Femminicidio a Cava de’ Tirreni: Anna Tagliaferri uccisa dal compagno. L’emergenza e il ruolo dei media
A Cava de’ Tirreni un uomo ha ucciso la compagna e ferito gravemente la madre di lei, per poi suicidarsi. Ma lo sgomento arriva anche dal taglio che molti media danno della vicenda.
Anna Tagliaferri, imprenditrice di Cava de’ Tirreni, è stata uccisa la sera di due giorni fa nella sua abitazione dal compagno, Diego Di Domenico. L’uomo l’ha colpita con diverse coltellate al volto e al collo che non hanno lasciato scampo alla donna. Nel compiere il gesto ha ferito gravemente anche la madre di lei, che ha tentato disperatamente di difendere la figlia. Infine si è suicidato gettandosi dal tetto.
Quello di Cava de’ Tirreni è l’ennesimo inaccettabile femminicidio. Secondo l’Osservatorio Nazionale Femminicidi Lesbicidi e Transcidi stilato da Non Una Di Meno – aggiornato all’8 dicembre – nel 2025 si sono registrati 81 femminicidi, 3 suicidi indotti di donne, 2 suicidi indotti di due ragazzi trans, 1 suicidio indotto di una persona non binaria e 1 suicidio indotto di un ragazzo, mentre 7 casi sono ancora in fase di accertamento. Circa 70 sono invece i tentati femminicidi.
Fra i tanti dati raccolti dal movimento femminista – dati preziosi per costruire una cultura del rispetto e della prevenzione che superi la matrice patriarcale che costituisce l’humus sul quale prosperano i femminicidi – due sono particolarmente allarmanti. Il primo riguarda i casi con denunce o segnalazioni per violenza, stalking, persecuzione nei mesi precedenti: ben 17. Il secondo riguarda invece gli autori: il 52% di essi è il partner della donna uccisa.
Un altro aspetto da non sottovalutare è la portata mediatica dei femminicidi. Il caso di Anna Tagliaferri è emblematico: nel delitto di Cava de’ Tirreni, molti media hanno arricchito la cronaca con una serie di particolari riguardanti il femminicida, spesso con l’effetto – volontario o involontario – di creare alibi e attenuanti per giustificare il gesto. Salerno Today dedica un articolo intero alle “fragilità” dell’uomo, che presentava “un quadro psicologico complesso, aggravato da un drammatico precedente familiare: diversi anni fa, anche il padre dell’uomo era morto suicida, lanciandosi da un balcone”. Il Corriere del Mezzogiorno parla di “due vittime”, mentre Il Mattino sottolinea, insieme ai problemi psicologici, il fatto che il femminicida era “un ragazzo molto riservato”.
Scelte narrative molto pericolose, che aprono la strada alla giustificazione dei delitti e alla tendenza a ricondurne le cause a fattori specifici – i problemi psicologici dell’uomo, nel caso di Cava de’ Tirreni –, dimenticando completamente di collocare gli eventi in un contesto sociale che rifiuta ancora di assumersi la responsabilità culturale e politica di cambiare i propri connotati e prendere le distanze dalla propria matrice patriarcale e del possesso.
“Non si tratta né di una tragedia inspiegabile, né di un omicidio senza connotazioni ma di un femminicidio inquadrabile nel più ampio fenomeno della violenza di genere. Oggi lo ripetiamo a gran voce: la violenza di genere è sistemica, è patriarcale e noi ci vogliamo vive e libere. Vogliamo smettere di contarci un titolo di testata dopo l’altro”, denuncia il Centro Veneto Progetti Donna.
“Spiegare è fondamentale per prevenire: la violenza non nasce all’improvviso, ma cresce nel tempo, dentro dinamiche di controllo, dipendenza emotiva e incapacità di accettare il limite. Come professionista e come essere umano, il mio pensiero va ad Anna e a tutte le donne che hanno pagato con la vita il diritto di scegliere. Riconoscere i segnali, chiamare la violenza con il suo nome e smettere di minimizzarla è un dovere collettivo. Solo così possiamo trasformare il dolore in consapevolezza e tutela”, scrive la psicologa forense Chiara Ilardi.
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