La legge sulle aree idonee? Per il Tar del Lazio è tutto da rifare
Dalla penna di Maurizio Onnis, sindaco di Villanovaforru, una riflessione sulle ultime decisioni del TAR del Lazio in materia di rinnovabili e aree idonee.

In breve
Cambia ancora la legge sulle aree idonee: le regioni avranno meno potere nel decidere dove è possibile installare impianti di produzione di energie rinnovabili.
- Il TAR del Lazio ha annullato una parte essenziale del decreto Pichetto Fratin sulle aree idonee.
- Il tribunale si espresso dopo un ricorso dell’Associazione nazionale dell’energia del vento, che forse mirava a escludere completamente le Regioni dal processo di scelta dei territori in cui montare pale.
- I giudici hanno ordinato al ministero per l’Ambiente di stabilire, per l’individuazione delle aree idonee e non idonee, criteri dettagliati e rigidi ai quali le Regioni saranno costrette ad attenersi.
Il fronte delle rinnovabili in Sardegna è tanto mobile e soggetto a cambiamenti che nessuno può prendersi una pausa o sperare nello stabilizzarsi della situazione. Non le amministrazioni locali, sempre all’erta e in attesa dei pronunciamenti del ministero dell’Ambiente sui progetti che attendono il via libera. Non i comitati, vigili sul territorio e impegnati ad arginare i nuovi cantieri eolici o fotovoltaici e denunciare gli appetiti delle aziende del comparto elettrico.
E ancora, non il governo regionale, in conflitto aperto con l’esecutivo di Roma: il quale, come sappiamo, ha impugnato tra 2024 e 2025 prima la Legge 5 della Regione Autonoma della Sardegna – la cosiddetta legge “di moratoria” – e poi la Legge 20 su aree idonee e non idonee a ospitare impianti di produzione di energia rinnovabile. Particolarmente attivi sono infine i tribunali, chiamati a esaminare e giudicare ricorsi provenienti dalle diverse parti in causa. Ed è proprio di una corte che parleremo ora: il TAR del Lazio.
Il TAR del Lazio contro la legge sarda sulle aree idonee
I giudici laziali hanno prodotto di recente due sentenze che ci riguardano. La prima su istanza della Rwe Renewables Italia Srl, che è pronta a innalzare pale eoliche nell’Isola. In questo caso il tribunale ha deciso con numerosi argomenti di rimandare alla Corte costituzionale la Legge 20 della Regione Autonoma della Sardegna perché contrasterebbe con le prerogative dello Stato in materia di legislazione economica, sociale, ambientale ed energetica.

Una sentenza che, fosse giunta mesi addietro, avremmo definito dirompente. Oggi però è caduta quasi nel silenzio, perché il rinvio alla Consulta è già stato esperito dal governo italiano. Piove sul bagnato insomma e qui si tratta solo di attendere le decisioni della magistratura più alta.
Il TAR del Lazio contro il decreto Pichetto Fratin
La seconda sentenza cui accennavamo ha invece un impatto assai più generale e colpisce l’intero territorio italiano. Il TAR si è attivato dietro ricorso dell’ANEV, l’Associazione nazionale dell’energia del vento, ovvero la “benemerita” aggregazione delle aziende che vogliono coprire la Sardegna di pale eoliche, e ha con la sua sentenza annullato una parte essenziale del decreto Pichetto Fratin sulle aree idonee dell’estate 2024, ingiungendogli di riscriverlo.
L’ANEV sosteneva – e qui virgolettiamo il testo della sentenza – che il decreto Pichetto Fratin eccedesse “nella attribuzione alla competenza legislativa delle Regioni di una piena e arbitraria discrezionalità nell’individuazione delle superfici e aree idonee per l’installazione di impianti FER, anche mediante l’attribuzione della facoltà di estendere le fasce di rispetto dei beni sottoposti a tutela fino a 7 chilometri”.
Pichetto Fratin aveva lasciato briglia troppo sciolta agli enti locali, non indicando i criteri specifici in base ai quali delimitare aree idonee e non
Sempre secondo ANEV, tale libertà avrebbe spinto le Regioni a escludere una parte troppo ampia dei loro territori dall’installazione di impianti eolici, impedendo così “il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030”. E impedendo alle stesse aziende – aggiungiamo noi anche se questo non appare nei documenti – di concludere lucrosi affari.
I giudici bocciano il governo
I giudici non hanno dato ragione in tutto e per tutto all’ANEV, che forse mirava a escludere completamente le Regioni dal processo di scelta dei territori in cui montare pale. Ma hanno sentenziato che Pichetto Fratin aveva comunque lasciato briglia troppo sciolta agli enti locali, non indicando i criteri specifici in base ai quali delimitare aree idonee e non idonee.
“Così, ad esempio – riportano – non sono stati previsti criteri di valutazione tarati sulla tipologia di fonte rinnovabile e/o sulla taglia dell’impianto, non sono stati previsti criteri per valutare le situazioni di concentrazione di impianti FER nella medesima area ovvero di interazione con altri progetti o programmi, né sono stati previsti criteri per apprezzare adeguatamente specifiche aree, quali i siti Rete Natura 2000, le aree naturali protette, quelle caratterizzate da dissesto e/o rischio idrogeologico ecc.”.

Rilievi non da poco. E infatti, come risultato, i giudici hanno ordinato al ministero per l’Ambiente di stabilire, per l’individuazione delle aree idonee e non idonee, criteri dettagliati e rigidi ai quali le Regioni saranno costrette ad attenersi. Si capisce, leggendo la sentenza, che la base cui richiamarsi è il decreto Draghi del 2021: quindi, ad esempio, niente estensione a sette chilometri del limite di protezione dei beni vincolati. Una volta che il governo riscriverà la norma, le Regioni avranno sei mesi per adeguarsi e stendere a loro volta una legge sulle aree idonee che recepisca, senza sbavature, il dettato di Roma.
Aree idonee: tutto da rifare
In sostanza siamo alle prese con un nuovo giro di pista ed è come se ricominciasse tutto da capo. Per le aziende è una vittoria a metà. Già lamentano l’allungarsi dei tempi e Simone Togni, il presidente di ANEV, intervistato da greenreport.it, ha detto di sperare «nell’avvio di un piano straordinario per liberare le centinaia di progetti rinnovabili pronti a essere realizzati, ma fermi in attesa dei via libera autorizzativi. Non possiamo più permetterci di aspettare». Per noi sardi, se vogliamo chiamare le cose con il loro nome, è una sconfitta piena, perché per la Regione Autonoma della Sardegna si chiuderà qualsiasi spazio discrezionale. La minestra è quella. Vogliono che la mangiamo così com’è. E non ce n’è altra.
Commenta l'articolo
Per commentare gli articoli registrati a Italia che Cambia oppure accedi
RegistratiSei già registrato?
Accedi