13 Mag 2022

Una Mappatura Collettiva per trasformare i luoghi abbandonati della città in beni comuni

Scritto da: Maria Desiderio

A Padova la cittadinanza si è attivata dal basso e, con il coordinamento della Rete Beni Comuni, ha lanciato una mappatura collettiva di tutti quegli spazi vuoti e abbandonati che potrebbero essere delle risorse vitali per la collettività ma che ora versano in uno stato di inutilizzo o di abbandono.

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Padova, Veneto - La Rete Beni Comuni Padova, ha da poco lanciato la Mappatura Collettiva dei luoghi abbandonati. Di cosa si tratta? Il progetto consiste nel dare la possibilità a tutti gli abitanti del territorio di poter segnalare i luoghi in disuso o abbandonati, sia pubblici che privati, della città attraverso una mappatura on line.

Iniziative di questo tipo non sono mancate negli ultimi anni, portate avanti principalmente in ambito universitario, ma la sostanziale differenza è che in questo caso il metodo e i dati raccolti rimarranno fruibili e aperti alla collettività. Attivare un percorso di ricerca e analisi dal basso: è questo lo scopo della Mappatura Collettiva, nata dall’urgenza condivisa di portare alla luce alcune zone d’ombra dell’amministrazione patavina.

Dal momento che – come scriveva il filosofo Michel Foucault – “sapere è potere”, la Rete è persuasa che se i mezzi con i quali si producono informazioni e conoscenza sono destinati a rimanere appannaggio di pochi – o hanno addirittura lo scopo di rendere meno consapevole un corpo sociale sempre meno considerato capace di autogovernarsi e di partecipare realmente alla vita pubblica del territorio in cui vive – allora la risposta può essere solo rendere collettivi quegli stessi mezzi di produzione di informazione e di conoscenza.

mappatura collettiva

Nasce in quest’ottica la Mappatura Collettiva intesa come una pratica di restituzione alla comunità. Anche per questo non si può certo dire che sia fine sé stessa, anzi, va considerata come un semplice strumento alla portata di tutte e di tutti e ci si augura possa attivare percorsi di cura e azione collettiva.

Tutto ciò a fronte di un regolamento sui Beni Comuni approvato da qualche mese, nella cui stesura l’amministrazione ha deliberatamente scelto di non coinvolgere la cittadinanza. Ad oggi tale regolamento, nonostante i suoi elementi innovativi – come quello di contemplare il riconoscimento delle dichiarazioni di uso civico e collettivo – e una Comunità cittadina attiva sul tema, sembra rimanere efficace solo sulla carta.

Al contrario, le speculazioni e le privatizzazioni dello spazio pubblico proseguono imperterrite mentre il concetto stesso di partecipazione viene svuotato del suo significato più intimo e profondo, quello della libertà individuale e collettiva di prendere parte attiva e di avere la possibilità di “decidere” il futuro dell’ambiente in cui vive.

La Mappatura Collettiva è quindi un Bene Comune digitale e immateriale il cui utilizzo e sviluppo è però strumento per indirizzare un’azione concreta proiettata su beni materiali, edifici, piazze, parchi o zone verdi, che troppo spesso all’interno di un contesto urbano cadono in uno stato di abbandono.

Nello specifico purtroppo la città di Padova negli ultimi cinque anni è stata scenario dello sgombero progressivo degli spazi sociali e delle rispettive comunità che di quegli spazi si sono prese cura rendendoli luoghi aperti alla cittadinanza in cui venivano prodotte cultura ed educazione ambientale e in cui si sperimentavano pratiche di decisione inclusivi e orizzontali. Ora quegli spazi sono vuoti e ancor peggio, in alcuni casi come ad esempio l’Ex Macello di via Cornaro, addirittura murati e destinati a essere privatizzati.

Attivare un percorso di ricerca e analisi dal basso: è questo lo scopo della Mappatura Collettiva

Può, uno strumento semplice come una mappatura on line, attivare e supportare processi collettivi di riappropriazione dello spazio pubblico? Questa è certamente una sfida. Una sfida e una scommessa sulla consapevolezza e la presa di coscienza di cittadine e cittadini che hanno a cuore il futuro della propria città e del territorio inteso come le risorse ambientali, fisiche e umane, che lo compongono e che lo attraversano.

Una città diversa è possibile? Una città che sia a misura di abitante, in cui la socialità non si debba tradurre necessariamente con il consumo, un tessuto urbano che metta la cultura e la fruizione della stessa al centro del dibattito pubblico, sono tutti scenari che speriamo di poter raccontare.

Sul tema della rigenerazione urbana leggi anche il nostro approfondimento dedicato alla Fondazione Riusiamo l’Italia.

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