Cosa ci dice lo sgombero del centro sociale Askatasuna a Torino – 22/12/2025
Sgombero di Askatasuna a Torino tra indagini e ipotesi di pressione governativa; ritrattazione su Nature di uno studio sui costi del clima; pacchetto Ue per modernizzare le reti elettriche.
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Fonti
#Askatasuna
il manifesto – La polizia sgombera Askatasuna. Si rompe il patto con il Comune
#Nature
Corriere della Sera – Clima: lo studio ritirato da «Nature» e le polemiche. «Ma l’allarme costi resta»
Il Foglio – Ritirato lo studio catastrofico sul cambiamento climatico
Zenodo – Author correction of “The economic commitment of climate change”
#RetiElettriche
Wired Italia – L’Europa vuole reti elettriche più smart e affidabili. E questa volta l’esempio da seguire è l’Italia
#Rinnovabili
la Repubblica – Energia rinnovabile: per gli esperti di Science è la “rivelazione 2025”
Trascrizione episodio
Uno studio ampiamente pubblicizzato sui costi catastrofici del cambiamento climatico è stato ritirato, a seguito di pesanti critiche alla sua metodologia. Pubblicato sulla prestigiosa rivista «Nature» ad aprile 2024, l’analisi del Postdam Institute for Climate Impact Research aveva da subito riscosso una grande visibilità sui media internazionali ed era stata consultata oltre 300.000 volte online.
Siamo sul Corriere della Sera, che racconta che “Il 3 dicembre, però, i ricercatori dell’istituto tedesco hanno fatto marcia indietro, ammettendo che alcuni errori nei dati li avevano spinti a sovrastimare i risultati, aggiungendo che le modifiche necessarie sono «troppo sostanziali» per una correzione.
Poi l’articolo cita i costi in questione: “Lo studio sosteneva che il cambiamento climatico avrebbe comportato un costo di 38 mila miliardi di dollari all’anno entro il 2049. In una nuova analisi, già online ma non ancora sottoposta a revisione per la pubblicazione scientifica, tale cifra è stata ridotta a 32 mila miliardi di dollari. Cioè, da 38mila a 32 mila, un errore non da poco, ma comunque parliamo di cifre astronomiche, 32mila miliardi di dollari sono comunque più del Pil Usa.
Inoltre, stimava che il cambiamento climatico avrebbe innescato una diminuzione del reddito globale del 19% entro il 2050 mentre la nuova analisi porta la cifra al 17%. Infine, prevedeva che, con una probabilità del 99%, entro la metà del secolo sarebbe costato di più riparare i danni causati dal cambiamento climatico che costruire resilienza. Ora la revisione ha abbassato tale percentuale al 91%.
Vedete che la ritrattazione non è che poi faccia tutta questa differenza. Ma ha subito alimentato polemiche e critiche, anche perché – scrive ancora il Corriere – lo studio è stato utilizzato dalla Banca Mondiale e da altre istituzioni finanziarie per delineare gli scenari climatici utilizzati poi anche dai decisori politici. Sui social media ma anche su alcuni quotidiani, la decisione di Nature di ritirare l’articolo ha alimentato teorie cospirazioniste e in alcuni casi apertamente negazioniste, in cui si accusa i ricercatori di essere «completamente corrotti» o più in generale che la scienza del clima è «una truffa politica», sulla scia di quanto più volte asserito dal presidente americano Donald Trump, che ha ritirato per la seconda volta gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima.
Voglio leggervi un commento del prof. Giuseppe Barbero, che scrive: “E’ buffo vedere che ci sono tizi che perdono il loro tempo a fare video per denunciare la ritrattazione da parte degli Autori di un proprio articolo apparso su “Nature”, senza aver letto le motivazioni. Gli Autori (non “Nature”) hanno chiesto il ritiro dell’articolo perché volevano perfezionare lo studio, ma il valore e il significato globale dello studio rimane inattaccabile. Tanto è vero che gli stessi Autori lo hanno prontamente ripubblicato con la correzione. Ma dubito che questi tizi, che si sbracciano nei video, si siano presi la briga di leggere l’articolo.
