18 Mar 2024

Cosa pensano (e provano) gli e le adolescenti?

Scritto da: Filò

E se la filosofia fosse una chiave d'accesso al mondo degli e delle adolescenti, ai loro pensieri, ai loro sogni, che troppo spesso – colpevolmente – ignoriamo o sottovalutiamo? Alessia Marchetti di Filò ci guida attraverso alcune esperienze nelle classi delle superiori nell'ambito del progetto Inventio, la filosofia negli Istituti tecnici e professionali.

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Bologna, Emilia-Romagna - Qualche giorno fa parlavo con una collega del nostro lavoro nelle scuole e insieme ci chiedevamo con quale fascia d’età ci trovassimo meglio. Da anni la nostra associazione lavora nelle scuole, dall’infanzia fino alle superiori, proponendo laboratori di dialogo filosofico. Quasi d’istinto le ho risposto: “Mi piace lavorare con gli adolescenti, trovo che in quegli anni accadano cose gigantesche e, in qualche modo, mi sembra di riuscire più facilmente a empatizzare con loro che non con i bambini e le bambine più piccoli”.

Appena ho finito di parlare mi sono fermata e mi sono chiesta: “Ma in fondo io che ne so di che cosa accade in un adolescente? Di quali sono i suoi pensieri, emozioni e sentimenti?“. Mossa da questa domanda ho raccolto, attingendo dalla mia esperienza, tanti piccoli pezzetti che insieme, come in un puzzle, creano uno scorcio che rivela qualcosa delle gioie e dei dolori propri di quell’età – e forse anche di noi adulti.

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Molte di queste riflessioni sono state raccolte nelle due classi con cui sto lavorando attualmente, una prima e una seconda superiore dell’Istituto Tecnico E. Mattei di San Lazzaro, in provincia di Bologna. Questi percorsi si inseriscono all’interno del più ampio progetto Inventio, la filosofia negli Istituti tecnici e professionali, che la nostra associazione sta portando avanti a livello nazionale.

LA FELICITÀ

“Sono veramente felice?”, “Che cos’è la felicità?”. Queste sono tutte domande scritte da ragazze e ragazzi, in risposta alla consegna “Qual è la domanda più importante della vostra vita?”. Il concetto di felicità è soggettivo e stratificato e le risposte che ho raccolto nei percorsi di filosofia sono molteplici. Ci sono però alcuni nuclei comuni che mi hanno fatto riflettere su ciò che è percepito come veramente importante a quell’età. Un primo nucleo associa la felicità alle idee di relax e spensieratezza, cristallizzato nella frase di una ragazza: “Solo la mente libera [da pensieri negativi] è una mente felice”.

Un secondo è invece quello in cui la felicità si lega alle relazioni con gli altri. Qualcuno ha parlato dell’importanza di sentirsi parte di un gruppo, perché questo “ci fa sentire compresi.” Quando si parla del ruolo degli altri mi piace sempre chiedere “secondo voi, si può essere felici da soli?”. Qua di solito le risposte si scindono: qualcuno cede alla retorica del bastare a sé stessi, altri ammettono che senza le altre persone sarebbe impossibile. Mi è rimasta impressa la risposta di una ragazza, secondo cui “ci sono due livelli di felicità: il primo è quello che hai da sola, quando sei in pace con te stessa e hai fiducia in te; il secondo è quello con gli altri”.

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IL GIUDIZIO DEGLI ALTRI

“Perché mi paragono sempre agli altri ragazzi?”, “perché le persone giudicano senza conoscere?”. Altri esempi delle domande più importanti nella vita raccolti in classe. Il peso del giudizio degli altri è enorme ad ogni età, ma nell’adolescenza talvolta può diventare insopportabile. In un laboratorio era emerso specificamente il tema delle preoccupazioni tipiche dell’età dell’adolescenza e la paura del giudizio degli altri è stata la prima a essere individuata. “Alla nostra età ti preoccupi di come appari, ti chiedi sempre se piaci agli altri”.

Questa lucidità e franchezza non sono scontate, non sempre ragazze e ragazzi sono disposti ad ammettere di temere il giudizio delle altre persone. Alcuni rivendicano con forza “a me non frega niente di quello che pensano gli altri”, ma spesso dallo stesso modo in cui lo dicono è difficile credere loro. Qualcuno ha collegato il tema del giudizio degli altri ai discorsi fatti sulla felicità: “Si ha paura del giudizio degli altri quando non si è in pace con sé stessi, quando non si ha abbastanza autostima, e questo ti rende infelice”.

FARE LA SCELTA GIUSTA

“Ho fatto la scelta giusta?”, “come faccio a sapere se ho fatto la scelta giusta?”. Oggi a scuola si parla tantissimo dell’importanza dell’orientamento; mi chiedo se a volte non se ne parli troppo, per lo meno intendendo l’orientamento specificamente come orientamento scolastico e lavorativo. Andando più a fondo in queste loro domande infatti, è emerso come si riferissero alla scelta scolastica.

