2 Mag 2023

Sudan, guerra “senza precedenti” – #719

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Oggi puntata piena di notizie. Parliamo della situazione in Sudan e delle influenze straniere sul conflitto, del discorso del Presidente irlandese che condanna l’ossessione per la crescita economica della politica, di Chat Gpt che è tornata operativa nel nostro paese, del Giornale acquistato dalla famiglia Angelucci e di un sacco di altre notizie e segnalazioni.

In Sudan continua a imperversare quella che ormai è a tutti gli effetti una guerra civile, che sta causando centinaia di morti e distruzione, e sul cui esito pesano anche molte pressioni esterne. Da ormai due settimane l’esercito regolare e il potente gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF) si stanno scontrando. Fin qui sono stati “conteggiati”, nella macabra usanza delle guerre e di ogni grande tragedia, quasi 600 morti e più di 4.000 feriti. Da lunedì della scorsa settimana è ufficialmente è in corso una tregua, prorogata domenica di altri tre giorni, che dovrebbe permettere l’evacuazione dei civili dalle zone maggiormente interessate dagli scontri.

Ma, come spiega il Post, “In realtà queste interruzioni dei combattimenti, decise e annunciate da entrambe le parti su forti pressioni internazionali, non sembrano reggere. Soprattutto in due regioni, quella della capitale Khartum e quella occidentale del Darfur, gli scontri non si sono mai fermati: sono numerose le testimonianze di sparatorie, colpi di artiglieria e anche bombardamenti aerei”.

Come sempre in questi casi, le due parti in causa si accusano reciprocamente delle violazioni. Come spiegavamo in una puntata di qualche giorno fa, che vi lascio sotto FONTI E ARTICOLI, da una parte ci sono le forze del generale Abdel Fattah al Burhan, che è il capo dell’esercito regolare e il presidente del paese, dall’altra i paramilitari delle RSF, comandati dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti, che è anche il vicepresidente.

Il Sudan si trova infatti in questa situazione anomala, che è un lascito della guerra nel Darfur, con due uomini forti che sono rispettivamente presidente e vicepresidente della giunta militare che governa il paese, ma che sono anche rispettivamente il capo dell’esercito regolare l’uno e il capo di un potentissimo esercito privato l’altro. 

A quanto spiega l’articolo del Post, le tregue che si sono succedute sembrano essere più un contentino verso le potenze straniere con cui i generali sono in contatto e che premono per una pace. 

L’articolo poi racconta cosa sta succedendo sui due principali teatri degli scontri. A Khartum, la capitale, l’esercito regolare sta cercando di scacciare le forze del generale Dagalo sfruttando soprattutto le forze aeree (forze di cui le RSF non dispongono). Ha bombardato con raid aerei vari obiettivi in città con numerosi danni anche per la popolazione civile. Le RSF invece stanno organizzando una guerriglia nella capitale presidiando non solo le numerose caserme, ma anche abitazioni private, si stanno accaparrando beni e aiuti praticando forme diffuse di saccheggio, ai danni degli uffici pubblici, delle organizzazioni internazionali, ma anche dei cittadini rimasti nella capitale. 

L’altro teatro di guerra è invece il Darfur, regione occidentale dove dal 2003 al 2006 (e poi con minore intensità anche in anni successivi), si combatté una sanguinosa guerra civile che secondo l’ONU provocò 300mila morti e lasciò senza casa 2 milioni e mezzo di persone. Ai tempi i due generali che oggi si combattono erano fianco a fianco nella repressione dei ribelli e soprattutto Dagalo fu a capo, riportano le cronache, di alcune delle stragi più efferate. 

Oggi nella regione sono ricominciate le violenze tribali: le RSF avrebbero attaccato alcune strutture della città di Genena, città con circa 500.000 abitanti vicina al confine col Ciad, a ovest, provocando la reazione di alcune milizie locali auto-organizzatesi. In questo caso l’assenza di interventi da parte dell’esercito regolare avrebbe aumentato il caos, con l’inserimento nel conflitto e nei saccheggi di gang criminali.

La situazione ha portato a un esodo da parte della popolazione civile: molti si sono spostati all’interno del paese, verso zone meno interessate dagli scontri, ma secondo una stima dell’ONU ci sarebbero almeno 75mila persone sfollate all’estero provenienti da tutto il Sudan.

