Superadobe: terra cruda per costruire case economiche ed ecologiche
La tecnica costruttiva del superadobe utilizza materiali naturali, locali e di scarto per costruire abitazioni a costi molto bassi e con grandi prestazioni. Ce la illustra uno dei suoi principali divulgatori, l’architetto Tommaso Bazzechi.

“Le cose più belle della vita o sono immorali o sono illegali oppure fanno ingrassare“, scriveva il Premio Nobel George Bernard Shaw. Al poco che rimane ci pensa la burocrazia, mi verrebbe da aggiungere dopo la chiacchierata con l’architetto Tommaso Bazzechi. Tommaso è uno dei massimi esperti italiani di superadobe, una tecnica costruttiva antica e al tempo stesso rivoluzionaria che sfrutta materiali naturali e di recupero, ma applicarla nel nostro paese non è affatto semplice, per via di una lunga lista di cavilli legali.
Immaginate delle grandi bobine di sacchi tubolari lunghissimi distesi a terra come enormi serpenti. Uno alla volta, questi tubi vengono riempiti con una miscela a base di terra del luogo, compattati e disposti a terra seguendo un tracciato rotondo o curvo, poi adagiati uno sull’altro. Man mano che i cerchi si sovrappongono, le pareti iniziano a crescere, avvolgendosi in una spirale che si stringe verso l’alto, come una conchiglia o un igloo, fino a dar vita a una abitazione organica: niente angoli, tutto è morbido, curvo. Ecco, questo significa costruire in superadobe.

Ma andiamo con ordine. Mi collego in videochiamata con Tommaso e con Doriana Sabatelli di Cascina Verdoia, progetto di sostenibilità e ospitalità rurale dell’alessandrino che quest’estate ospiterà un workshop dedicato al superadobe e condotto proprio dall’architetto Bazzechi. La nostra chiacchierata parte dalla sua storia personale e dalle scelte di vita e di lavoro, che a un certo punto lo hanno portato casualmente a incrociare la sua strada con quella del superadobe.
Londra e gli aerei
«Mi trovavo a Londra per esercitare», racconta Tommaso. «Nella capitale inglese ho vissuto per cinque anni occupandomi di negozi e case di lusso e nel farlo ho visto tutto lo spreco di materiali che c’era in questo mondo. A un certo punto non ce l’ho più fatta: ho cominciato a guardare altro e proprio a Londra sono incappato nella prima casetta costruita in superadobe. Si trovava dalle parti dell’aeroporto di Heathrow, che è uno dei più grandi e trafficati al mondo».
La costruzione non era neanche legale in base alla legislazione inglese di quegli anni, era stata realizzata da un pioniere nel giardino di una scuola primaria e i maestri avevano cominciato a fare lezione lì dentro perché garantiva un ottimo isolamento dal rumore degli aerei che disturbava le attività didattiche. La sperimentazione ebbe successo: «In breve arrivò sul posto un’azienda che si occupa di gestione del traffico aereo e stanziò 2 milioni di sterline per costruire strutture simili vicine agli aeroporti, contribuendo così a proteggere le persone che abitano in quelle aree dall’inquinamento acustico».

Il rientro in Italia… via Kenya
«Sin dal primo istante mi sono innamorato di questa tipologia costruttiva. Il materiale principale è la terra e si può costruire ovunque essa sia reperibile, quindi quasi in ogni tipologia di territorio, a eccezione di deserti e montagne rocciose», confessa Tommaso Bazzechi, che racconta di aver ricevuto un’offerta particolare proprio all’apice della sua carriera, mentre lavorava in uno studio che lo faceva guadagnare davvero bene. «Mi arrivò una proposta per andare un anno in Kenya a fare volontariato e aiutare a costruire un dormitorio per un orfanotrofio. Accettai».
Quell’esperienza diede luogo alla svolta professionale: una ONG londinese che operava nello stesso orfanotrofio infatti voleva fare una guest house e «io proposi di realizzarla con la tecnica del superadobe spendendo la metà. Loro accettarono e io passai un anno in Africa per portare a termine il lavoro utilizzando la terra degli scavi per le fondamenta del dormitorio per costruire tre cupole della guest house. Da lì non ho più smesso di lavorare con materiali naturali, anzi, dopo aver vissuto per un anno senz’acqua corrente ed elettricità ho ripreso contatto con i ritmi della natura».

