Cessate il fuoco Israele-Hamas, l’annuncio di Trump: cosa sappiamo – 9/10/2025
Cessate il fuoco a Gaza, disastro ambientale in Zambia, edilizia popolare e salute nel Regno Unito, bombardamento dell’esercito in Birmania e il paradosso economico tra AI, crollo del lavoro e record dell’oro.
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Fonti
#Gaza
Rai News – Trump annuncia l’intesa sulla prima fase, oggi la firma. “Presto liberi gli ostaggi”
#Myanmar
Italia che Cambia – Myanmar: dopo decenni di sangue è il momento della transizione democratica?
#Oro
Il Post – Il prezzo dell’oro ha raggiunto il massimo storico di 4.000 dollari
#Instagram
Instagram – Video satirico sul piano Trump per trasformare Gaza in una Dubai hi-tech
#Zambia
YouTube – Acid Tears
Trascrizione episodio
Nella notte tra l’8 e il 9 ottobre 2025, Israele e Hamas hanno annunciato di aver raggiunto un’intesa per la prima fase di un cessate‑il‑fuoco e uno scambio di ostaggi.
L’accordo prevede:
• il rilascio di tutti gli ostaggi ancora vivi detenuti nella Striscia di Gaza
• il ritiro delle forze israeliane verso una linea prestabilita all’interno di Gaza (“ritiro parziale” in alcune zone)
• uno scambio reciproco di prigionieri tra Israele e Hamas;
• il via libera all’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, con l’impegno a rimuovere gradualmente le restrizioni all’accesso umanitario.
Il Qatar ha dichiarato che tutti i meccanismi per l’attuazione della prima fase — forme di verifica, garanzie, modalità operative — sarebbero stati definiti nell’accordo.
Hamas, da parte sua, ha chiesto che gli Stati garanti — in particolare gli Stati Uniti e altri attori mediatrici — vigilino affinché Israele rispetti pienamente i termini del cessate‑fuoco.
Restano questioni ancora aperte: L’accordo annunciato si riferisce alla prima fase: non si sa ancora quando (o se) le fasi successive — cessate‑il‑fuoco permanente, demilitarizzazione di Hamas, governance di Gaza, ricostruzione — saranno negoziate e attuate.
Molti interrogativi restano circa la verifica del ritiro israeliano: quale sarà la “linea” verso cui si ritireranno le truppe? In quali aree il ritiro sarà totale o parziale?
Hamas non accetta l’idea di un’amministrazione straniera esterna a Gaza, che alcune versioni del piano propongono come “governo tecnico”.
L’effettivo rilascio degli ostaggi e il contro‑rilascio di prigionieri devono avvenire entro un tempo concordato (entro 72 ore dall’accordo) secondo le fonti.
Vi è grande scetticismo sulla capacità di attuare concretamente l’accordo — soprattutto in contesto di guerra prolungata, con infrastrutture distrutte, stenti umanitari e sfiducia reciproca.
Qualche mese fa, il 18 febbraio 2025, una diga di scarto di un impianto minerario di rame gestito dall’azienda Sino‑Metals Leach Zambia, legata a gruppi cinesi, è collassata. Si è sgretolata di colpo, un po’ per via delle forti piogge, un po’ per dei difetti di costruzione, un po’ – pare – per la scarsa manutenzione e ha riversato circa 50 milioni di litri di rifiuti acidi e altamente tossici nel bacino del fiume Kafue, diffondendo metalli pesanti (come arsenico, piombo, uranio) e distruggendo la vita acquatica per centinaia di chilometri.
È stato un disastro gigantesco, i cui effetti si osservano ancora oggi, passato completamente in sordina. L’ho scoperto, pensate, grazie a un reel IG di un analista che si chiama Fabrizio Guacci sul canale IG di Experia Italia, segnalatomi da un nostro amico/abbonato/spacciatore di notizie interessanti.
Il Kafue è un fiume vitale per un sacco di persone e altri animali: circa il 60 % della popolazione zambiana vive nel suo bacino idrografico, e fornisce acqua potabile a cinque milioni di persone, comprese quelle di Lusaka.
E le conseguenze in effetti sono state pesanti. Dopo il disastro è stata sospesa la distribuzione d’acqua della città di Kitwe (circa 700.000 abitanti). Molte coltivazioni sono andate distrutte, i suoli contaminati, milioni di pesci morti per decine di km lungo il corso del fiume. E poi molte persone che segnalano problemi respiratori, macchie sulla pelle, sangue nelle urine.
La bonifica è complicata: nel fiume è stata gettata della calce per neutralizzare l’acidità, ma la contaminazione del suolo e delle acque sotterranee rende il danno persistente. E quindi ancora oggi il pericolo permane.
