6 Ottobre 2025 | Tempo lettura: 7 minuti
Ispirazioni / Io faccio così

Silvia Baistrocchi: “L’amore per la vita mi ha consentito di vincere la sclerosi multipla”

Vi raccontiamo la storia di Silvia Baistrocchi, a cui a vent’anni è stata diagnosticata la sclerosi multipla. Dopo un lungo lavoro, tanti alti e bassi, ha vinto la malattia e oggi si racconta sui social per ispirare altre persone.

Autore: Angela Giannandrea
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Silvia Baistrocchi condivide con noi di Italia che Cambia la sua storia di rinascita dopo anni di sofferenza fisica e psicologica a causa della sclerosi multipla. Un percorso che Silvia racconta nel suo primo libro Sclerosi multipla, ti ho vinto così: Quando l’amore per la vita è più forte della malattia e che oggi è fonte di ispirazione per le molte persone che la seguono sui diversi canali social, una community, una famiglia che costruisce felicità come lei stessa dice.

Le ho chiesto di parlarci un po’ di sé. «Silvia Baistrocchi oggi è una donna che, ancora una volta nella sua vita, si sta ricostruendo», inizia a raccontare. «Quando a vent’anni mi è stata diagnosticata la sclerosi multipla, ero una ragazza fragile e insicura, che non sapeva volersi bene. Sono cresciuta per vent’anni con l’idea che la malattia fosse un nemico da cui difendersi».

A quarant’anni è arrivata la rinascita, «prima con la nascita di mia figlia e poi con un’esperienza di premorte, vissuta in seguito a uno shock anafilattico, che ha segnato l’inizio di un nuovo modo di vivere. Guardando il mio corpo dall’alto, come se scorresse un film, capii che la vita è davvero una questione di prospettiva. È come osservare un quadro troppo da vicino: vedi solo le macchie di colore. Ma se fai un passo indietro, riconosci l’immagine intera e il suo significato. C’erano tante cose belle nella mia vita, ma io non le vedevo perché ero concentrata solo sulla malattia».

Silvia Baistrocchi

Con questa nuova consapevolezza e con scelte diverse, Silvia Baistrocchi è tornata a stare bene per dieci anni. «Poi, durante la pandemia, è arrivata una ricaduta devastante. All’inizio mi sono sentita a pezzi e non riuscivo a vedere oltre. Ma con pazienza ho ricominciato a ricostruirmi. Oggi lavoro sodo per tornare a camminare e, mentre lo faccio, continuo a scegliere quello sguardo “dall’alto”, perché anche nei giorni più difficili si può trovare qualcosa di prezioso. Se non ci fermiamo solo alla prova che stiamo vivendo, ma ci chiediamo cosa c’è dietro, quale senso può avere e come possiamo affrontarle, allora anche il dolore ha un senso».

Hanno peso anche le parole nei momenti difficili. Possono “rovinarci” o far nascere qualcosa di nuovo, dice Silvia. «A vent’anni incontrai due medici molto diversi. Con le parole uno mi uccise, mentre l’altro mi salvò. Allora non ero consapevole del peso delle parole e lasciai che quelle frasi diventassero quasi una sentenza. Oggi, invece so bene quanto contino. Per questo credo che dovrebbe essere insegnato – anche ai medici! – a fare attenzione a come ci parliamo, a quello che dicono gli altri e perfino alle notizie che ascoltiamo ogni giorno. Perché le parole possono aprire strade o chiuderle».

Secondo Silvia, oggi la sanità rispetto al passato è un po’ migliorata, anche nel rapporto medico-paziente, ma c’è ancora molto da fare in senso migliorativo. Purtroppo, nonostante i passi avanti, la malattia è vista da molti solo come un problema fisico. Spesso si pensa a curarla soltanto nei sintomi, senza guardare alla persona nella sua totalità, come invece è fondamentale fare. «Lo dico perché l’ho vissuto e lo sto vivendo in prima persona», precisa Baistrocchi.

Silvia Baistrocchi
Silvia Baistrocchi

«Per questo sono fermamente convinta che servirebbe un’équipe multidisciplinare che segua il paziente a 360 gradi, almeno nei primi tempi. Perché affrontare la malattia da soli è troppo difficile, a volte devastante. E non solo per chi riceve la diagnosi, ma anche per i familiari, che spesso vengono messi in secondo piano. In realtà, anche loro hanno bisogno di sostegno e aiuto».

