16 Ottobre 2025 | Tempo lettura: 7 minuti

A Putifigari mega-impianto fotovoltaico nel sito UNESCO: lo Stato contro Soprintendenza e ONU

In Sardegna il MASE ha dato esito positivo alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per il progetto di un mega-impianto fotovoltaico dentro l’area di buffer di un sito Patrimonio dell’Umanità, ignorando il parere negativo della Soprintendenza e i gli obblighi verso l’UNESCO.

Autore: Sara Corona Demurtas
fotovoltaico
L'articolo si trova in:

In breve

Il caso del fotovoltaico a Putifigari e le contraddizioni dello Stato italiano.

  • A Putifigari, in provincia di Sassari, è stato approvato il progetto di un impianto fotovoltaico di 97 ettari in prossimità di un sito archeologico patrimonio UNESCO.
  • L’autorizzazione concessa dal Ministero dell’Ambiente contraddice il parere negativo espresso dalla soprintendenza.
  • Le azioni di mitigazione proposte sono insufficienti per tutelare il bene architettonico.
  • Il sito di Putifigari è sottoposto a vincolo da parte dell’UNESCO, ma il Ministero ha ignorato anche quello.

Il 6 ottobre il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha dato il via libera alla costruzione di una mega-impianto fotovoltaico, con estensione 97 ettari e potenza 37,60 MWp, in Comune di Putifigari (Sassari). L’area nord dell’impianto, in località Monte Siseri, sarà realizzata a 500 metri di distanza da una necropoli complessa del tipo domus de janas, tipica della preistoria della Sardegna e risalente a circa 6000 anni fa, all’interno della quale spicca l’eccezionale tomba ipogeica di S’Incantu. Nel luglio di quest’anno la domus ha ottenuto, insieme ad altri 17 siti preistorici sardi, il riconoscimento UNESCO ed è ora classificata e tutelata come Patrimonio dell’Umanità ai sensi della Convenzione.

La società proponente, la romana Ine Seddonai S.r.L., afferma di aver adeguato il progetto alle osservazioni presentate dalla Regione e dal Ministero dell’Ambiente durante il lungo iter per l’approvazione, iniziato nel 2022. Dal punto di vista archeologico e paesaggistico, avrebbe aumentato la distanza degli impianti dai beni archeologici e previsto di mitigare l’impatto visivo dei pannelli fotovoltaici con la piantumazione di nuovi alberi. Nella programmazione si è poi impegnata a garantire che un archeologo sia sempre presente nel cantiere per monitorare le fasi di scavo, incluse quelle per la messa in posa dei cavidotti, così da poter interrompere i lavori nel caso di nuovi ritrovamenti archeologici. Come minimo, verrebbe da aggiungere.

Se è anche vero che la società, a fronte delle osservazioni critiche ha ridotto la potenza dell’impianto fotovoltaico da 72,64 a 37,60 MWp, ne ha però aumentato l’estensione di 11 ettari. L’iniziale proposta di 86 ettari infatti è oggi cresciuta a 97: il progetto approvato prevede quindi quasi un chilometro quadrato di suolo impegnato dalla centrale.

fotovoltaico speculazione energetica UNESCO
Putifigari, necropoli di Monte Siseri – foto di Gianni Careddu

Il patrimonio presente nella zona

L’area interessata è ricchissima di evidenze archeologiche che testimoniano una continuità di presenza umana nell’arco di diversi millenni, dal Neolitico all’età nuragica, con una fitta trama di insediamenti in stretta relazione tra loro – tra cui almeno 4 nuraghi e altre domus de janas che ricadrebbero a meno di 100 metri di distanza dalle strutture previste. Per la Soprintendenza Speciale per il PNRR, che recepisce i pareri delle Soprintendenze locali per l’archeologia, queste caratteristiche rendono l’area assolutamente inadatta a ospitare un impianto di questo tipo.

La modifica del paesaggio causerebbe un danno indiretto ai beni archeologici, anche quando non direttamente colpiti. L’impianto “porterebbe a una trasformazione del paesaggio e delle relazioni esistenti tra i monumenti”, alterando anche “i caratteri di naturalità che ancora oggi caratterizzano questa porzione del territorio di Putifigari”. Per queste ragioni, il 12 settembre la Soprintendenza ha infatti emanato parere negativo alla realizzazione del progetto – puntualmente ignorata dalla Commissione Tecnica PNRR-PNIEC del MASE che l’ha approvato poche settimane dopo.