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Mi ha colpito enormemente un ragazzo di prima superiore che ha raccontato di come fosse angosciato da questa domanda. Ha raccontato la sua paura di non aver fatto la scelta giusta rispetto alla scuola, di finire i cinque anni e ritrovarsi con niente in mano, di non riuscire poi a trovare un lavoro per aiutare la sua famiglia. Ha raccontato di star pensando di cambiare scuola per andare in un professionale che gli insegni cose più concrete. Frasi di questo tipo ricorrono spesso, e restituiscono la dimensione della forte pressione a cui già a quell’età si è sottoposti.

GLI ADOLESCENTI E I LORO SOGNI PER IL FUTURO

Nonostante la preoccupazione sulla scelta giusta e quindi su ciò che ne sarà del proprio futuro, sognare mi sembra che sia difficile per quest’età. Quando si parla di questi temi con i bambini, per loro è più facile: “sogno di fare l’astronauta” sembra ancora qualcosa che è possibile dire. A quest’età invece i sogni iniziano a scontrarsi con la realtà e come se sognare diventasse una perdita di tempo. In diverse lezioni, più di metà classe non ha saputo rispondere alla domanda “qual è il tuo sogno più grande per il futuro?”. Qualcuno si è sottratto dal compito rispondendo cose del tipo “vedere la partita di calcio dove il Bologna vince 3 a 0” oppure “morire ciccione e ricco”.

Il peso del giudizio degli altri è enorme ad ogni età, ma nell’adolescenza talvolta può diventare insopportabile

Qualcuno ancora invece riesce a sognare, così le lavagne si sono riempite con una costellazione di desideri per il futuro: “fare il pilota”; “scrivere un fumetto”; “diventare una modella”; “vivere tranquillamente”; “essere una brava persona” “semplicemente essere felice”; “diventare ricco per fare quello che mi piace”; “diventare ricco per non fare niente”. “Diventare ricchi” è senz’ombra di dubbio il sogno più gettonato. Di solito a questo punto chiedo loro “E che cosa ci vorreste fare con tanti soldi?”. Qui le risposte si dividono, qualcuna va nella direzione del “fare la bella vita”, qualcun’altra invece nell’ “aiutare i miei genitori”.

SENTIRSI ALL’ALTEZZA

“Perché la maggior parte delle volte non mi sento all’altezza?”. Questo tema ha di solito una potenza enorme. Quasi tutte e tutti si ritrovano in questa domanda. Con una classe in particolare è accaduto qualcosa di forte. Ho chiesto loro di condividere un’esperienza che ci aiutasse a comprendere che cosa significa sentirsi all’altezza. Dopo alcune resistenze iniziali hanno iniziato ad aprirsi.

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Hanno raccontato di quando non si sono sentiti all’altezza di fronte a un dolore che stavano provando i propri cari, del senso di impotenza e del senso di colpa derivante dal non poterli aiutare in alcun modo. Hanno raccontato di quando non si sono sentiti all’altezza di fronte ai propri genitori, che con parole decisamente non incoraggianti esprimevano il loro disappunto rispetto all’andare male a scuola. Hanno raccontato di quando invece si sono sentiti all’altezza con un amico per essere riusciti a stargli accanto in un momento di disorientamento, di quando si sono sentiti all’altezza per aver superato una situazione difficile, senza l’aiuto dei genitori e prendendosi cura anche dei fratelli più piccoli.

Molti di loro hanno avuto il coraggio di piangere, raccontando le proprie storie e ascoltando e ritrovandosi in quelle dei compagni. Questo senso di inadeguatezza, questo non sentirsi all’altezza che ci portiamo dietro anche da adulti, forse dovrebbe farci riflettere: chi mette l’asticella all’altezza giusta a cui bisogna arrivare? Ci sono molti altri pezzetti che si potrebbero aggiungere a questo puzzle e che vorrei aggiungere continuando il mio lavoro per formare un’immagine sempre più nitida. A volte da adulti, quando ci interfacciamo con ragazze e ragazzi adolescenti, dimentichiamo la complessità di quel periodo della vita che a volte, abbruttisce, rende arrabbiati, ostili, demotivati e un po’ stupidi.

Al tempo stesso però quella è anche la fase che riempie la mente di domande e interrogativi filosofici profondissimi. E allora, per chiudere questo puzzle, aggiungo un ultimo pezzetto. A conclusione di un incontro, un ragazzo di prima superiore, dopo aver capito di cosa si occupa la filosofia, mi ha confidato: «Sa prof, io la sera quando non riesco a dormire mi faccio continuamente queste domande filosofiche. Per esempio mi chiedo sempre: “Esiste il nulla?”».

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