Dopo l’esperienza in Kenya arriva un’altra svolta e Tommaso conosce Iliona Khalili, moglie del defunto architetto iraniano Nader, ideatore della tecnica del superadobe, che aveva sviluppato questa metodologia costruttiva negli anni ’80 su commissione della NASA, che aveva bisogno di soluzioni per realizzare moduli abitativi sulla superficie lunare realizzabili in maniera semplice e veloce e al tempo stesso sicuri e confortevoli. «Insieme Iliona Khalili fondai l’associazione New Earth UK per diffondere a livello globale questa tecnica».
Al rientro in Italia – siamo nel 2012 – Tommaso deve ingoiare un boccone amaro: se in svariati paesi europei questa tecnica è stata accolta e applicata con entusiasmo, il nostro Paese è stato molto meno ricettivo e sono solo in due a cercare di divulgare il superadobe, trovandosi ad affrontare tanti ostacoli, primo fra tutti la normativa, che non consente l’utilizzo della sola terra cruda, «secondo me perché conviene a pochi», ipotizza Bazzechi. «Nell’edilizia ci sono molti interessi e se si usano pochi materiali ci sono problemi per le grandi compagnie che ora lavorano solo con i premiscelati».
La tecnica del superadobe
Ma quali sono i dettagli di questa tecnica? Molto sinteticamente, si tratta di riempire dei sacchi di terra cruda compattata; la loro forma è stretta e allungata – sembrano delle specie di salsicce – e questo consente di modellarli con diverse forme, anche se quella più adatta al superadobe è quella circolare: le abitazioni spesso hanno la forma di cupola, che sfrutta le proprietà di resistenza dell’arco. Resistenza garantita anche dal compattamento a cui viene sottoposta la terra una volta inserita nei sacchi, che prima di essere posati vengono “battuti”.

Il superadobe può essere considerato come l’evoluzione di altre tecniche. Le costruzioni in terra cruda infatti sono di varie tipologie. C’è il COB, realizzato con terra e paglia non compattata, che però è un po’ meno resistente perché i materiali sono solo appoggiati. Nel pisé – molto diffuso in passato – si usano casseforme di legno, ci si mette la terra dentro e con dei martelli la si compatta. Il limite di questo metodo è che non si riescono a fare linee curve. Infine abbiamo l’adobe, che si basa sull’impiego di mattoni in terra cruda pressata o non pressata. «In Messico tantissimi edifici sono realizzati in adobe, anche palazzi alti fino a cinque piani», spiega Tommaso.
Il superadobe è l’evoluzione dell’adobe: «È come avere un mattone molto più grande e con la forma che vuoi perché usiamo dei sacchi di iuta o di polipropilene con terra cruda compattata all’interno, cosa che conferisce più resistenza. È un po’ come scolpire: tu dai una forma al materiale e il sacco la mantiene. Questa tecnica da molta libertà costruttiva ed è perfetta per le cupole, garantendo la massima resa con la minima spesa. Pensiamo ai rifugi che si costruiscono gli animali: sono sempre cupole o volte perché questa è la forma più efficiente; a parità di spazio si usa meno materiale e meno lavoro. Inoltre non ci sono spazi inutilizzati che richiederebbero energia per essere riscaldati o raffrescati».
«Io mi occupo anche di permacultura e case in paglia. In Italia stiamo iniziando a usare il superadobe per strutture tipo biopiscine – realizzando i muri di contenimento con materiali di risulta dello scavo – o vasche di fitodepurazione. In California c’è Call Earth, l’istituto fondato da Nader Khalili per sperimentare e divulgare la tecnica attraverso test di laboratorio ed esperimenti sul campo. L’idea è fare una cosa simile in Italia per colmare il vuoto normativo», aggiunge Tommaso Bazzechi.
Lavoro ormai da 13 anni Italia e tutta l’edilizia, anche quella di lusso, si sta interessando ai materiali naturali
Ostacoli normativi e possibili soluzioni
Attualmente la normativa prevede che terra e paglia possano essere usate solo per il riempimento, ma non sono considerati materiali strutturali. La struttura portante infatti deve essere fatta in altri materiali, ad esempio il legno. Eppure il superadobe abbatterebbe molti i costi, poiché in Italia abbiamo argilla ovunque e in tutto il paese si può costruire utilizzando materiali poveri, spesso di scarto e a chilometro zero. «La prima legge urbanistica fondata sul cemento risale al 1942 – mi spiega Tommaso –, ma prima c’erano moltissime case in terra».
Secondo alcune ricerche, in Lombardia, Piemonte, Sardegna e Calabria risulta la densità più alta di case con strutture fatte in mattoni in terra cruda. «È assurdo pensare che resistono da centinaia di anni ma la normativa attuale vieti di costruirle ancora così. Chi si occupa di bioedilizia e di queste tecniche in particolare sta cercando il modo per renderle legali.
C’è stato un tentativo simile con le case in paglia che ora sono legali sotto ogni aspetto, anche se la normativa dice che anche in questo caso le balle di paglia non possono avere funzioni strutturali, ma se la struttura viene realizzata in legno e riempita di paglia va bene. «Paradossalmente questa tecnica è nata in Nebraska e prevede esclusivamente l’utilizzo di balle di paglia legate fra loro, che funzionano meglio soprattutto dal punto di vista sismico», sottolinea Tommaso. «Con la terra si può fare la stessa cosa: realizzare la struttura con un materiale riconosciuto e poi costruirci intorno con terra compattata. Non ce ne sarebbe bisogno, costa di più, ma in questo modo si è in regola».

