11 Novembre 2025 | Tempo lettura: 7 minuti

Io non lascio tracce: ecco come esplorare la natura senza danneggiarla

Io non lascio tracce è una campagna di formazione e informazione su come frequentare luoghi naturali senza alterarne l’equilibrio, evitando di sporcare, danneggiare flora o fauna, consumare risorse preziose.

Autore: Francesco Bevilacqua
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In breve

“Io non lascio tracce” è la parola d’ordine per frequentare ambienti naturali senza alterarne l’equilibrio.

  • Spesso cammini, viaggi lenti ed escursioni in natura vengono considerate esperienze a impatto zero, ma non è sempre così.
  • Dagli Stati Uniti è partita l’esperienza di Leave no trace, una campagna che fa formazione e informazione su come comportarsi in natura.
  • Leave no trace si fonda su sette pilastri con altrettante raccomandazioni.
  • La campagna è arrivata anche in Italia, dove è stato creato un manifesto condiviso con dieci punti.

“Tramite scienza, educazione e supporto nella gestione etica delle risorse, la nostra missione è garantire un futuro sostenibile al pianeta e al mondo naturale”. Si presenta con queste parole la campagna Leave no trace, che dal 1994 si occupa di aiutare le persone che frequentano l’ambiente – dagli escursionisti che percorrono lunghi cammini fino a chi va a passeggiare in un parco – a ridurre il loro impatto sull’ambiente stesso.

Negli Stati Uniti, dove la campagna è attiva da molti anni, i risultati si vedono in termini di cambiamento delle abitudini dei visitatori e diminuzione dell’impatto antropico medio sui sentieri. Da qualche mese la campagna è sbarcata anche in Italia, sotto il nome di “Io non lascio tracce” e si prefigge di raggiungere obiettivi analoghi

Le tracce che lasciamo

Già, perché anche attività apparentemente ecologiche e sostenibili spesso hanno ripercussioni negative sull’ecosistema, a volte come frutti di consapevole noncuranza, altre volte in modi che non riusciamo neanche a immaginare – e quindi prevenire – ma che lasciano dietro di noi tracce più o meno evidenti del nostro passaggio.

Un esempio lampante è quello del Cammino di Santiago. Il cammino forse più famoso di tutti è un simbolo, la punta dell’iceberg di un fenomeno – quello dell’overtourism – che dalle mete del turismo di massa si sta spostando anche nelle aree montane e in quelle interne, nei cammini, nei borghi. Tale fenomeno ha un impatto ambientale e sociale molto consistente, a maggior ragione in contesti particolarmente fragili e delicati come quelli appena citati.

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Le varie comunità locali stanno iniziando a comprenderlo e studiare provvedimenti per porvi rimedio o quanto meno per frenarlo. Un aiuto decisivo è quello che può nascere da Leave no trace, la campagna nata ormai più di trent’anni fa negli Stati Uniti ed emigrata poi un po’ il tutto il mondo, compresa l’Italia. L’obiettivo di questa iniziativa – e di tante altre che si muovono sulla sua falsariga – è quello di sensibilizzare le persone che frequentano gli ambienti naturali, spiegare loro quali possono essere le conseguenze di tale frequentazione e fornire gli strumenti per contenerne il più possibile l’impatto.

Leave no trace si fonda su sette principi cardine pensati per ridurre al minimo l’impatto umano sull’ambiente naturale. Si tratta di principi semplici: pianificare bene prima di partire, muoversi solo su sentieri già tracciati, non lasciare rifiuti e non portare via nulla dal luogo visitato sono gesti che aiutano a non alterare l’ambiente. Meglio evitare i fuochi, rispettare gli animali selvatici e mantenere un comportamento cortese anche con gli altri visitatori.

Gli strumenti

Nei suoi tre decenni di attività, la campagna per chi non vuole lasciare tracce ha implementato una serie di strumenti utili, finalizzati più che altro all’informazione e alla formazione. Da un lato semplici gadget come abbigliamento o accessori, come le borracce, griffati Leave no trace, ma anche poster e locandine con un riassunto dei sette pilastri e delle buone pratiche da adottare che possono essere appesi lungo i cammini, nei rifugi, nei parcheggi e ovunque possano essere letti.

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Dall’altra gli strumenti formativi: la campagna propone corsi di primo e di secondo livello per diventare istruttori e istruttrici. Si tratta di programmi abbastanza snelli – rispettivamente 30 e 35 lezioni – fruibili online che trasmettono tutte le competenze su temi come la storia e l’attività di Leave no trace, le linee guida nazionali, i fondamenti scientifici, le attività da svolgere e così via.

Ci sono anche diverse possibilità per partecipare in prima persona alle attività della rete. Si può diventare membri, sostenendo Leave no trace con una donazione mensile; si può diventare volontari e portare avanti la diffusione delle buone pratiche e degli strumenti nelle proprie comunità; si può aderire come partner con diverse opportunità, da quelle rivolta alle aziende a quelle per enti pubblici.