Migliaia di persone hanno raggiunto la città di Port Sudan, principale porto sul mar Rosso, da dove partono alcune navi, soprattutto dirette verso i porti dell’Arabia Saudita. La gran parte degli stranieri è stata evacuata all’inizio della scorsa settimana, ma nel paese rimangono molti cittadini britannici e statunitensi, per cui stanno procedendo ulteriori operazioni di evacuazione. La rapida fuga dei diplomatici internazionali avrebbe lasciato molti cittadini sudanesi che avevano richiesto un visto per l’espatrio senza documenti: i loro passaporti sono rimasti nelle ambasciate abbandonate.

Secondo il responsabile per le crisi umanitarie dell’ONU Martin Griffiths «la velocità e le dimensioni della crisi in corso in Sudan sono senza precedenti». Al momento non ci sono negoziati per rendere più stabile la tregua, ma solo colloqui preliminari. Il generale Burhan, a capo dell’esercito regolare, ha più volte ripetuto che non ha intenzione di trattare con il generale Dagalo, a meno che prima questi non decida di arrendersi e interrompere ogni attività militare. Una condizione che le RSF non sembrano aver alcuna intenzione di accogliere.

Ma quali sono queste potenze straniere che vogliono influenzare il destino del Sudan? Come spiega Roberto Valussi su Nigrizia, “Gli influencers del Sudan non usano né Instagram né Tik Tok. Si esprimono piuttosto attraverso l’iniezione di capitali nelle casse statali sudanesi, l’investimento in porti marini e la decisione sulle sorti del Capo di stato di turno. Stiamo parlando di Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Egitto. Tra le potenze regionali, sono le più influenti; impossibile fare i conti senza di loro.

Da più di dieci anni manovrano gli eventi politici del Sudan. Hanno già alimentato e staccato la spina al governo di Bashir tra il 2011 e il 2017, nonché a quello della transizione democratica tra il 2019 e il 2021.

Ora che lo scontro al vertice sudanese è diventata una questione tra due generali, i tre influencers hanno preferenze diverse. L’Egitto pende per al-Burhan. Mentre le due monarchie del golfo hanno un passato e un presente di accordi e commercio con Hemetti.
Difficile dire chi la spunterà, anche perché altri attori vanno presi in considerazione. Ma di sicuro questo trio, la cosiddetta troika araba, va tenuta particolarmente d’occhio”.

Altri articoli mettono in luce il ruolo della Russia e in particolare del famigerato gruppo Wagner, l’esercito privato controllato da Yvegny Prigozhin, oligarca della sicurezza molto inserito nelle dinamiche interne al Cremlino negli scontri in Sudan. Ad esempio sul magazine Formiche! Marco Di Liddo, direttore del Cesi spiega che la Wagner in Sudan ha offerto il classico pacchetto di servizi alle Forze di supporto rapido del generale Dagalo.

Pacchetto che consiste in: 

  • invio di personale qualificato che lavora per il Wagner Group messo a protezione delle miniere
  • addestramento alle Rsf
  • supporto politico per aiutare le Rsf a migliorare il network internazionale e a giocare la partita politica interna, sia come organizzazione che come leadership 
  • servizi economici, ad esempio nella gestione delle miniere, che in Africa avviene attraverso altre società controllate da Prigozin, come la Lobaye Invest e la M Finans.
  • Infine, un collegamento al network di cui Wagner dispone per la commercializzazione dei prodotti delle miniere, che è difficile per via delle sanzioni internazionali che pesano sul Sudan per la violazione dei diritti umani. 

Ora, non riesco a capire da osservatore esterno quanto sia questo peso del gruppo Wagner sugli esiti del conflitto. Posso solo condividervi che, conoscendo le logiche dei giornali, visto che in questo momento tutto quello che fa la Russia, e soprattutto quello che fa il gruppo Wagner, “tira”, va di moda, non posso escludere che questo ruolo sia un po’ gonfiato. Non che non sia importante, ma banalmente se a fare gli stessi servizi fosse stato il gruppo Pippo, non ne avrebbe parlato nessun articolo probabilmente. Al netto di ciò, mi sembrano comunque letture interessanti.

