27 Mar 2024

Chiusa Grande e i vini biologici concepiti con “vinosophia”

Scritto da: Benedetta Torsello

Da oltre trent’anni l’azienda Chiusa Grande produce dei vini biologici ispirati al concetto di “vinosophia”, termine coniato dal suo fondatore, Franco D’Eusanio. Prodotti nel cuore d’Abruzzo, questi vini restituiscono l’amore per il territorio e raccontano una tradizione familiare che si tramanda da generazioni.

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Pescara, Abruzzo - Da ragazzo Franco D’Eusanio aiutava suo padre a coltivare la vite. Fino alla fine degli anni Novanta, il territorio agricolo di Tollo, di cui è originario, era dedicato interamente alla viticoltura. «Oggi nel paesaggio si leggono segni di abbandono, ma non si è passati ad altre colture», racconta Franco, cresciuto a «pane e vite», ironizza ricordando il lavoro del padre e il tempo trascorso in campagna insieme a lui.

«Negli anni Sessanta mio padre è stato il primo vivaista viticolo della regione e molto probabilmente del centro Italia e del Meridione», prosegue. Mi spiega infatti che mentre inizialmente il portinnesto, ovvero un biotipo di origine americana, veniva piantato e poi innestato in un secondo momento, il padre fu tra i primi a diffondere la pratica di mettere a dimora direttamente la pianta innestata: «Questo permette di guadagnare un anno nella produzione dell’uva».

Chiusa Grande 3

Appassionato di viticoltura, Franco D’Eusanio si laurea in scienze agrarie all’Università di Bologna con una tesi sperimentale, prima di tornare sulla terra da cui tutto era iniziato. Nel 1991 fonda Chiusa Grande, l’azienda vitivinicola di cui è alla guida da oltre trent’anni. Circondata dal Gran Sasso e dalla Majella, in un anfiteatro montuoso, l’azienda abruzzese è tra le prime a produrre vini da agricoltura biologica. All’epoca le idee di Franco sembravano quelle di un visionario. Il tempo però gli ha dato ragione.

Inizialmente a Chiusa Grande venivano coltivati verdure e ortaggi con metodo biologico. Franco ricorda la diffidenza dei consumatori e la difficoltà a trovare degli acquirenti, tanto da vedersi costretto nei primi tempi a omettere l’etichetta che riportava la certificazione da agricoltura biologica. «Oltre a essere molto dispendiosi e meno remunerativi, gli ortaggi coltivati con metodo biologico non trovavano mercato e con il tempo ho abbandonato questo filone e ho iniziato a dedicarmi unicamente alla viticoltura».

Per me i vini nascono nella testa. Ogni mio vino nasce da un approccio filosofico

Per anni Chiusa Grande ha fatto da apripista nel mondo della viticoltura naturale; per esempio, una tra le prime diciotto aziende ad aver riportato la certificazione V.I.V.A., che attesta le prestazioni di sostenibilità della vitivinicoltura in Italia. In particolare questo programma, lanciato nel 2011 dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, promuove la sostenibilità del comparto vitivinicolo italiano, così da creare un modello produttivo che rispetti l’ambiente e valorizzi il territorio e la qualità dei vini italiani anche nel mercato internazionale.

QUESTIONE DI VINOSOPHIA 

Alla base di tutto il criterio produttivo cui si rifà Chiusa Grande, che si può sintetizzare nel concetto di “vinosophia”. Un modo di concepire la produzione che in una visione olistica vede fondersi insieme il rispetto per la natura, il benessere psico-fisico di chi acquista e consuma il prodotto, la valorizzazione del patrimonio contadino e le emozioni che derivano dalla degustazione di questi vini. 

A guidare l’intuito e la lunga esperienza di Franco D’Eusanio, sono le emozioni: «Per me i vini nascono nella testa», racconta. «Ogni mio vino nasce da un approccio filosofico. Lo progetto nella mia mente, penso all’emozione che dovrà trasmettermi e poi passo alla fase di produzione vera e propria, praticamente un percorso all’inverso. A Chiusa Grande traduciamo in caratteristiche organolettiche le emozioni che ho prima immaginato».

Chiusa Grande 2

Come in un vero e proprio processo creativo, i vini di Chiusa Grande prendono corpo e consistenza prima nella mente del suo ideatore. Sono portatori di emozioni e testimonianze di un lungo impegno di cura e rispetto del territorio. Ognuno di loro si rivela al gusto e alla vista raccontando una storia diversa e facendo rivivere antiche tradizioni e metodi di produzione locali. 

ANTICHI METODI PRODUTTIVI

Chiusa Grande è di fatto l’unica azienda a vinificare due varietà di vino in delle vasche di pietra calcarenite. Si tratta di un antico metodo di produzione del vino di cui ne sono testimonianza ben sette vasche di epoca medievale, utilizzate fino a un secolo fa e oggi tutelate dai beni archeologici e culturali, a pochi chilometri dall’azienda, nel comune di Pietranico (PE).

 «Con un progetto condotto grazie a dei fondi dell’Unione Europea – ha precisato Franco – abbiamo scoperto che questo tipo di vinificazione porta a una caratterizzazione e riconoscibilità molto marcate di questi vini. Tant’è che la totalità dei degustatori li ha trovati di livello pari, se non superiore, agli stessi mosti elaborati con le più avanzate tecnologie; la riprova di come un metodo tradizionale possa eguagliare in qualità le tecnologie odierne».

Chiusa Grande

Per i primi due vini prodotti da Chiusa Grande, in omaggio alle sue origini e alla sua storia familiare, Franco aveva scelto di utilizzare i soprannomi con cui in paese indicavano sua famiglia: “Rocco secco”, il Montepulciano, e “Mattè”, il Trebbiano.  «È dai miei genitori infatti che ho ereditato l’amore viscerale per la terra e per la vite ed è grazie a loro che sono riuscito ad acquistare questi ettari e fondare Chiusa Grande».  

Negli anni l’azienda è cresciuta e oltre a non aver mai tradito i principi della coltivazione biologica, è arrivata a produrre una linea di cinque vini totalmente senza solfiti aggiunti. È stata inoltre la prima azienda nella regione a produrre uno spumante metodo classico biologico, promuovendo un modello produttivo che abbia a cuore la tutela del territorio e le sue tradizioni nella coltivazione vitivinicola.

Quando ripensa a dove tutto è iniziato, Franco si rivede da più giovane, alla fine della giornata di lavoro ma non ancora stanco, trattenersi tra i suoi filari e affondare le mani nella terra che ha imparato ad amare dai suoi genitori. «Aspettavo quel momento. Aspettavo di essere da solo, quando tutti ormai erano andati via, circondato da questi vigneti». Oggi insieme a lui ci sono i suoi figli, Rocco e Ilaria, a cui trasmette ogni giorno la passione per la viticoltura e la produzione del vino. E così la storia sembra ripetersi, ancora una volta.

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