Serve davvero?

Sono diversi gli studi che hanno esaminato gli effetti della campagna – e in generale di una maggiore attenzione da parte di chi frequenta gli ambienti naturali – sull’equilibrio dell’ecosistema. A livello culturale ciò che è emerso è che la campagna ha reso riconoscibile un insieme di pratiche che prima erano disperse tra regolamenti dei parchi, buone abitudini dei ranger e tradizioni degli escursionisti, trasformandole in un linguaggio comune che oggi molti visitatori conoscono, almeno a grandi linee.

Gli studi mostrano che quando le persone vengono esposte ai messaggi della campagna Leave no trace – attraverso corsi e momenti di formazione ma anche con cartelli e materiali sul posto – aumentano la loro consapevolezza rispetto ai comportamenti che generano degrado – come uscire dal sentiero, creare nuovi focolari, lasciare rifiuti o scarti di cibo, campeggiare in zone sensibili – e dichiarano più spesso l’intenzione di evitarli. Questo effetto è più evidente per le azioni semplici e poco costose, come riportare a valle i rifiuti o restare sul tracciato, ed è più debole per quelle che richiedono tempo, organizzazione o superano consuetudini radicate, come la gestione corretta delle deiezioni o la rinuncia al fuoco dove tutti lo fanno.

Io non lascio tracce

Come detto in apertura, questa campagna si sta diffondendo a macchia d’olio in giro per il mondo ed è attivata anche in Italia. Nel nostro paese sta circolando sotto forma di un manifesto condiviso lanciato da Movimento Lento e dall’Upcycle Milano Bike Café, a cui si sono unite decine di associazioni che si occupano di cammini, turismo lento e valorizzazione del territorio, ma anche tante singole persone che hanno sottoscritto il manifesto individualmente.

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Questo Manifesto condiviso della sostenibilità a piedi e in bicicletta si articola in dieci punti:

  • Conosci l’itinerario che stai percorrendo: ogni cammino e ogni ciclovia sono unici, hanno una loro identità e sono stati creati con cura per raccontarti la storia di un territorio. Informati sul percorso e sulle sue regole.
  • Procurati le informazioni ufficiali e la credenziale se prevista. Prima di partire consulta guide, cartografia, tracce GPS, elenco delle strutture ricettive e prendi dimestichezza con gli strumenti che userai. Preparati adeguatamente e consulta le previsioni meteo, soprattutto in montagna, e eventuali aggiornamenti sulla percorribilità del tracciato per non mettere in pericolo te stesso e la vita dei soccorritori.
  • Prepara un bagaglio adeguato nel peso, nelle dimensioni, nel contenuto. Privilegia materiali di abbigliamento e attrezzatura durevoli e leggeri e rispettosi del pianeta, così butterai meno soldi e produrrai meno rifiuti inquinanti.
  • Rimani sui sentieri stabiliti ed evita il passaggio non autorizzato in proprietà private, evitando di calpestare o danneggiare la vegetazione e le coltivazioni, anche quando devi accamparti.
  • Negli ostelli tradizionali a offerta sii generoso e tieni conto dei costi di gestione e del lavoro profuso per te. Il tuo contributo di oggi permette a chi passerà dopo di te di trovare a sua volta accoglienza.
  • Sii responsabile verso gli altri viaggiatori: se noti segnavia fuori posto o assenti, problemi di manutenzione o interruzioni impreviste, segnalalo all’ente di riferimento o al Comune.
  • Porta sempre via i tuoi rifiuti, anche quelli organici.
  • Informati sulla flora selvatica e sugli animali del territorio e di come puoi comportarti senza causare danni e disturbo.
  • Se partecipi a eventi bikepacking o a cammini organizzati, prendi sempre seriamente le richieste dell’organizzazione (modulo di iscrizione, certificato medico, regolamento) e informati per bene sulle caratteristiche del percorso valutando obiettivamente la tua preparazione.
  • Per raggiungere il punto di partenza, usa quando possibile i mezzi pubblici, oppure condividi il viaggio con qualche amico.

Informazioni chiave

Impatto zero? Non proprio

Fare esperienze di viaggio in natura come escursioni o cammini può avere ripercussioni anche gravi sull’ambiente che attraversiamo.

Una campagna permanente

Per informare e formare chi frequenta questi ambienti è nata nel 1994 una campagna permanente che si chiama Leave no trace.

Strumenti utili

Leave no trace fornisce indicazioni pratiche su temi come gestione dei rifiuti, preparazione del viaggio, rapporti con le altre persone per rendere la proprio esperienza a impatto quasi zero.

Anche in Italia!

Nel nostro paese c’è una campagna analoga che ha lanciato un manifesto in dieci punti, anch’esso con indicazioni pratiche utili a un’esperienza in natura davvero sostenibile.