Taranto, il sindaco Bitetti si dimette dopo l’incontro con i comitati dell’ex ILVA
Il sindaco di Taranto Piero Bitetti si è dimesso. Nei prossimi giorni si sarebbe dovuta discutere e approvare la bozza dell’accordo di programma.
Nella serata di lunedì 28 luglio il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, si è dimesso. Sostenuto da una coalizione di centro sinistra, era stato eletto a inizio giugno puntando molto sui temi legati all’ex ILVA. Nel pomeriggio di ieri ha incontrato i rappresentanti delle associazioni ambientaliste e della società civile in vista di due appuntamenti importanti con il consiglio comunale e con il governo per discutere e approvare la bozza dell’accordo di programma, il documento che fisserebbe i modi e i tempi della decarbonizzazione dell’impianto.
Un documento necessario, insieme all’Autorizzazione integrata ambientale, per poter procedere con la vendita dello stabilimento che deve essere approvata dal ministero delle Imprese, che è il proprietario, e dai tra commissari straordinari con cui lo gestisce: i sindacati, la Regione Puglia e il Comune di Taranto.
L’incontro con i rappresentanti delle associazioni sarebbe stato seguito da contestazioni e tensioni. Le dimissioni improvvise sono giunte a seguito della discussione con i comitati, mentre fuori aumentava la tensione di alcuni manifestanti che avrebbero avvicinato Bitetti nell’androne del Municipio, apostrofandolo con frasi del tipo: “Devi salvare la salute di Taranto, tu sei il primo cittadino”, “Prendi le distanze da Emiliano”, “Vai ad ascoltare gli altri, devi ascoltare tutti”, “Bitetti perché non esci qua fuori?”, “Assassini, assassini”.
Bitetti ha così presentato le dimissioni menzionando una condizione di “inagibilità politica”. Ora ha 20 giorni di tempo per confermarle o ritirarle. Certo è che le sue dimissioni arrivano in un momento particolarmente difficile, a ridosso di scadenze importanti che permetterebbero al governo – che da più di un anno gestisce in amministrazione controllata l’ex ILVA – di risolvere definitivamente il problema occupazionale e ambientale provocati dall’impianto e venderlo.
Il piano di decarbonizzazione proposto dal governo non convince chi da tempo è impegnato nella difesa del territorio e della salute dei cittadini smentendo la svolta green dell’ILVA. «Nel 2031 l’aria a Taranto sarà peggiore di oggi, anche se si spegnessero due altoforni su tre e ci fosse l’attivazione di due forni elettrici EAF. E la nuova AIA rende priva di valore giuridico la chiusura degli altoforni che rimerebbero in funzione se le condizioni di mercato fossero avverse e le risorse economiche carenti», è il commento di Alessandro Marescotti di PeaceLink.
Fuori da Taranto intanto continua a girare il documentario d’inchiesta di Rosy Battaglia, Taranto chiama. L’8 agosto verrà proiettato al Clorofilla Film Festival. Il documentario, girato tra il 2016 e il 2024, mette a nudo il vero significato del concetto di “sostenibilità”. Un viaggio da Trieste a Taranto che fa luce su quanto sta accadendo nella “città dei due mari”, dichiarata ufficialmente zona di sacrificio dalle Nazioni Unite a causa dell’inquinamento prodotto dall’ILVA, la più grande acciaieria d’Europa.







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