La Via Silente: 600 chilometri in bicicletta per scoprire l’entroterra del Cilento
Dopo quasi dieci anni torniamo in Cilento per scoprire come si sta evolvendo La Via Silente, un ciclopercorso che attraversa l’entroterra, in zone selvagge e silenziose, lontano dai circuiti turistici di massa.
Ormai quasi dieci anni fa andammo ci recammo in Campania per raccontare un “altro” Cilento, la sua parte più selvaggia e meno turistica, quella che spesso fatica a emergere, a dispetto del suo fascino umano e naturale. In questo piccolo viaggio di esplorazione, il nostro Paolo Cignini incontrò Simona Ridolfi, naturalista nonché ideatrice e realizzatrice della Via Silente, il primo ciclopercorso meridionale che con i suoi quasi 600 chilometri ha contribuito – e contribuisce ancora oggi – al rilancio delle aree interne del Cilento, nella provincia di Salerno, dove si sviluppa il Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
La sede organizzativa della Via Silente è annessa a un bellissimo ostello, precisamente al chilometro 9 del percorso che Simona – insegnante di biologia appena tornata dal Cammino di Santiago – dopo averlo percorso una volta in bici e poi a piedi, propose al pubblico degli amanti della tranquillità e dei percorsi in natura insieme a una equipe di otto amici e tecnici fra biologi, geologi, cartografi, storici che contribuirono a idearlo.

La Via Silente e il silenzio dell’entroterra
Rimasi incuriosito, molti anni fa, quando durante miei giri in Cilento vidi apparire in moltissimi luoghi i primi cartelli, che sulle strade più tranquille segnalavano questo percorso. Mi chiedevo se in questo nome c’entrasse il fiume Sele – o viceversa – in un particolare gioco di parole sul Cilento, questa parte meravigliosa della provincia di Salerno, simile e allo stesso tempo radicalmente diversa dalla più famosa Costiera Amalfitana. E invece “silente” indica proprio il silenzio, la pace e la tranquillità in natura.
Rispetto alla Costiera, questa strada accarezza il mare e le sue rive solo in un paio di tappe, per spingersi coraggiosamente verso un interno tutto da gustare, da scoprire, in uno stimolante scambio con gli abitanti che – diciamolo – alle volte è più gratificante delle zone invase dal turismo di massa che preferisce sempre e solo il mare. La Via Silente è un ciclopercorso e non una ciclovia, quindi si serve di strade comunali e provinciali e di brevi tratti sulle nazionali. Per questo non ha costi di manutenzione e la stessa sede è dislocata gratuitamente presso l’ostello per i cicloviaggiatori, un palazzetto ristrutturato due anni fa, il cui proprietario è vicepresidente dell’associazione.
Cosa è cambiato negli ultimi anni?
Simona Ridolfi tornava da un giro di quattro mesi in bicicletta in Patagonia, mentre Simona Pergola aveva appena compiuto un viaggio in bicicletta che in 7 anni l’aveva portata in giro per tutto il mondo. Le due Simone si incontrarono sulla Via Silente e, dopo una empatia immediata, nacque l’idea di promuovere e rendere visibile il percorso, ma soprattutto di affrontare la sfida di proporlo in pacchetti turistici.

Ci sono numeri per raccontare gli ultimi anni? Risponde Simona Ridolfi: «Noi i cicloturisti non li contiamo, li raccontiamo, ma l’altra Simona, che ormai si occupa per mestiere di turismo, ha anche numeri che spiegano il successo crescente, lento e costante, che concretamente sta dando ossigeno ai piccoli centri attraversati dal percorso». Ora quindi abbiamo una Simona cilentana che promuove volontariamente la frequentazione e l’assistenza ai visitatori della Via Silente e una Simona romana che lavora ideando e promuovendo pacchetti che vengono commercializzati da un’agenzia turistica salernitana che, per l’occasione, si è specializzata nel cicloturismo.
«Ciò che rende particolare la Via Silente è che ora esistono delle ciclovie dei parchi, nate per iniziativa delle direzioni dei principali parchi nazionali, o la ciclovia dei Trabocchi sull’Adriatico, ma il nostro è un ciclopercorso che esisteva da prima di quelli ed era nato dal basso. Ovviamente quelle ciclovie sono piene di indicazioni perché ben finanziate. Noi siamo riuscite a fare 266 tabelle su un percorso di 600 chilometri, realizzate e dislocate a spese dell’Ente Parco. Quello che ci dicono i nostri frequentatori è che preferiscono queste indicazioni presenti solo in punti chiave, che non distraggono e che risultano preferibili alla sovrabbondanza che leva il senso di avventura di questi viaggi».

Programmi per il futuro
«Ci sono ogni tanto anche gradevoli sorprese», svela in conclusione Simona. «Il Comune di Sapri ha realizzato una pista ciclabile che cercheremo di inserire nel percorso, allungando il tratto costiero. Poi stiamo per pubblicare una Guida alla Via Silente con l’editore Terre di Mezzo, parteciperemo alla fiera di Francoforte sul cicloturismo e stiamo sviluppando la collaborazione con le content creators Cicliste per caso».
Ma le novità riguardano anche il percorso: «Integreremo la cartellonistica con la storia e con le mappe dislocate all’ingresso di ogni paese di tappa grazie al contributo dell’Ente Parco. Inoltre abbiamo iniziato a fornire anche delle e-bike che possono essere affittate presso la sede di Velina. In ogni tappa ci sono punti di ricarica presso le strutture convenzionate e presto l’ente parco ne apriranno di nuovi»
Mi riservo un’ultima domanda e chiedo a Simona se, anche solo in alcuni settori del percorso, sia possibile l’uso di carrozzine elettriche per persone con disabilità motorie. Simona risponde che è un’idea su cui stanno lavorando e che cercheranno di organizzarsi anche in questa direzione. Insomma, si pensa sempre più in grande, ma rimanendo umili e a misura di incontro umano, lontano dal turismo di massa.










Commenta l'articolo
Per commentare gli articoli registrati a Italia che Cambia oppure accedi
RegistratiSei già registrato?
Accedi