Ed è anche una di quelle faccende che mostra alcuni problemi più grande, perché mette in luce i rischi sistemici delle infrastrutture industriali in Africa, specie quelle legate all’estrazione mineraria, che molte imprese, cinesi ma anche europee e di tante parti del mondo, lanciano sotto il cappello degli investimenti “all’avanguardia” esteri.
Si tratta di progetti che spesso “approfittano” di standard di sicurezza piuttosto bassi, di standard di progettazione e manutenzione deboli, perché in molti paesi africani gli standard sono relativamente bassi e spesso pur di attirare investimenti si permette alle aziende straniere di infrangere le regole. E che quindi consentono di risparmiare tantissimo, ma che presentano rischi ambientali e umani molto alti.
Le dighe di scarto come quella del disastro in questione sono infrastrutture che servono a contenere i residui tossici prodotti durante l’estrazione e la lavorazione dei minerali, come rame, litio, oro, ecc. E quindi devono essere costruite e gestite per durare migliaia di anni, perché i metalli pesanti non si degradano. Non si possono fare al risparmio.
Eppure l’inerzia del sistema spinge nella direzione opposta. E il tutto avviene nel disinteresse generale, alle nostre latitudini. Che in fin dei conti è un disinteresse funzionale, perché permette alle nostre aziende (nostre intendo del resto del mondo, poco importa se sono cinesi, europee, Usa, australiane perché è un problema diffuso) di continuare a fare quello che vogliono in Africa. Non penso che ci sia per forza del dolo in questo disinteresse eh, o una scelta consapevole di non parlare per non danneggiare le aziende, solo un rimosso collettivo molto funzionale al sistema.
Solo che poi tutto questo causa disastri, che comunque, in qualche modo, in quella circolarità dei sistemi complessi che alcune culture antiche hanno chiamato karma o cpose simili, ha degli effetti a catena che ovviamente ci tornano indietro. Perché la contaminazione dell’acqua causa siccità e carestie, distruzione dei raccolti e delle attività agricole, quindi fame e migrazione forzata. E lo stesso si può dire del cambiamento climatico, o dell’instabilità politica, in cui c’è sempre il nostro zampino. E quindi milioni di persone che arrivano qua alla ricerca di quello che in qualche modo gli abbiamo tolto.
Il caso zambiano comunque non è concluso. 176 agricoltori locali hanno presentato una causa miliardaria (circa 80 miliardi di dollari). Ed è stato anche realizzato un documentario sulla vicenda, di mezz’ora, realizzato da un giornalista locale, disponibile su YT, ve lo lascio fra le fonti di questa rassegna.
Ieri, leggo sull’Indipendente, l’esercito del Myanmar ha sganciato due bombe da un parapendio a motore su una folla di manifestanti, uccidendo 27 persone e ferendone altre 47. L’attacco è avvenuto a Chang-U, città nel Myanmar centrale controllata dalle forze ribelli.
I manifestanti, qualche centinaio di persone, si erano radunati per protestare contro la giunta militare. E sono stati bombardati. Ovviamente è un crimine di guerra.
Uno dei tanti, che costellano la drammatica storia recente del paese che dal 2021 è scosso da una violenta guerra civile che vede contrapposto l’esercito, salito al potere con un colpo di Stato, e gruppi di milizie locali.
Ieri abbiamo pubblicato un articolo molto interessante sulla situazione in Myanmar, in cui Lodovico Bevilacqua ricostruisce tutta la storia recente del Paese fino ad arrivare al contesto attuale, in cui ci sono due gruppi di ribelli, che non vanno nemmeno troppo d’accordo.
Leggo: “L’opposizione al regime si divide in due principali fazioni, con presupposti di ingaggio molto differenti fra loro: le Ethnic armed organizations (EAO) – una molteplicità di gruppi di azione in rappresentanza delle rivendicazioni delle varie etnie che compongono la popolazione e che soccombono alla prevalenza dei bamar – e le People’s defense forces (PDF) – veri e propri gruppi di resistenza al regime della giunta, attivi con lo scopo di rovesciare il governo militare e impostare una transizione democratica con un corso definitivo”.
L’articolo però spiega anche che ormai i ribelli, nel loro complesso, hanno conquistato circa ⅔ del paese e quindi la capitolazione del regime – e forse un ritorno più stabile alla democrazia – potrebbe non essere lontano.
Torniamo sul tema del possibile collasso del sistema economico. C’è un grafico molto interessante: se guardate questo contenuto su YT ve lo mostro direttamente, altrimenti comunque ve lo descrivo.
