4 Gen 2024

Con David Morettini scopriamo il mondo dei cani randagi, di canile e di quartiere

Scritto da: Daniel Tarozzi

Abbiamo intervistato David Morettini per fare un po’ di chiarezza sulla situazione dei canili italiani, dei cosiddetti cani randagi, dei cani padronali liberi, dei cani di quartiere. Molti i luoghi comuni che vengono spazzati via da questo articolo e molte le azioni che possiamo intraprendere per migliorare davvero la vita di milioni di cani.

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Ho vissuto gran parte della mia vita insieme ad amici a quattro zampe, perlopiù cani. Da loro ho imparato moltissimo, li ho amati e sono stato amato. Negli ultimi anni ho anche intrapreso un percorso formativo molto approfondito prima come educatore e poi come istruttore cinofilo e ho imparato a comprendere il linguaggio segreto dei cani, i loro bisogni, le loro motivazioni, il loro modo di intendere la vita.

I cani che ho incontrato nel mio percorso arrivano tutti dai canili eppure non ci ho mai lavorato né – per vari motivi – ho mai fatto davvero il volontario in un canile. Per cui, non vi nascondo che quando nel mio percorso da istruttore cinofilo ho incontrato Fausto Vighi e David Morettini ed entrambi ci hanno portato a comprendere le dinamiche dei cani di canile, a leggere i loro segnali e a provare a costruire una vita migliore per loro mi sono emozionato non poco.

Ho anche scoperto e quindi sfatato tantissimi luoghi comuni. Ad esempio, ho scoperto che i cani che vivono per strada non sono necessariamente tristi o sofferenti, ma anzi possono vivere vite dignitosissime. Che in molti casi i cani che fanno le staffette da sud a nord “strappati dalla strada” potrebbero essere stati strappati – magari in buona fede – da una vita felice. Che esistono tanti tipi di canile e che spesso per aiutare davvero un cane chiuso in una gabbia la soluzione migliore non è quella che sembra la più scontata.

david morettini

Ho deciso quindi di dedicare alcuni articoli a queste tematiche e di iniziare con una intervista che ho realizzato con David Morettini, laureato in Filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di Firenze, educatore e istruttore cinofilo. Già da queste poche parole si evince un mondo. Un cinofilo laureato in filosofia teoretica e che nei suoi discorsi spesso fa riferimento a vicende e drammi umani oltre che canini, non poteva che conquistarmi.

I CANILI, UN MONDO DA SCOPRIRE

David mi spiega che esistono situazioni diverse nel Paese e che ci sono canili di serie A e di serie B. Nella nostra chiacchierata fa spesso riferimento alla legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, la 14 agosto 1991, n. 281, che obbliga i comuni ad avere un canile nel proprio territorio, e spinge i comuni poco estesi a consorziarsi per creare canili intercomunali. Purtroppo la situazione al sud vede in molti casi un mancato adempimento delle istituzioni a questa legge.

In mancanza di un canile di proprietà comunale o intercomunale quindi, i Comuni si devono rivolgere in appalto ai privati e le stesse strutture pubbliche vanno quasi sempre in appalto ai privati. Nel sud Italia nasce così la problematica della filiera di gestione dei cani, anche se ovviamente anche il sud è ricco di esperienze virtuose: «Esistono delle ASL molto virtuose con campagne di sterilizzazione di “cani di strada” mirate, ma a macchia di leopardo. Spesso succede che due Comuni attigui territorialmente lavorino in modo opposto. Ci sono inoltre delle eccellenze anche nei comuni gestiti da privati». Ma chi sono i cani che finiscono nei canili?

david morettini1
Foto di Lino Donaglia
GLI “OSPITI” DEI CANILI E I CANI DI QUARTIERE

Qui cominciamo a sfatare qualche mito. Prima di tutto la maggior parte dei cani che popola un canile non viene dalla strada. David mi spiega che quelli del sud Italia provengono in genere da cucciolate indesiderate di “cani padronali liberi”, cioè di cani che hanno un “proprietario” ma sono lasciati liberi di girare e non sono sterilizzati.I randagi quindi non sono quasi mai un problema così come non lo sono i cani di quartiere: «Un cane può essere libero a norma di legge a patto che sia monitorato», spiega Morettini.

Per questo sono previste le reimmissioni sul territorio. «È importante che questa informazione venga diffusa perché spesso chi dal nord va in vacanza al sud crede di “salvare” dei cani anche se questi hanno un collare. In quel caso si sta commettendo un illecito di carattere civile passibile di una multa, ma soprattutto non si sta facendo il bene di quel cane. Nel dubbio si devono chiamare gli organi di controllo e segnalare la presenza di un animale libero. Il modo migliore di gestire il problema del randagismo sono sterilizzazioni selettive e i reinserimenti sul territorio».

