3 Feb 2023

Rinascimento Green, la Sicilia capofila per un modello di società inclusivo e sostenibile

In sei città italiane, grazie a Rinascimento Green, attori diversi della società civile stanno portando avanti un percorso di partecipazione popolare per favorire una svolta importante e replicabile verso una società più inclusiva e sostenibile. Tra queste anche Siracusa e Gela. La Sicilia infatti fa da capofila per un nuovo modello da replicare anche in altri territori.

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Siracusa - Rinascimento Green è una iniziativa indipendente nata in Italia a luglio 2019 che ha lo scopo di mettere insieme vari pezzi della società civile per promuovere, attraverso un percorso di partecipazione popolare, un Green Deal dal basso. Tra questi la comunità di Sant’Egidio, sindacati, ambientalisti, Arci, persone comuni che si sono riunite per pianificare e proporre una strategia comune verso un piano di transizione da applicare prima che sia troppo tardi. 

Il risultato è anche un documento, Progetto di lustro, che dà voce a diverse realtà della società civile che rappresentano milioni di italiani e che hanno sentito la necessità di dire la loro su progetti da finanziare tramite il Recovery Fund. Cinque progetti faro, cinque principi per l’applicazione del fondo e cinque linee guida per indirizzare il lavoro del Governo per misurare, tra cinque anni, il grado di soddisfazione rispetto all’impegno e ai risultati ottenuti per l’interesse comune e la collettività. 

Solo attraverso un lavoro al livello territoriale si può creare un pubblico davvero interessato alla transizione ecologica e inclusiva che permette di cambiare l’economia, i comportamenti, gli stili di vita e la società partendo dalla domanda su come si possa decarbonizzare la società, in modo veloce e rispettoso, migliorando le questioni di giustizia sociale e l’inclusione.

stephanie
Stephanie Brancaforte, founder di Rinascimento Green

Richieste che una parte di società, soprattutto i giovani – saranno infatti loro a pagare gran parte dei debiti economici, sociali e ambientali accumulati fin qui – fanno da anni ai governi e che spesso, con il pretesto di mancanza di fondi, non sono mai state affrontate nonostante la necessità di un cambiamento urgente.

Sono sei le città italiane in cui Rinascimento Green ha avviato questo processo attraverso una mappatura di figure professionali valide, la trasparenza, il coinvolgimento di persone e movimenti che possano cambiare le realtà politiche creando una nuova visione e un piano coerente e inclusivo. Siracusa e Gela sono due delle sei città italiane coinvolte.

«Queste due città hanno un ruolo strategico spesso non riconosciuto al livello nazionale, c’è poca consapevolezza in merito. Entrambe hanno un ruolo fondamentale per l’economia dell’industria fossile italiana, come possiamo cambiarlo? Come possiamo cambiare il punto di vista delle persone rispetto al ruolo che le fonti fossili giocano sulla crisi climatica? Dentro la rete dei Transistor (hub locali per accelerare la transizione ecologica delle città in modo giusto e inclusivo, ndr) che si sta formando a poco a poco è bello vedere la condivisione delle tante competenze a disposizione utili per una proposta di cambiamento su più livelli», racconta Stephanie Brancaforte. 

Abbracciare questa complessità richiede tempo per essere scardinata e non sempre i risultati sono visibili nell’immediato

Stephanie è una donna vulcanica, un concentrato di idee, energie e competenza. Statunitense, parla perfettamente l’italiano e molte altre lingue – giapponese, arabo, inglese, tedesco, swahili – che ha imparato grazie anche ai tanti progetti che ha coordinato. Da qualche anno vive in Sicilia, a Noto, e subito si è prodigata per contribuire a un cambiamento sostanziale di questa terra così contraddittoria.

Stephanie è una delle ideatrici del progetto Rinascimento Green, in passato è stata la responsabile a livello mondiale del progetto Clima Energia di Greenpeace e per Change.org, ha lanciato il progetto Urban Revolution sulle megacittà del sud globale, ma la sua sfida più grande è lavorare in piccolo, al livello locale e di impatto per poter incidere sul cambiamento climatico. Realizzare un modello da condividere anche all’estero. In Sicilia si è data da fare lanciando anche il movimento antincendio ibleo.

«I processi hanno bisogno di tempo, va sempre rivisto il modo in cui si lavora, si collabora e la maniera in cui si definiscono i problemi e le soluzioni proposte. In Sicilia mi sono accorta che quando c’è una consapevolezza forte e un’organizzazione radicale alla base, come è stato per gli incendi, si avvertono dei cambiamenti importanti. È cambiata la gestione, l’approccio. Il problema resta la governance, ci sono tante persone brave dentro le istituzioni, ma è difficile collaborare con loro».

«Raramente ho fatto così tanta fatica. Letargia, corruzione, incapacità non sai davvero quale spiegazione dare. Nei transistor, infatti, stiamo utilizzando molto la facilitazione come strumento per potenziare e incoraggiare le partecipazioni di più persone, stimolare un cambiamento profondo e valorizzare tutti i contributi senza creare strutture gerarchiche» continua Stephanie. 

sunrise movement

Dal suo punto di vista e non solo suo infatti, il Governo – incurante della crisi climatica in atto – ha più volte dimostrato di essere più interessato ad ascoltare i lobbisti per confrontarsi sulla politica energetica che i cittadini e in particolare i giovani; ecco perché è necessario fare attivismo in modo stimolante, impegnandosi in qualcosa che dia nutrimento, una visione a lungo termine e voglia di partecipare. La crisi climatica, del resto, ci accompagnerà per tutta la vita. 

«A breve faremo un nuovo incontro a Siracusa e a Gela. Con Lorenzo, il coordinatore principale del progetto Transistor, approfondiremo la strategia per il prossimo anno, in modo che queste due città possano fare da capofila per un modello da replicare altrove. È un problema complesso perché è tutto intrecciato: economia, abitudini delle persone, salute, educazione, equità sociale, valorizzazione delle aree interne, ambiente».

«Abbracciare questa complessità richiede tempo e non sempre i risultati sono visibili nell’immediato. Bisogna essere propositivi, ci vuole un lavoro scientifico, analitico e coraggioso per proporre nuove soluzioni. Qui c’è ancora tanto da fare, c’è molta diffidenza, ma ci sono anche tanta innovazione e potenzialità. Bisogna trovare solo la maniera giusta per collaborare. Io sono fiduciosa!», conclude Stephanie. E sentendo le sue risate contagiose, la forza, la competenza e il garbo che traspare dalla sua voce, viene da dire che lo siamo anche noi.

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