C’è un’altra strada, che però è più lunga e complessa: trovare dei terreni sperimentali e parlare con i Comuni per realizzare test e sperimentazioni senza seguire la normativa edilizia. «Purtroppo non è facile trovare chi si impegna in questo senso qui da noi. In Spagna però, per esempio, è una prassi consolidata. Io però sono ottimista: lavoro ormai da 13 anni Italia e tutta l’edilizia, anche quella di lusso, si sta interessando ai materiali naturali, ci stiamo rendendo conto che viviamo in case che sono super inquinate. Già, l’inquinamento indoor è un problema gigante e sottovalutato e abbiamo bisogno di soluzioni».
Il workshop a Cascina Verdoia
In conclusione della nostra chiacchierata subentra Doriana, che presenta il progetto di Cascina Verdoia e il workshop che sarà tenuto dall’architetto Tommaso Bazzechi. «Nel 2018 abbiamo acquistato questa cascina con 9 ettari di terreno con l’idea di fare delle casette sugli alberi, poi anch’io mi sono innamorata delle case di paglia finché non ho conosciuto Tommaso e il superadobe, che a mio avviso è la tecnica che garantisce più sostenibilità, più facilità di costruzione e minori costi. L’idea di essere fra i primi in Italia a sperimentarla mi piace, ho già presentato un progettino in Comune, vediamo che succede».
Il workshop si terrà dal 1° al 17 agosto e sarà finalizzato alla realizzazione di una cupola di terra con due ingressi, finestre e copertura. «Mi piace l’idea che sia una cosa nuova, vorremmo anche creare una biopiscina, fare una compost toilet e soprattutto dare l’alternativa alla gente, la possibilità di vivere in maniera molto meno impattante. La costruzione che realizzeremo durante il corso sarà chiamata “scultura”, ma dentro ci si potrà entrare e dormire. Ovviamente non avrà gli scarichi né l’abitualità ma potrebbe essere un primo, piccolo tassello per un futuro riconoscimento».
Informazioni chiave
Cos’è il superadobe
È una tecnica che consiste nel realizzare le strutture degli edifici con sacchi di iuta o propilene riempiti di terra cruda compattata.
Ecologico ed economico
Questa tecnica è economica ed ecologica perché utilizza materiali semplici, poco costosi e reperibili in loco. Ha anche ottime prestazioni antisismiche e in termini di isolamento.
Gli ostacoli burocratici
In Italia il superadobe non è consentito dai regolamenti, a meno che non sia utilizzato parallelamente a strutture portanti realizzate in materiali riconosciuti, come il legno.
Roba da pionieri…
Alcuni esperti e divulgatori di questa tecnica, come l’architetto Tommaso Bazzechi, stanno cercando di avviare delle sperimentazioni per riconoscerla a livello normativo.
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