Spesso sottraendo un cane al suo gruppo non si rischia di danneggiare solo il cane in questione ma si crea anche squilibrio nel gruppo di riferimento. Alcuni cani in un branco hanno un ruolo di presidio del territorio. Se vengono meno, in quel luogo arriveranno più cani e nasceranno problemi e conflitti. Un gruppo di randagi ben integrato infatti mantiene la demografia di un determinato territorio in equilibrio. «Di fronte a eventuali picchi demografici interviene a compensazione l’alta mortalità infantile, naturale tra i cani». Insomma, come spesso accade i problemi nascono quando gli esseri umani intervengono in modo disordinato.

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Ma torniamo ai canili. Abbiamo visto come i loro “ospiti” non siano quindi in gran parte ex cani randagi, ma cani di cucciolate “padronali”. In questi casi, la soluzione migliore sarebbe la sterilizzazione o la vasectomia, che impedisce la riproduzione ma non l’accoppiamento. E al nord? Al nord gli “ospiti” dei canili provengono perlopiù da cucciolate indesiderate di pastori o cacciatori. Ci sono poi le “rinunce di proprietà”, cani che per vari motivi non possono essere più “tenuti” dalla famiglia adottiva.

C’è anche il caso dei cani di persone senza tetto o tossicodipendenti: sembra incredibile, ma «le comunità per recupero di tossicodipendenti non consentono l’accesso di un cane nonostante questo possa essere un forte alleato per un cambio di stile di vita. Molti ragazzi tossicodipendenti si vedono strappare via i cani e ne perdono persino la “proprietà”», sottolinea David Morettini.

«Non sono pochi quelli che addirittura rinunciano ai percorsi delle ASL pur di non separarsi dal proprio cane. Ecco perché il canile è un vero e proprio luogo di raccolta di queste marginalità, un punto di monitoraggio del territorio e un ingranaggio attraverso il quale attivare reti di solidarietà restituendo alle persone l’immagine di una istituzione pubblica che in realtà è in grado di essere flessibile, accogliente e dialogante».

Il modo migliore di gestire il problema del randagismo sono sterilizzazioni selettive e i reinserimenti sul territorio

IL FENOMENO DELLE STAFFETTE

Abbiamo accennato prima come le cosiddette staffette, quei percorsi che fanno viaggiare un cane da sud a nord, verso una nuova famiglia, spesso possano essere dannose. Facciamo una precisazione. Moltissime persone coinvolte in questi percorsi sono in buona fede e amano gli animali così come molte famiglie che li accolgono nelle proprie case. Ma mancano una informazione e una formazione che dovrebbe essere obbligatoria per chi gestisce questi percorsi.

«Spesso i cuccioli delle staffette vivono distacchi precoci dalle mamme e non sono quindi ben socializzati. Per di più, vengono trasportati in ricoveri di fortuna, magari degli ambienti bui, vengono poi scaricati al casello dove vengono dati agli adottanti. Ecco che molti di questi cani vivranno poi una sindrome da stress post traumatico, che può generare fobie o addirittura patologie». Il fenomeno può sembrare residuale, ma David mi spiega che riguarda migliaia di cani ogni mese.

E QUINDI? QUANDO HA SENSO ADOTTARE UN CANE CHE VIENE DAL SUD?

«La regola – spiega David Morettini – è che ciascun cittadino, a nord come a sud, si deve rivolgere come prima cosa al canile del proprio territorio, procedendo poi per cerchi concentrici e aumentando la distanza qualora il canile più vicino non soddisfi le esigenze di adozione. Bisogna poi lavorare sulle adozioni consapevoli. Vanno sensibilizzate tutte le parti in causa, in modo che il benessere dei cani e degli umani sia davvero messo al centro dell’intero processo. In caso di cani provenienti dal sud, prima di procedere al viaggio, bisognerebbe chiedere l’intervento di professionisti, possibilmente diplomati cognitivisti relazionali, che vadano a fare una valutazione del cane».

morettini canili

«In questo modo capirò prima le competenze e i bisogni di un cane e valuterò se è adatto alla vita che posso offrirgli. Se ad esempio dovrà andare a vivere in città, prima di trasferirlo lo “testerò” in una città del sud e se necessario gli farò fare un percorso per abituarlo. In seguito, si fa un trasporto a norma di legge dal punto di vista igienico-sanitario e che sia organizzato e strutturato con un numero di cani limitato all’interno delle gabbie e con le giuste pause durante il viaggio, in modo che i cani siano consapevoli del cambiamento che stanno vivendo. È qualcosa di difficilissimo da superare, che spesso lascia ferite che rendono il soggetto disfunzionale al nuovo contesto».

UN MONDO SENZA CANILI

Con le opportune politiche si potrebbe praticamente azzerare il fenomeno che porta a riempire i canili italiani. «Sarebbero sufficienti campagne di chippatura e sterilizzazione a tappeto per i cani padronali e mirate randagi o di quartiere. Nel giro di cinque anni avremmo ingressi zero nei canili di cani provenienti dal territorio. Rimarrebbero solo le rinunce di proprietà per situazione economica problematica».

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