Silvia è fermamente convinta dell’importanza di guarire la nostra vita oltre che il nostro fisico per riuscire a non farci condizionare dalle circostanze esterne. «È importantissimo. Viviamo in una società che mette il fisico al primo posto e spesso ci vergogniamo quando non è più “perfetto”. Fino a poco tempo fa la disabilità era quasi un tabù. Ma noi non siamo solo corpo: siamo anche mente e spirito. Guarire la nostra vita significa non fermarsi alla malattia, ma imparare a darle un senso, per vivere in modo più pieno e libero da ciò che accade fuori».

È importantissimo guardare avanti e lasciare andare. Spesso invece restiamo fermi a rimpiangere il passato o a temere il futuro. «Io stessa ho fatto questo errore per anni. Dopo la ricaduta durante la pandemia mi sono persa a piangermi addosso, a immaginare scenari impossibili, a chiedermi dov’era finita la Silvia che con tanta fatica “era rinata”. Con l’aiuto di una psicologa ho capito che il primo passo era fermarmi, elaborare quello che stava accadendo, lasciare andare i “perché” e i “per come” e poi ripartire. Così, pian piano, ho compreso che la vita non mi stava punendo, ma mi stava mettendo davanti a una prova per aiutarmi ad andare oltre».

Le parole possono aprire strade o chiuderle

«In fondo la vita è un po’ come in un videogioco: arrivi a un certo punto e poi devi salire di livello. Sai che sarà più difficile, ma non ti fermi, vai avanti. E io è così che ho scelto di vivere». La mia curiosità si sofferma sulla metafora del retino usata da Silvia. Mi racconta che le è venuta in mente durante una giornata trascorsa in piscina mentre con un retino piccolo si divertiva a salvare le formiche che stavano annegando. «Ho pensato che, in fondo, anche noi nella vita abbiamo bisogno di un retino», osserva.

«A volte il retino sono le persone che ci tendono una mano, altre volte una parola detta al momento giusto, un libro, una canzone o un ricordo. Spesso pensiamo di dover fare tutto da soli, convinti che non ci siano più persone pronte ad aiutare. Ma non è vero. Se mettiamo da parte queste convinzioni e, con umiltà, impariamo a chiedere aiuto, ci accorgiamo che di persone belle – retini – ce ne sono tante. Certo, ogni tanto capita anche un retino bucato, qualcuno che non ti aiuta ma poco importa».

Per Silvia Baistrocchi gli altri sono importanti, ma è anche vitale seguire solo se stessi e smettere di nascondersi per cambiare. «Per una vita ho fatto e pensato quello che dicevano gli altri, finendo per diventare una brutta copia. Adesso ho capito che ascoltare e chiedere consigli è importante, ma alla fine la scelta deve essere tua, di quello che senti ti fa bene. Perché ci sarà sempre qualcuno che ti dice di no e per motivi che sono infiniti. Ma la verità è che la vita è tua. E quando torni a casa, con i tuoi pensieri e le tue scelte, gli altri spesso non ci pensano nemmeno più». 

Silvia Baistrocchi

Per anni Silvia Baistrocchi si è vergognata della malattia e l’ha tenuta nascosta perché si vergognava lei per prima. Oggi addirittura racconta la sua vita sui social, per ispirare. «Nascondersi è come vivere sempre dietro una tenda chiusa: pensi di proteggerti, ma in realtà ti privi della luce. Solo quando la scosti e lasci entrare il sole, ti accorgi che intorno a te c’è molto più di quello che immaginavi».

La vita è un rompicapo, osserva Silvia in conclusione, ed è importante continuare a giocare anche quando non capisci cosa succede. «Una volta, in un mercatino, comprai un piccolo gioco rompicapo. Passavo ore a girarlo tra le mani senza riuscire a risolverlo, ma nonostante questo non lo mollavo. Quel gioco mi ha fatto pensare alla vita: anche quando non capiamo cosa sta succedendo, non dobbiamo smettere di “giocare”. Forse non troveremo la soluzione perfetta, forse creeremo un disegno diverso da quello immaginato dal costruttore del gioco. Ma se in quel tempo abbiamo provato, cercato, sperimentato, allora abbiamo davvero vissuto. Giochiamo, giochiamo, giochiamo!».