13 Maggio 2025 | Tempo lettura: 6 minuti

Impianti FER, rinnovabili e compensazioni: un pugno di mosche in mano ai Comuni

Il punto sulla giungla delle compensazioni legate agli impianti rinnovabili (FER) in Sardegna dalla penna di Maurizio Onnis, con una critica alle nuove regole: “Pochi obblighi, zero vantaggi per i Comuni”.

Autore: Maurizio Onnis
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Una delle questioni di maggiore attrito a proposito dell’installazione di grandi impianti eolici e fotovoltaici in Sardegna riguarda gli scarsissimi o addirittura nulli benefici che dalle FER – fonti di energia rinnovabile – vengono alle comunità locali. In termini ad esempio di occupazione o, ancora prima, di misure compensative dovute dalle aziende investitrici ai Comuni sui cui territori – quasi sempre contro la volontà della popolazione – pale e pannelli sono installati. Un tema sempre all’ordine del giorno.

Per compensazioni infatti , quando si parla di grandi impianti FER, si intendono interventi o contributi – economici, ambientali o infrastrutturali – che le aziende pagano per bilanciare l’impatto dell’opera sul paesaggio, sull’ambiente o sulla vita quotidiana delle persone. Possono variare dalla riqualificazione di aree verdi alla riduzione della spesa per l’energia elettrica per le persone residenti nella zona interessata dall’impianto.

La norma sulle compensazioni, fino a ieri

Fino a pochi mesi fa, la questione era regolata da un vecchio decreto del Ministero dello sviluppo economico. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 settembre 2010, s’intitolava “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”. In quel documento, all’articolo 14.15 della Parte III, si diceva che, nell’ambito della procedura di autorizzazione e della conferenza di servizi, si potevano stabilire “eventuali misure di compensazione a favore dei Comuni, di carattere ambientale e territoriale e non meramente patrimoniali o economiche“.

Si stabiliva poi, nell’Allegato 2, che tali misure si dovevano “orientare su interventi di miglioramento ambientale correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili al progetto, ad interventi di efficienza energetica, di diffusione di installazioni di impianti a fonti rinnovabili e di sensibilizzazione della cittadinanza sui predetti temi” (art. 2). Si ribadiva che le compensazioni erano solo “eventuali” (art. 2a), che dovevano essere “concrete e realistiche” (art. 2c), che non potevano “unilateralmente essere fissate da un singolo Comune” (art. 2f) e soprattutto che non potevano “comunque essere superiori al 3% dei proventi, comprensivi degli incentivi vigenti, derivanti dalla valorizzazione dell’energia elettrica prodotta annualmente dall’impianto”.

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Impianti FER – Canva

Nuove discipline e vecchie elemosine

Ovviamente il fatto che le misure compensative fossero solo “eventuali” ha spinto in questi anni le grandi aziende del mercato elettrico a glissare. Registriamo cioè molti casi in cui le compensazioni non sono state determinate: né offerte dalle compagnie, che fanno finta di niente, né richieste dai Comuni, spesso per semplice ignoranza della legge. E ad ogni modo, il limite del 3% rendeva ridicola qualsiasi misura compensativa. È proprio questo – prendere a tre ciò da cui poi si ricava cento – che spinge i sardi a parlare di speculazione energetica. A fronte di guadagni enormi, le aziende lasciano sul territorio le briciole.

Di recente la disciplina sulle compensazioni è cambiata. A fare testo è oggi il decreto legislativo numero 190 del 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 dicembre dello scorso anno, entrato in vigore all’inizio del 2025 e intitolato “Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili”. L’articolo 8, sulla Procedura abilitativa semplificata (Pas), stabilisce che il progetto d’impianto eolico o fotovoltaico deve essere corredato “di un programma di compensazioni territoriali al comune interessato non inferiore al 2% e non superiore al 3% dei proventi” (c. 4m). Le misure compensative sono quindi diventate obbligatorie.

Le compensazioni per le gigantesche torri eoliche e gli estesi campi di fotovoltaico contro cui ci battiamo da anni restano “eventuali”

La PAS riguarda però progetti di potenza e impatto limitati. Inoltre, l’obbligo stabilito dal comma 4m riguarda solo “interventi che comportino il raggiungimento di una soglia di potenza superiore a 1 MW”. Insomma, stiamo sempre parlando di elemosina, elargita in casi di peso marginale. Teniamo conto infine che la procedura semplificata va espletata dai Comuni, alla cui sola competenza e abilità è quindi affidata la possibilità di spuntare migliori condizioni.

L’articolo 9, sull’Autorizzazione unica, riguarda invece gli impianti più grossi, quelli fino a 300 MW per cui le aziende devono chiedere la Valutazione d’impatto ambientale a Roma e ottenere poi la via libera definitiva dalla Regione Sardegna. L’autorizzazione unica appunto, che secondo la norma indica “le eventuali compensazioni ambientali a favore dei comuni considerate indispensabili in sede di conferenza di servizi per la realizzazione dell’intervento” (c. 10d). Detto in altre parole: le compensazioni per le gigantesche torri eoliche e gli estesi campi di fotovoltaico contro cui ci battiamo [attivisti, comitati e comunità sarde ndr] da anni restano “eventuali”, ma cade il limite del 3% dei proventi fissato dal decreto ministeriale del 2010.

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Fotovoltaico – Canva

FER e compensazioni: niente è davvero cambiato

Riflettiamo. Alla conferenza di servizi, che rilascia l’autorizzazione in ambito regionale, vengono invitati come parte in causa i Comuni coinvolti dal progetto in discussione. Qualcuno può davvero credere che si arrivi a trattare delle compensazioni solo in quella sede? Ovviamente no. Ed è naturale porsi una domanda: una volta rilasciato dal Ministero dell’ambiente il provvedimento positivo sulla Valutazione d’impatto ambientale, quali armi ha in mano un Comune per “estorcere” alle aziende investitrici delle compensazioni che siano adeguate? Che superino, diciamo, non solo il 3, ma il 5 o il 10% dei proventi generati dall’energia prodotta dall’impianto in questione?

La risposta, a quanto sappiamo, è nessuna arma, perché la norma non obbliga i grandi player ad aprire il portafoglio. Perciò sosteniamo che si tratta semplicemente di cosmesi della legge. Niente di più. Teniamo presente pure che le Regioni e gli Enti locali hanno 180 giorni per adeguarsi alle nuove norme: nel frattempo si applica la disciplina prima vigente. Non abbiamo ancora visto quindi conferenze di servizi aggiornate. Attendiamo notizie. Buone, possibilmente, ben sapendo che in realtà Stato e società del mercato elettrico sono alleati nello schiacciare a terra ogni sacrosanta e legittima richiesta delle comunità locali.

Maurizio Onnis è cagliaritano, sindaco dal 2016 di Villanovaforru, dove è stata costituita la prima comunità energetica sarda registrata al GSE. Molto attivo nelle battaglie ambientaliste. Non perde la speranza nella possibilità di salvezza della Sardegna. Vive di diritto d’autore. Pubblica fiction e non fiction, in massima parte per il gruppo Mondadori. È autore anche di testi scolastici, pubblicati dal gruppo Mondadori e dal gruppo Zanichelli. Svolge consulenza per gli stessi conglomerati editoriali.

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