Il territorio in cui ricade l’impianto fotovoltaico è vincolato da un accordo con l’organizzazione delle Nazioni Unite

Il mega-impianto fotovoltaico e la questione UNESCO

Il caso di Putifigari è però diverso dagli altri esempi sardi in cui mega-progetti di impianti per la produzione di energia rinnovabile sono stati approvati contro il parere del Ministero della Cultura. La differenza la fa l’UNESCO ovvero il fatto che il territorio in cui ricade l’impianto fotovoltaico sia vincolato da un accordo con l’organizzazione delle Nazioni Unite, che l’Italia si è impegnata a rispettare con l’inserimento dei siti nelle liste del Patrimonio dell’Umanità

Il Centro Studi Identità e Memoria (CeSim), che ha coordinato negli anni il progetto per l’iscrizione delle domus de janas, ha pubblicato un comunicato stampa per richiamare l’attenzione su questo impegno. “L’UNESCO stabilisce che ogni progetto pubblico e privato che possa incidere sul Valore Universale Eccezionale di un sito iscritto deve essere oggetto di una preventiva valutazione – si legge nella nota – che deve essere condotta prima di qualsiasi decisione autorizzativa e notificata all’UNESCO tramite il Ministero della Cultura”. 

Ѐ la presidente del Cesim, l’archeologa Giuseppa Tanda, a spiegare che «quando si costruisce qualcosa vicino a un sito Patrimonio dell’Umanità bisogna chiedere l’autorizzazione all’UNESCO». L’impianto fotovoltaico di Ine Seddonai ricadrebbe infatti in un’area che è pienamente riconosciuta e tutelata dalla normativa dell’organizzazione.

HEADER fotovoltaico putifigari 4
Putifigari, necropoli di Monte Siseri – foto di Gianni Careddu

L’UNESCO ha imposto intorno al sito archeologico di S’Incantu un’ampia zona di rispetto – in inglese, “buffer” – che si estende per diversi chilometri. Da normativa, gli Stati membri hanno l’obbligo di informare preventivamente l’UNESCO prima di intraprendere qualsiasi azione di modifica dei siti, della zona di buffer ma anche di un’area ancora più ampia – il cosiddetto “wider setting” – che include in generale tutto l’ambiente naturale in cui i siti archeologici sono inseriti e che partecipa al loro “eccezionale valore universale”. L’impianto fotovoltaico di Ine Seddonai ricadrebbe per intero nel buffer.

«Il buffer protegge il sito archeologico. È un’area in cui il contesto ambientale deve essere lasciato così com’è», afferma la dottoressa Tanda. «La costruzione di un impianto trasforma l’area in un contesto industriale, urbano. Questo è un problema perché l’ambiente è parte del sito archeologico: l’essere umano antico opera sempre una scelta ambientale quando decide dove costruire le tombe o dove realizzare un insediamento». Il buffer ha quindi esso stesso valore culturale.

«Prima ancora di presentare richiesta di riconoscimento all’UNESCO, il Cesim ha segnalato all’attuale giunta regionale tutte le buffer zones dei siti che si intendeva proporre per la candidatura», denuncia ancora Tanda. «E questi vincoli – prosegue – sono stati inclusi nella mappa delle aree non idonee»: ovvero, nella legge regionale sarda numero 20, approvata a dicembre 2024. Ma la legge è stata impugnata dal Governo italiano ed è in attesa di giudizio davanti alla Corte Costituzionale.

HEADER fotovoltaico putifigari 3
In giallo l’area buffer (da qui)

Ѐ davvero “tutela”?

Per molti in Sardegna l’iscrizione nelle liste UNESCO è stata vissuta come una grande conquista in termini di diritti: con essa, si dovrebbe “scavalcare” lo Stato – il quale ha storicamente considerato con scarso interesse l’archeologia e la storia sarde – ottenendo un riconoscimento internazionale da parte di un’istituzione sovranazionale. Ma la manovra del Governo italiano per l’impianto di Putifigari, che liquida a carta straccia il parere delle Soprintendenze e delle istituzioni regionali, mostra le contraddizioni di un sistema di tutele che è comunque sempre in capo allo Stato.

Se l’Italia viene meno ai suoi obblighi nei confronti dell’UNESCO, con il mancato rispetto delle procedure di gestione e tutela, la paura di molti in Sardegna è che l’Organizzazione possa in futuro decidere di escludere S’Incantu dalla lista dei beni Patrimonio Mondiale dell’Umanità a causa della compromissione del suo contesto ambientale. Se anche ciò non dovesse accadere, gli effetti reali previsti nero su bianco dagli esperti di archeologia e patrimonio culturale si faranno sentire. A pagarne le spese, il territorio della Sardegna e le comunità che lo abitano.