16 Dicembre 2025 | Tempo lettura: 7 minuti

Tommaso e il suo progetto Mediterrando: tre anni in viaggio per raccontare natura e cultura del Mediterraneo

Tre anni tra camper e barca a vela lungo coste e isole del Mediterraneo, per capire che cosa genera davvero salute in persone, comunità e territori. Ecco Tommaso e il suo progetto Mediterrando.

Autore: Paolo Cignini
Mani su una mappa del Mediterraneo mentre si pianifica il viaggio Mediterrando

Quando penso a Mediterrando vedo Tommaso Carmenati sul crinale dove sorge Autosufficienza, tra orti, boschi e sentieri. Qui è arrivato nel 2020 e oggi lavora nella squadra del centro occupandosi di eventi e comunicazione, in un luogo che sperimenta ogni giorno ecologia, salute e stili di vita essenziali. In parallelo ha portato avanti un percorso di studi che tiene insieme corpo, mente e territori, culminato in un triennio alla scuola IGEA della psichiatra Erica F. Poli, un percorso formativo dedicato a salutogenesi ed ecobioantropologia dove si è diplomato come Magister Salutis.

Quando gli chiedo che cos’è Mediterrando, lui fa una pausa e poi dice che è «un progetto, ma è anche un sogno, è anche una visione». Da una parte c’è l’idea di «portare un contributo mettendo insieme esperienze, competenze, talenti, desideri, per contribuire al bene comune» e creare «una coscienza collettiva riguardo al Mediterraneo». Dall’altra c’è il desiderio di «portare uno stimolo rispetto al non arrendersi di fronte alle difficoltà, al sognare» e di riabilitare «il potere del sogno, il potere del desiderio».

Tommaso Carmenati nel camper mentre prepara la rotta del progetto Mediterrando
Tommaso Carmenati. Foto: Angelo Trani

«Mediterrando vuole contribuire a ricreare una coscienza collettiva su quelle che sono le nostre radici e su come immaginare un futuro per il mar Mediterraneo» precisa Tommaso. «È un tema di biodiversità culturale, non di nazionalismi né di nostalgie: la biodiversità è valore e risponde al rischio di omologazione e alla standardizzazione dei popoli.»

Salutogenesi, ecobioantropologia e identità

A tenere insieme il tutto ci sono due parole che a prima vista possono sembrare astratte, ma che nel racconto di Tommaso diventano molto concrete: salutogenesi ed ecobioantropologia. La prima è il paradigma elaborato dal sociologo Aaron Antonovsky, che invece di concentrarsi sui problemi e sui sintomi prova a capire che cosa genera salute. «La salutogenesi si chiede: di fronte a una situazione difficile, qual è il potenziale intrinseco, qual è la risorsa che può scatenare un miglioramento della salute?» spiega Tommaso. «Ogni sistema può fare scelte che lo spostano verso la salute o verso la malattia».

Per rendere l’idea cita il Rione Sanità a Napoli, «quartiere estremamente difficile» trasformato in pochi anni grazie alla capacità degli abitanti di fare della ferita una risorsa collettiva. Accanto alla salutogenesi c’è l’ecobioantropologia, che unisce ecologia, biologia e antropologia per studiare come ambiente, vita e comportamento umano si influenzano a vicenda. In pratica significa osservare terre e comunità mediterranee – villaggi, quartieri, isole, campagne – per capire come si mangia, come si lavora, come ci si muove, quali riti e simboli tengono insieme le persone.

Il camper Libertad di Tommaso Carmenati, base del viaggio nel Mediterraneo in camper
Libertad, il camper da cui parte il viaggio nel Mediterraneo in camper. Foto: Angelo Trani

«Nel metodo IGEA una delle parole chiave è identità», sottolinea Tommaso. «Ho capito quanto sia cruciale per la salute collettiva ricreare una coscienza rispetto alle nostre radici. Nella cultura new age vedo spesso un grande vuoto spirituale: si scappa dal cattolicesimo per andare a cercare risposte in India o in riti sciamanici, quando nel Mediterraneo abbiamo tradizioni potentissime che parlano agli stessi bisogni, ma sono state insabbiate e dimenticate». Mediterrando nasce anche da qui: «Ricostruire storie e riti non attraverso me, ma attraverso chi li vive, dando voce a culture che possono ancora molto per la nostra salute».

