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24 Settembre 2025
Podcast / Io non mi rassegno

In Sicilia incendi da record. Ma potremmo prevenirli – INMR Sicilia #17

Trascrizione episodio

Autore: Salvina Elisa Cutuli
incendi record sicilia
L'articolo si trova in:

Trascrizione episodio

L’Europa sta vivendo una stagione di fuoco senza precedenti: oltre un milione di ettari di foreste e vegetazione bruciati, 1.800 incendi da gennaio a oggi e livelli record di emissioni di CO₂. Lo certifica un rapporto del WWF che definisce il 2025 “l’anno peggiore degli ultimi venti” per diffusione e intensità dei roghi. L’Italia detiene un triste primato: con una media di più di due incendi al giorno, per un totale di 77 mila ettari percorsi dalle fiamme.

A guidare la classifica è la Sicilia, dove nei primi sette mesi dell’anno si contano 16.938 ettari di boschi e macchia mediterranea ridotti in cenere. Il culmine è arrivato il 25 luglio, giornata nera con 380 roghi in poche ore tra Trapani, Palermo, Enna e Catania. Le province più colpite sono Trapani che ha il bilancio peggiore con oltre 6.000 ettari bruciati, segue Palermo con circa 4.500 ettari. Catania ha visto andare in fumo oltre 3.000 ettari, mentre Enna supera i 2.000 ettari con roghi diffusi nelle zone interne. Più contenuti ma comunque gravi i danni nelle province di Agrigento, Messina e Siracusa, dove restano sotto osservazione riserve naturali e parchi.

I danni includono coltivazioni, come cereali, ortaggi, pascoli, infrastrutture rurali, recinzioni, impianti d’irrigazione e strutture aziendali come stalle e depositi.

E di conseguenza ingenti perdite economiche, una stima di oltre 10mila euro per ettaro bruciato, considerando spese immediate e di lungo periodo per spegnimento, bonifica e ricostituzione del territorio.

A maggio scorso la Regione Sicilia aveva presentato un piano di prevenzione che annunciava «Più squadre e strumenti per il controllo», ma che non pare abbia dato i suoi frutti. Come sottolinea Graziano Scardino, presidente della Cia Sicilia, “C’è un problema territoriale, si dovrebbe intervenire con la prevenzione, ma bisognerebbe anche cominciare a indagare in maniera più efficace, perché alcuni fatti avvengono sempre nello stesso posto e sono di una certa costanza. Il tema dell’efficacia dei controlli e della prevenzione sono le due tematiche fondamentali”. 

Al livello locale esistono degli esempi virtuosi che riescono ad arginare il problema nei territori in cui operano. Esistono e funzionano. Nella piana di Gela, nel territorio degli Iblei. Perchè non prendere esempio proprio da queste realtà piuttosto che ritrovarsi ogni anno con molti ettari in fumo e devastati e l’amara constatazione che era tutto prevedibile?

“Si sta rivelando un viaggio più lungo di quanto ci aspettassimo o per cui ci eravamo preparati” è il commento del giornalista Kieran Andrieu da una delle barche della Global Sumud Flotilla. Mercoledì scorso le barche provenienti dalla Tunisia sono arrivate a Portopalo dove si sono ricongiunte con la flotta italiana partita da Augusta e Catania. La Flotilla sarebbe dovuta arrivare a Gaza già a metà settembre, ma la partenza è stata più volte posticipata a causa delle condizioni meteo e di guasti tecnici. Tra i vari problemi anche gli attacchi a due delle navi della flotta.

Un documento dettagliato del Global Movement to Gaza (Gmg), una delle organizzazioni che fanno parte della Flotilla, ricostruisce i giorni che hanno preceduto gli attacchi incendiari del 9 e 10 settembre contro le navi Family e la Alma, ancorate in Tunisia e dirette a Gaza. Secondo Gmg, alcuni aerei israeliani avrebbero trasportato droni fino a Malta e alla Sicilia, da dove sarebbero poi partite le operazioni che hanno colpito le imbarcazioni; entrambi gli episodi non hanno causato vittime, ma hanno rallentato la partenza della Flotta con a bordo attivisti, giornalisti, politici e figure di rilievo internazionale. Al centro delle contestazioni c’è l’atterraggio nella base militare americana di Sigonella vicino Catania, il 2 settembre scorso, di un C-130 israeliano, un aereo da trasporto militare tattico, partito dalla base di Nevatim, nel sud di Israele. La Difesa italiana aveva parlato allora di un semplice “atterraggio tecnico” per rifornimento, precisando che a bordo vi era solo personale logistico. Ma per Gmg, quel passaggio non sarebbe stato neutro: rientrerebbe infatti in una manovra più ampia, insieme all’atterraggio quasi contemporaneo a Malta di un C-130J Super Hercules, che avrebbe disattivato il transponder una volta a terra.

