Israele approva la pena di morte per i terroristi, per Amnesty è apartheid
Ha dato esito positivo prima votazione alla Knesset delle legge che prevede la pena di morte per chi uccide un cittadino israeliano per motivi nazionalistici.
“Questa legge è il tentativo di creare una distinzione su base etnico-nazionalista e questo la rende una legge di apartheid“. Così Amnesty International commenta l’approvazione, in prima lettura, del disegno di legge che impone la pena di morte obbligatoria – quindi non commutabile in altre condanne – per i terroristi che uccidono cittadini israeliani. La maggior parte dei media italiani presenta questo provvedimento come una legge antiterrorismo, senza menzionare il carattere discriminatorio del testo approvato che si rivolge ai palestinesi e non agli israeliani.
Infatti, anche stando al testo – saranno condannati alla pena di morte coloro che uccidono “con lo scopo di danneggiare lo Stato di Israele e la rinascita del popolo ebraico nella sua terra” – la condanna non si applicherebbe a terroristi israeliani o di altre nazionalità che uccidono persone non israeliane. È soprattutto questo passaggio che ha scatenato, oltre a quella di Amnesty, la condanna anche dagli esperti ONU, secondo cui la prima delle tre votazioni positive necessarie per approvare la legge segna “un passo profondamente regressivo” che “tra l’altro si applicherà alle minoranze e a chi vive da 55 anni sotto occupazione”.
La votazione del disegno di legge sulla pena di morte è stata oggetto di forti critiche da parte dell’opposizione interna. Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha definito “è un pericoloso fascista ebreo” e “una vergogna per l’ebraismo” il Ministro per la Sicurezza Nazionale ed esponente del partito di estrema destra che ha presentato legge; lo stesso Ben Gvir ha festeggiato l’esito positivo della prima votazione offrendo pasticcini all’interno della Knesset.
Nella stessa sessione, il parlamento israeliano ha approvato anche quella che è stata definita “legge al Jazeera” – già in vigore come provvedimento temporaneo – che consente al Governo di imporre ai media stranieri di cessare la loro attività in Israele. Reporter Senza Frontiere ha definito questa legge “il primo chiodo sulla bara dell’indipendenza degli organi d’informazione in Israele”, che già ora occupa il 112° posto su 180 nella classifica stilata in base all’indice della libertà di stampa. Lo scorso anno il paese mediorientale è stato anche declassato da “democrazia liberale” a “democrazia elettorale”.
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