visse per parecchio tempo in Brasile, era molto attento alla situazione cubana, parlava della resistenza indio-afro popolare, è diventato un esempio per il mondo pacifista, ambientalista e non violento. Più che alle ideologie Don Gallo era legato alle idee e alla voglia di un mondo più equo e civile. 

Come si sarebbe comportato Don Gallo negli ultimi due anni, tra pandemia e guerra? È questa una delle domande che si pongono Darinka e Daniel. Secondo Federico sarebbe stato d’accordo con Gino Strada sul fatto che la guerra è sempre sbagliata anche perché a perdere la vita sono sempre i civili. Anche in merito alla pandemia avrebbe condiviso l’idea di Gino sulla distribuzione di una dose di vaccino a tutta la popolazione del mondo. 

La sua università era la strada, i suoi insegnanti erano prostitute, senzatetto, tossicodipendenti

«Ci vuole tempo per trovare una sintesi in questo mondo così complicato in cui si alternano tante meraviglie, ma anche tanto buio. Ci vuole tempo per insegnare nuovi sogni soprattutto alle giovani generazioni che guardano ai soldi, al capitalismo e al consumismo come vera felicità, credendo di avere desideri che in realtà non gli appartengono. Io trovo tanto giovamento dalla meditazione, dalla natura e dal mare. L’alienazione di cui tutti soffriamo deriva dal vivere in contesti che non avrebbero nulla a che vedere con noi. L’immensità del verde e dell’oceano mi permettono di entrare in comunione con il tutto e riesco ad accettare con maggiore serenità la mia permanenza».

In questa fase della vita Federico sta imparando a fare il contadino: «Non ho nessuna velleità artistica da esplorare, se arriverà una bella storia la condividerò, adesso ho voglia di usare le mani perché non l’ho mai fatto ed è un peccato. E poi fare il papà vi assicuro che è un bel lavoro. Non sempre è facile riuscire a rispondere alle domande di mio figlio adesso destabilizzato dalla guerra. Ci vuole tempo per rispondere bene. Solo attraverso un cambiamento individuale si può sperare in un cambiamento collettivo» conclude.

Segui I(n)spira-Azioni su youtubefacebookspreaker o spotify. Il prossimo appuntamento è per mercoledì 4 alle ore 19 con Eliseo Soardi.

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