La missione della Flotilla è plurima, è un grido collettivo contro l’assedio, contro l’indifferenza, contro la fame come arma e contro la complicità di tanti governi compreso quello italiano. Ed è sostenuta da centinaia di migliaia di persone, giovani e adulti, che lunedì 22 settembre hanno partecipato in numerose piazze italiane allo sciopero generale indetto contro il genocidio in atto a Gaza. 

Il 4 agosto scorso è entrato in produzione il nuovo dissalatore di Porto Empedocle, il primo dei tre impianti realizzati dalla Regione per contrastare l’emergenza idrica in Sicilia grazie a un investimento per oltre cento milioni di euro. I problemi sono iniziati a distanza di poco più di un mese. Il 9 settembre, in località Marinella, un tubo è esploso causando grosse perdite d’acqua e ha richiesto un intervento di riparazione. 

Proprio in questi giorni la Regione ha fatto il punto sulla situazione. A Gela il dissalatore lavora stabilmente al massimo delle sue potenzialità con una portata di 100 litri al secondo. A Porto Empedocle l’impianto è regolarmente in funzione, 100 litri al secondo per 12 ore al giorno ma solo durante le ore diurne, la notte non è in funzione perché troppo rumoroso. Sono in corso dei lavori di insonorizzazione. A Trapani l’impianto sarà attivato il 4 ottobre e il 24 ottobre immetterà in rete i primi 25 litri al secondo con aumenti settimanali fino alla piena capacità entro tre settimane.

“Per noi i dissalatori rappresentano un tassello di un sistema che prevede altri interventi emergenziali realizzati nell’ultimo anno: potenziamento di pozzi e sorgenti oltre a nuovi pozzi, rifacimento di condotte ed eliminazione delle perdite, grazie ai quali siamo già riusciti a recuperare oltre 2.500 litri di acqua in più al secondo. Andiamo avanti per superare l’emergenza” dichiara il presidente Renato Schifani. 

In tanti fanno notare le criticità: il contributo dei dissalatori non riesce a soddisfare il fabbisogno di acqua praticamente irraggiungibile con le infrastrutture attuali. Inoltre consumano molta energia e usano la tecnologia a osmosi inversa che produce una salamoia di scarto, un liquido melmoso ad altissima concentrazione di sale e impurità che ha dei precisi processi di smaltimento. I costi per il funzionamento sono esagerati, sfiorano il milione di euro al mese per ogni impianto. Una cifra esagerata se rapportata ai volumi prodotti e soprattutto al fatto che in Sicilia non mancano riserve idriche naturali, ma la capacità di gestirle. Ma pure se il piano fondato sui dissalatori funzionasse, non sarebbe comunque la risposta giusta alla storica carenza d’acqua in Sicilia.

Secondo i dati forniti dall’Ordine degli Ingegneri di Palermo, ognuno di questi impianti è in grado di fornire acqua potabile a circa 40.000 persone. L’area metropolitana ha bisogno di una fornitura di circa 3300 litri al secondo mentre gli impianti proposti dalla Regione producono un massimo di 96 litri al secondo.

Come vi abbiamo raccontato su Italia che Cambia le soluzioni non mancherebbero. Dalle dighe e gli invasi che aspettano di essere collaudati e utilizzati a pieno regime – centinaia di milioni di metri cubi d’acqua disponibili non vengono utilizzati – alla depurazione di acque reflue che in alcuni Paesi del mondo arriva ad essere addirittura potabile.

In Sicilia è sempre più difficile comprare o affittare casa a causa dei prezzi degli immobili in rapida crescita e ai redditi che si riducono. Il disagio abitativo coinvolge fasce sempre più ampie della popolazione, soprattutto le giovani coppie. Secondo l’indice di accessibilità dell’Ance, per le famiglie meno abbienti (redditi sotto i 10.500 euro annui) l’acquisto della casa è economicamente insostenibile in quasi tutti i capoluoghi. A Catania, Palermo e Messina devono destinare circa il 45% del reddito al mutuo. Solo Trapani e Caltanissetta restano sotto la soglia critica del 30%.

