Fondo di solidarietà comunale: cos’è e perché il suo congelamento metterebbe in crisi i Comuni sardi?
Come funziona il Fondo di solidarietà, perché è cruciale per gli enti locali e quali sono le implicazioni del blocco dei trasferimenti per i Comuni sardi, soprattutto quelli più piccoli?

La presa di posizione della Presidente della Regione Sardegna Todde e il dibattito politico che è seguito alla comunicazione del Ministero dell’Interno circa il congelamento dell’erogazione del saldo dell’ultima rata del Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2025, hanno acceso nell’Isola il dibattito tra Regione, Comuni e Governo. «La Regione sarà al fianco dei Comuni sardi, colpiti da una decisione grave e inaccettabile», ha dichiarato Todde. Ma cos’è il Fondo di solidarietà comunale e quali sono i meccanismi di finanziamento degli enti locali?
Partiamo da un inquadramento costituzionale: la Costituzione italiana, all’articolo 5, riconosce l’autonomia amministrativa dei Comuni mentre l’articolo 119, con la riforma del Titolo V del 2001, garantisce l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa degli enti locali, permettendo loro di disporre di risorse proprie, applicare tributi locali e partecipare al gettito fiscale statale in base al territorio.
A seguito della riforma costituzionale, negli anni è stato attribuito agli enti locali un ruolo sempre più rilevante nella programmazione e gestione degli investimenti territoriali. In questo quadro, entrate e spese risultano strettamente collegate, sia dal punto di vista giuridico che finanziario: le risorse pubbliche devono infatti essere commisurate alle funzioni che gli enti locali sono chiamati a svolgere.

Come è cambiata la finanza pubblica degli enti territoriali
Tra le risorse fondamentali per il funzionamento dell’ente, una parte importante proviene da somme versate da altre amministrazioni dello Stato, come i ministeri o le agenzie. Si tratta di somme che contribuiscono a rafforzare i bilanci comunali garantendo la continuità dei servizi essenziali e che prendono il nome di entrate correnti, ovvero fondi che non derivano da tasse o tariffe locali e che non sono destinati a investimenti strutturali, come la costruzione di opere pubbliche.
La finanza degli enti locali ha conosciuto una svolta significativa negli ultimi anni. Per quasi due decenni il Patto di stabilità interno ha rappresentato il vincolo principale, spingendo Comuni e Regioni a condividere con lo Stato la responsabilità di mantenere i conti in ordine limitandone la spesa, in linea con gli impegni assunti dall’Italia con il Trattato di Maastricht del 1992 che ha rafforzato la cooperazione tra i paesi europei, ha creato le premesse per l’euro e disciplinato gli aspetti pratici del suo funzionamento.
Dal 2016 però si è scelto di aprire la strada a una maggiore flessibilità finanziaria. Oggi il principio guida non è più il Patto di stabilità, ma quello dell’equilibrio di bilancio, che consente agli enti territoriali di programmare meglio le proprie spese, purché siano sostenibili: si è consentito agli enti locali di utilizzare parzialmente l’avanzo di amministrazione e sono anche stati introdotti ulteriori strumenti di flessibilità per rilanciare gli investimenti sul territorio.
Il Fondo di solidarietà comunale è stato istituito nel 2013
La finanza comunale oggi
A partire dalla XVII legislatura (2013-2018) è iniziato – soprattutto attraverso le leggi di bilancio – un percorso normativo volto a sostenere gli investimenti dei Comuni, sia tramite interventi legislativi di semplificazione amministrativa funzionali ad accelerare la realizzazione delle spese, sia attraverso la messa a disposizione di nuove risorse da ripartire tra i Comuni stessi e destinate a molteplici finalità, in particolare la manutenzione stradale, il dissesto idrogeologico, l’edilizia pubblica e la riqualificazione e rigenerazione urbana.
Nel corso della scorsa legislatura, terminata nel 2022, il Parlamento è poi intervenuto più volte sulla fiscalità dei Comuni. Ha rivisto le imposte sugli immobili, modificato la disciplina della TARI ma soprattutto, è stata apportata una revisione del sistema di alimentazione e di ripartimento del Fondo di solidarietà comunale. Quest’ultimo è lo strumento un meccanismo perequativo che ridistribuisce le risorse tra Comuni in base ai bisogni e alle capacità fiscali. Da un lato si è provveduto a incrementare la dotazione del Fondo e dall’altro a rendere la sua applicazione più graduale.

Il Fondo di solidarietà comunale
Il Fondo di solidarietà comunale è stato istituito nel 2013, sostituendo il precedente sistema di trasferimenti statali ai Comuni, introducendo criteri basati sulla capacità fiscale e sui fabbisogni standard di ciascun ente locale. Ѐ alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei Comuni stessi e viene distribuito sia per compensare delle risorse che i Comuni ricevevano in base a vecchi criteri di ripartizione, sia secondo un sistema più equo, detto componente perequativa, che ridistribuisce le risorse tra i Comuni in base ai loro reali bisogni e capacità fiscali, allontanandosi progressivamente dal metodo basato sulla spesa storica, cioè i fondi assegnati in base a quanto un Comune ha speso in passato.
Il progressivo rafforzamento della componente perequativa ha comportato tuttavia alcune difficoltà nella redistribuzione delle risorse, che hanno penalizzato soprattutto i Comuni di piccolissime dimensioni penalizzati da una riduzione troppo rapida dei trasferimenti. Per rendere il processo più sostenibile, con un decreto del 2019 è stato stabilito un percorso più graduale e negli ultimi anni sono stati avviati lavori per rivedere i fabbisogni standard, concentrandosi su alcune funzioni sociali per definire livelli di servizio uniformi nel territorio.
Infine, le leggi di bilancio del 2021 e 2022 hanno aumentato significativamente la dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale, destinando allo svolgimento di alcune specifiche funzioni fondamentali in ambito sociale, come il potenziamento dei servizi sociali, degli asili nido e del trasporto scolastico per alunni con disabilità.

Il congelamento del saldo
Ora diventa più chiaro perché la notizia del congelamento da parte del Ministero dell’Interno del saldo della prima rata del fondo, a causa di mancanza di liquidità dello Stato centrale, rappresenti un campanello di allarme per i sindaci. Se nell’ultimo decennio il progressivo rafforzamento della componente perequativa del meccanismo del Fondo ha comportato alcune difficoltà nella redistribuzione delle risorse, lo stop attuale al trasferimento rappresenta una criticità ulteriore ma di tipo operativo, che però vedrà sicuramente una soluzione nel breve termine
Non si tratta infatti di un taglio delle risorse ma di una proroga dell’erogazione, che tuttavia è un macigno che cade nel già complesso percorso della vita amministrativa dei piccoli Comuni. Le risorse del Fondo di solidarietà comunale sono fondamentali per le spese correnti, come la pulizia delle strade o altri servizi e cantieri. I Comuni che vivono maggiormente il problema sono quelli piccoli, cioè quelli sono i 3.000 abitanti, che non dispongono di altre risorse per far fronte alle spese correnti dei servizi pubblici o per poter programmare la spesa e pagare i fornitori.
In questi Comuni, che rappresentano quasi il 70% di quelli italiani, vive il 17% della popolazione e molti di essi sono attraversati da fenomeni noti come lo spopolamento e la crisi demografica. Un blocco, seppur momentaneo, dell’erogazione delle risorse aggrava una già diffusa sofferenza strutturale e mina ulteriormente il loro ruolo di primi presidi di cittadinanza.
Questo approfondimento fa parte della rubrica Maestrale a cura di Stefano Gregorini.
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