Il grafico è stato elaborato dal Bureau of Labor Statistics, che è l’ufficio statistico del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, la principale agenzia governativa che si occupa di raccogliere, analizzare e diffondere dati economici relativi al mercato del lavoro.
Il grafico mostra l’andamento di due variabili lungo l’asse del tempo. Una linea, bianca, indica il numero totale di offerte di lavoro negli Stati Uniti, mentre una linea rossa è l’andamento dell’S&P 500, quindi uno degli indici principali del mercato azionario. Ora, se guardate bene, noterete una cosa molto curiosa. Anzi, ve la racconto.
Prima del dicembre 2022 queste due linee seguono un andamento praticamente identico: ovvero, se il mercato va bene, più persone vengono assunte, se il mercato cala cala anche l’indice delle assunzioni. Dal dicembre 2022, data che nel grafico è segnata con una linea tratteggiata viola succede qualcosa di molto evidente. Mentre la linea rossa continua a salire, quella bianca, ovvero il numero di offerte di lavoro comincia a crollare. Ed è un calo gigantesco, di oltre il 40%: si passa da più di 12 milioni di offerte lavorative a circa 7,2 milioni di oggi.
La linea rossa invece come vi dicevo, continua a salire e di parecchio. L’indice S&P 500 (Standard & Poor’s 500), che ricordiamo rappresenta il valore complessivo di 500 delle principali aziende americane tocca i massimi storici. Cioè, mentre milioni di posti di lavoro svaniscono, le aziende vanno a gonfie vele. Ma come si spiega una cosa del genere?
Ecco, nel dicembre 2022 sono successe tante cose, ma una in particolare: è stato lanciato ChatGPT. E l’intelligenza artificiale sta aumentando la produttività e i profitti delle aziende, permettendo di fare le stesse cose — o più cose — con meno persone. Gli strumenti di IA generativa, sono entrati nel mondo del lavoro a velocità supersonica. Si usano per scrivere testi, riassunti, analisi, mail, per sviluppare codice, per il customer service, per le traduzioni, e così via. Insomma, per tantissime mansioni che prima richiedevano esseri umani.
Questo fatto era previsto, ma non è solo un tema che riguarda il lavoro. Riguarda il sistema capitalista neoliberista, come mi scrive commentando Pierluigi Paoletti. Perché alle aziende, prese singolarmente, conviene tagliare i costi del lavoro e usare il più possibile strumenti AI. Ma quelle che da una certa prospettiva sono i lavoratori delle aziende, da un’altra sono i cosiddetti “consumatori” termine obbrobrioso con cui ci definiamo a livello economico.
E visto che al momento il lavoro è ancora il principale se non l’unico strumento con cui le nostre società distribuiscono reddito, se scompare il lavoro con quali soldi le persone comprano i prodotti e i servizi prodotti dalle aziende? È come se il sistema stesse segando il ramo su cui è seduto.
Quindi ci saranno sempre più servizi che nessuno potrà comprare. Un paradosso, che potrebbe portare o all’introduzione di strumenti correttivi, come redditi universali o cose simili, o addirittura al collasso stesso del sistema economico.
Fra l’altro, come abbiamo già visto qualche puntata fa, tutto ciò non si inserisce in un sistema altrimenti sano, ma è una ennesima variabile in un sistema economico molto traballante già di suo.
Ieri il Post segnalava che l’oro ha raggiunto un altro, ennesimo, record, superando i 4.000 dollari l’oncia e continuando a salire. E considerate che l’oro è da sempre un bene rifugio, ovvero qualcosa su cui si investe quando si ha poca fiducia nei mercati tradizionali o si teme un’instabilità sistemica. Come abbiamo già visto, quando cresce troppo, in genere, è un campanello d’allarme.
Sull’aumento del tasso dell’oro pesano alcuni elementi molto specifici legati all’economia americana: ad esempio i tassi d’interesse in calo e il cosiddetto shutdown del governo USA, ovvero la mancata approvazione del bilancio che ha bloccato tutte le attività federali, compresa la diffusione dei dati economici, aumentando l’incertezza e spingendo gli investitori a rifugiarsi nell’oro.
Ma c’entrano anche questioni più macroscopiche, come l’incertezza sul futuro legata alle guerre, ai dazi, al fatto che diverse potenze mondiali siano guidate da personaggi piuttosto mentalmente instabili. E probabilmente, se scavassimo, troveremmo legami sottostanti anche con la crisi climatica e ambientale in corso. Insomma, ci sono parecchi indizi che stia per arrivare uno scossone forte, e che non sia troppo passeggero.
Ovviamente come ogni crisi, se e quando arriverà porterà con sé un bel po’ di casini ma anche qualche opportunità di cambiamento. Ne riparliamo.
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