A Milano uccisi centinaia di piccioni per “evitare danni all’agricoltura”
È stata segnalata l’uccisione di numerosi piccioni nei dintorni di Milano da parte di cacciatori, con permessi regolari, autorizzati a sparare. Da chi?
Il 19 maggio scorso in rete hanno iniziato a diffondersi video e foto che denunciavano l’abbattimento massiccio di numerosi piccioni nei campi di Via Quintosole a Milano nei pressi di un’azienda agricola. In un post su Facebook un utente denuncia: “hanno sparato fino alle 16.00, una distesa di piccioni morti in via Quintosole a Milano. Poche persone accortesi dell’accaduto hanno cercato di aiutare e prendere gli animali feriti, ce ne saranno chissà quanti in agonia! […] hanno sparato anche mentre una ragazza era nel campo a recuperare un piccione”.
L’obiettivo dichiarato di questi abbattimenti sarebbe controllare la popolazione di questi animali considerati dannosi per l’agricoltura. In effetti la Regione Lombardia a giugno 2024 ha emanato un’autorizzazione al prelievo venatorio nei confronti della specie piccione domestico per il periodo compreso tra il 15 settembre 2024 e il 30 gennaio 2025 ad opera di cacciatori in possesso di regolare licenza.
Il provvedimento fa riferimento alla necessità di prevenire il verificarsi di gravi danni alle coltivazioni agricole, in particolare entro un raggio di 100 metri dalle colture, perché le soluzioni alternative impiegabili come l’utilizzo di sistemi dissuasivi incruenti acustici e/o visivi – che verranno comunque utilizzati contemporaneamente alle operazioni di abbattimento – si sono dimostrate non risolutive e con effetti concentrati solo nel breve periodo successivo all’impiego.
Il provvedimento prevede anche l’uso di zimbelli e/o stampi, ossia piccioni vivi o finti usati come esche, con finalità attrattiva, e la sospensione degli abbattimenti qualora si verifichi il raggiungimento del numero massimo di capi prelevabili o per l’innevamento totale dei terreni.
Nel caso di Via Quintosole molte fonti riportano che si trattasse di cacciatori, con permessi regolari e autorizzati a sparare. Non è chiaro però da chi fossero autorizzati, dato che la delibera della Regione Lombardia sembra scaduta a fine gennaio di quest’anno.
Questa notizia si inserisce in un contesto politico, che non possiamo ignorare: il disegno di legge del Ministro Lollobrigida per riformare la legge 157/92 è visto da molti come un tentativo di “normalizzare” la caccia in un momento storico in cui l’Europa spinge invece per maggior tutela della biodiversità. Una sorta di restaurazione venatoria che non guarda alla crisi ecologica in corso. Ne abbiamo parlato in questa puntata di Io non mi rassegno.
In realtà esistono diversi metodi per limitare la riproduzione di questi animali e fare in modo che non siano causa di danni alle colture e fonte di problemi igienico-sanitari per gli allevamenti. Accanto a sistemi fisici come dissuasori sonori, si possono usare repellenti in pasta con composti non tossici, sistemi chimici che fanno ricorso alle tecniche di sterilizzazione farmacologica, sistemi biologici con l’introduzione di volatili competitori e/o predatori. Rapaci diurni come il falco pellegrino, rapaci notturni come l’allocco, corvidi come la taccola. La predazione agirebbe anche sulla selezione naturale degli individui malati e debilitati.
Anche nei centri abitati si possono adottare molti di questi sistemi, evitando inoltre di dare loro cibo e rendere inaccessibili siti e fori in cui possono nidificare. Proprio in questi giorni ha fatto discutere il disegno di legge con cui il governo vuole riformare la legge 157/92 sulla caccia, una vera e propria aggressione alla fauna selvatica e alla biodiversità. In una visione fortemente antropocentrica siamo abituati a pensare che alcuni problemi, come la presenza di piccioni nei campi, possa essere risolta attraverso la caccia, così come una forma di divertimento possa basarsi sull’uccisione di altri esseri viventi.







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