Anche chi vuole affittare non trova sollievo: l’affitto supera il 40% del reddito a Palermo, Siracusa, Catania, Messina e Trapani per le famiglie meno abbienti.

I redditi tra 10.500 e 17.000 euro si trovano in una sorta di limbo: non superano la soglia del 30%, ma in città come Palermo, Catania e Messina si avvicinano pericolosamente a questa. L’Ance Sicilia ha proposto un piano che punta alla rigenerazione urbana e al social housing senza consumo di nuovo suolo grazie alla riconversione di aree dismesse. L’obiettivo è realizzare alloggi accessibili, secondo i criteri della direttiva Ue “Case green”, e spazi comuni che favoriscano coesione sociale e mobilità sostenibile. Per finanziare questa strategia, l’Ance ha lanciato la proposta di un piano nazionale da 15 miliardi di euro, che integri risorse provenienti dalla riprogrammazione del “Pnrr” e dei fondi europei strutturali, il nuovo bilancio Ue 2028- 2034, il Fondo sociale per il clima e il Fondo investimenti infrastrutturali, da affiancare a capitali privati. La sfida della casa in Sicilia non è solo un’emergenza economica, ma un banco di prova per la politica e la società.

Da tempo affrontiamo su ICC il tema dell’emergenza abitativa cercando soluzioni che possano essere utili a tutte le persone che, per differenti motivi, si trovano a vivere una situazione del genere, perché una casa non sono solo 4 mura. In fonti trovate il link alla nostra guida Abitare Collaborativo. 

In questi due mesi abbiamo affrontato diversi argomenti che raccontano in modo costruttivo la nostra regione. Abbiamo riflettuto sul turismo che durante i mesi estivi, in Sicilia come in altre regioni, è spesso “mordi e fuggi” e non permette di entrare in contatto con l’anima dei luoghi e delle persone. Ma per fortuna esistono alternative etiche, lente, sostenibili e solidali. Leggete l’articolo per scoprire quali e dove sono, anche perchè la Sicilia si può conoscere in qualsiasi periodo dell’anno.

Restando in parte in tema, a Siracusa nel nuovo spazio immersivo di Ortigia, i grandi personaggi che hanno segnato la storia della città tornano a parlare al presente, aprendo riflessioni su ambiente, società e comunità. Particolare attenzione è dedicata a Enzo Maiorca e all’Area Marina Protetta del Plemmirio, simbolo di tutela e amore per il mare. Vi sto parlando di Siramuse il museo interattivo inaugurato questa estate, un esperimento di governance culturale: il primo caso in Sicilia di partenariato speciale pubblico-privato, modello che punta a valorizzare i beni comuni. Siramuse vuole essere non solo un luogo di memoria, ma un laboratorio di coscienza collettiva, capace di restituire cultura e senso di comunità.

Vi riporto anche due interviste a cui tengo molto, la prima è a Guido Bissanti agronomo e autore della legge sull’agroecologia. La Sicilia è la prima regione in Europa ad avere una legge specifica sull’agroecologia ed è capofila del processo di transizione agroecologica in tutto il Mediterraneo. Con Guido Bissanti parliamo di questo metodo colturale e delle potenzialità che ha per cambiare in meglio il mondo agricolo e la società tutta.

Infine Laura Silvia Battaglia, giornalista catanese,con una forte vocazione internazionale, che da vent’anni lavora in aree di conflitto come il Medio Oriente, raccontando storie spesso ignorate dai media tradizionali per un giornalismo di impegno e servizio. È l’ultima giornalista italiana a essere entrata a Gaza prima dell’attacco del 7 ottobre 2023. Una donna e una professionista da cui c’è tanto da imparare. Concludo questa puntata con un suo pensiero che dovrebbe far riflettere non solo chi di mestiere fa il giornalista o la giornalista: di fronte ad atti criminali sistematici e pianificati, non si può fare giornalismo “oggettivo” ed “equidistante” per opportunismo personale. Il giornalista è un “cittadino con superpoteri” al servizio della comunità.

Con questo articolo vi lascio e vi dò appuntamento alla prossima puntata di Io Non Mi Rassegno Sicilia. Come sempre vi ricordo che in Fonti e Articoli trovate tutti i link agli articoli citati in questa rassegna. Potete inoltre segnalarci curiosità, commenti, nuove realtà scrivendo a sicilia@italiachecambia.org. Io vi aspetto tra le pagine di Italia che Cambia, quindi Alla prossima e ricordatevi che chi si rassegna è perduto.

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