Un viaggio tra terra e mare

Mediterrando sarà un viaggio di tre anni lungo le sponde del Mediterraneo, con due anni via terra e uno via mare. Tommaso partirà dallo stretto di Gibilterra e, attraversando coste e isole, farà ritorno ad Ancona, la città in cui è nato e dove simbolicamente chiude il cerchio. Quando gli chiedo quale scena sogna di vivere, chiude gli occhi e vede «un panorama tra terra e mare, dove in quei mari ci sono racchiuse le storie, le migrazioni, i commerci, le grandi storie del Mediterraneo – che vuol dire “nel mezzo delle terre”». È quel crocevia gigantesco di culture che vuole raccontare.

Nel viaggio la figura di Ulisse è una compagna costante. «Ulisse è un simbolo universale», racconta. «Incarnava tante qualità dell’umano: è frammezzato tra il sogno, l’osare e la casa, è colui che supera ostacoli per poi tornare». Ma è soprattutto la lettura dantesca delle Colonne d’Ercole a colpirlo. Nella Divina Commedia Ulisse finisce all’inferno perché pecca di hybris, la tracotanza di chi varca il limite imposto all’umano. Per Tommaso scegliere di partire da lì e tornare indietro significa dire che «possiamo toccare i limiti senza per forza oltrepassarli, scrivere un futuro diverso e rientrare ad Ancona con un’altra consapevolezza, riportando a casa l’equipaggio vivo e intero».

Interno del camper Libertad con cucina e mobili, vita a bordo nel Mediterraneo in camper
L’interno di Libertad, la casa mobile del viaggio nel Mediterraneo in camper. Foto: Angelo Trani

Divulgazione, vulnerabilità e ricostruzione di un’identità collettiva

Mediterrando non è pensato come un viaggio solitario. Tommaso insiste sulla dimensione di divulgazione e accompagnamento collettivo. «Quello che voglio fare è far scoprire alle persone le eccellenze e i territori del Mediterraneo dal punto di vista ecologico, biologico e antropologico» dice. «Quando uno li riscopre, si accende qualcosa: “cavolo, non lo sapevo, voglio andarci”. Così le persone tornano a portare attenzione a quei luoghi». Il percorso però non vuole limitarsi alla promozione di destinazioni virtuose. «Mi piacerebbe che chi segue Mediterrando si sentisse parte del viaggio», continua.

L’idea è creare collegamenti fra realtà diverse: una risorsa salutogenetica individuata in un territorio può diventare ispirazione per un altro comune, un’altra regione, un’impresa alla stessa latitudine che non sapeva neppure dell’esistenza di quell’esperienza. Dal viaggio dovranno nascere, oltre a un documentario e a un libro, anche strumenti per territori e comunità, basati su ciò che funziona davvero in fatto di salute collettiva.

Anche il modo di raccontare farà parte del messaggio. Tommaso non vuole una narrazione patinata del viaggio: «Mi piacerebbe fare una divulgazione che sia una messa a nudo: le notti in cui ti chiedi “ma chi me l’ha fatto fare?”, le giornate di fragilità, le vulnerabilità. Quello che c’è, senza troppi ritocchi. Penso che possa fare da specchio e spingere altre persone a guardarsi dentro».

Interno del camper Libertad con tavolo e sedute, la vita a bordo nel Mediterraneo in camper
Dentro Libertad, tra mappa, taccuino e quotidianità: la base del viaggio nel Mediterraneo in camper. Foto: Angelo Trani

Libertad, crowdfunding e un esempio controcorrente

A rendere possibile tutto questo c’è una parte molto concreta: Libertad – il camper in cui Tommaso vive da anni e che diventerà casa e base operativa del viaggio – ha bisogno di essere reso più autonomo e sicuro. Servono manutenzione, impianti, spazi ottimizzati e un set video leggero ma professionale per documentare ciò che accade tra terra e mare. Per questo è nata la campagna di crowdfunding su Produzioni dal Basso dedicata a Mediterrando.

Tommaso ha scelto un approccio sobrio: niente promesse di ricompense spettacolari, almeno in questa prima fase. Si appoggia a una rete di contatti personali e chiede soprattutto fiducia nel processo. «Quello che spero di offrire è prima di tutto un esempio di qualcuno che, pur in un momento per nulla comodo della propria vita, decide comunque di dedicarsi al bene comune», racconta. «In questo periodo mi stanno arrivando sfide una dietro l’altra, anche a livello di salute e di famiglia, non è affatto conveniente per me. Ma non voglio spegnere il sogno».

Il suo desiderio è che chi sosterrà Mediterrando non si senta solo “donatore”, ma compagno di rotta. Ogni goccia – economica, relazionale, simbolica – contribuirà a un racconto collettivo che prova a rispondere a una domanda semplice e radicale: come possiamo tornare a vivere nel Mediterraneo, questo mare “in mezzo alle terre”, in modo da prenderci cura, insieme, della nostra salute e di quella del mondo che abitiamo?