A proposito di clima e transizione energetica, Wired riporta una notizia molto interessante. Leggo: “Il 10 dicembre la Commissione europea ha presentato il piano per portare le reti elettriche nel futuro, un intervento che il commissario all’Energia Dan Jørgensen ha definito “la proposta più importante del mandato”. Il progetto nasce dall’urgenza di abbassare i prezzi, accelerare la decarbonizzazione e ridurre la dipendenza energetica dell’Unione mettendo al centro un elemento solitamente poco discusso: l’infrastruttura elettrica.
L’articolo spiega che il nuovo pacchetto Ue sulle reti elettriche arriva dopo un campanello d’allarme molto concreto: il grande blackout del 28 aprile 2025 in Spagna e Portogallo, che ha mostrato quanto una rete “vecchia” e poco digitalizzata possa andare in crisi quando la produzione cambia rapidamente. All’inizio qualcuno ha dato la colpa alle rinnovabili, ma poi è emerso che il problema era soprattutto una cattiva gestione della tensione da parte di grandi produttori e l’assenza di strumenti moderni per stabilizzare la rete: controlli avanzati, inverter “grid-forming” e batterie di accumulo.
Dentro questo scenario, l’articolo nota però che da questo punto di vista il nostro Paese è un’eccellenza. Secondo l’associazione Energia per l’Italia, la rete italiana è tra le più affidabili e moderne d’Europa grazie agli investimenti fatti dopo il blackout del 2003. E viene citata l’analista Zsuzsanna Pató (think tank RAP / Euractiv), che indica l’Italia come “caso da studiare” per l’uso intelligente di tecnologie dinamiche, in particolare il Dynamic Line Rating (DLR): sensori sulle linee elettriche misurano in tempo reale condizioni come vento e temperatura e permettono di aumentare la capacità di trasporto senza costruire nuove infrastrutture.
Pató ricorda che Terna, usando il DLR, avrebbe ottenuto una capacità superiore, meno congestioni, meno costi di gestione, maggiore capacità doi integrare le rinnovabili. te per i risultati (performance) e non solo per quanto spendono in nuovi investimenti.
L’unica nota stonata è che l’Italia, come nota l’articolo, non sta sfruttando a dovcere questa sua rete potentissima e molto flessibile, perché le rinnovabili stanno crescendo piu lentamente che altrove, nonostante il nostro Paese avrebbe sulla carta la rete più adatta a una vera e propria esplosione delle rinnovabili stesse.
Rinnovabili che, fra parentesi, Science ha scelto come Breakthrough of the Year 2025. A livello mondiale. La rivista scientifica sostiene che la crescita travolgente delle energie rinnovabili sia la svolta dell’anno di questo 2025, perché — a livello globale — le rinnovabili hanno superato il carbone come fonte di elettricità. E secondo il think tank Ember, tra gennaio e giugno solare ed eolico sono cresciuti così tanto da coprire da soli tutto l’aumento della domanda elettrica mondiale nello stesso periodo.
Il testo poi dice che il vero motore di questa “rivoluzione” è la Cina: dopo anni di sussidi e politica industriale, Pechino è diventata leader mondiale e sta trasformando fisicamente il territorio con enormi distese di pannelli solari e turbine gigantesche. Nel solo 2024 avrebbe installato nuova capacità eolica e solare equivalente a circa 100 centrali nucleari, al punto che oggi la produzione potenziale potrebbe coprire l’intero consumo elettrico degli Stati Uniti.Questo boom avrebbe portato la crescita delle emissioni cinesi verso una sorta di stagnazione, anche se la Cina continua a costruire centrali a carbone (spesso tenute “in standby” per eventuali picchi). E dentro questo scenario Xi Jinping ha potuto promettere all’ONU un taglio del 10% delle emissioni in dieci anni, puntando non sulla riduzione dei consumi ma sull’accelerazione di vento e sole.
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