Spostiamoci in Irlanda per una notizia di tutt’altro tenore, anche se a suo modo collegata a questa (molto alla lontana eh!). Questa notizia va nella rubrica “pezzi di immaginario che lentamente cambiano”. O “Miti che crollano”, scegliete voi. Il Presidente irlandese Michael D. Higgins ha tenuto un discorso molto forte e incisivo venerdì scorso, in cui ha esplicitamente  condannato l'”ossessione” per la crescita economica delle politiche economiche perseguite dai vari governi irlandesi.

In occasione di un ricevimento del Tasc, un think tank dedicato al cambiamento sociale, il Presidente ha pronunciato un discorso di ampio respiro, caratterizzato da una forte critica alla politica economica che cerca di dare priorità alla crescita, con una condanna del “neoliberismo” e una valutazione delle carenze dell’insegnamento dell’economia nelle università. Ha detto anche che l’Irlanda deve “riequilibrare economia, ecologia ed etica”.

Vi leggo alcuni passaggi del discorso: “Molti economisti rimangono bloccati in una narrativa di crescita inesorabile, o al massimo di ‘crescita verde’. La fissazione su un concetto ristretto di efficienza, produttività e crescita perpetua ha portato a una disciplina che è diventata ottusa di fronte alla sfida ecologica – la catastrofe ecologica – che stiamo affrontando.

Questo focus così ristretto ha costruito un’economia vuota che ha perso il contatto con tutto ciò che è significativo, una scienza sociale che non è più connessa, né tenta di esserlo, con le questioni e gli obiettivi sociali per i quali è stata sviluppata nel corso dei secoli. È incapace di offrire soluzioni alle clamorose inadeguatezze dei servizi offerti e ai bisogni pubblici, è priva di visione.

Più avanti ha aggiunto: “La nostra ossessione per l’inesorabile espansione economica esprime, forse, il desiderio di trascendere i nostri limiti materiali e di elevarci al di sopra dello stato di natura. Tuttavia, questa fissazione per la crescita aumenta paradossalmente la potenza di questi stessi limiti. Un cocktail micidiale di disuguaglianze esplosive, deregolamentazione massiccia e una globalizzazione definita unicamente dalla densità degli scambi ha fatto precipitare questa crisi ecologica.

Il discorso è abbastanza lungo, ma salto alle conclusioni. “La sfida per tutti noi qui presenti è quindi quella di trovare un modo per costruire, con tutti i nostri contributi distintivi, un’alternativa a quel discorso egemonico che pone la competitività, la produttività e l’efficienza come scopo ultimo dell’attività economica, e l’inesorabile crescita della produzione e del commercio come fine a se stesso”.

“Suggerisco che tutti i concetti dominanti nel nostro attuale discorso economico – flessibilità, globalizzazione, produttività, efficienza, innovazione, e la stessa crescita economica – possano essere ridefiniti in un contesto di Stato attivo e partecipativo dei cittadini, con una risonanza morale condivisa, ripensati in modo sostenibile nel contesto del nuovo modello ecologico-sociale”.

Tutto ciò è davvero molto interessante. È vero che in Irlanda il ruolo del Presidente non è politico, è tipo quello italiano, però i suoi discorsi hanno un peso politico. E se il Presidente di un paese membro dell’Ue pronuncia un discorso simile, un peso ce l’ha. Fra l’altro mi sembra interessante il taglio dato e il fatto che abbia scelto di attaccare esplicitamente, differenza sottile ma non ininfluente, non la crescita economica, ma l’ossessione per la crescita economica. Il punto, infatti, non è tanto la crescita in sé dell’economia, ma il fatto che sia diventato il nostro principale se non unico faro. 

In alcuni paesi, contesti o settori una crescita economica può aver senso, in altri meno, ma il punto è sempre quale crescita. Cosa facciamo. Il punto dei nostri sistemi economici dovrebbe essere fare cose sensate, guidate da una visione e obiettivi precisi. Poi successivamente possiamo vedere se questi obiettivi comportano una crescita, una decrescita, una stagnazione, e agire di conseguenza. 

Non possiamo più permetterci fdi mettere degli indicatori inventati dalla nostra immaginazione al di sopra dei limiti fisici dei nostri ecosistemi. È folle. E grazie al Presidente irlandese per avercelo ricordato. Detto ciò, dicevo all’inizio che questa notizia è in qualche modo collegata alla precedente, che intendevo? Intendo che un modello economico competitivo basato sulla crescita infinita è per forza legato al conflitto. Perché le risorse sono limitate e se io devo crescere e produrre più degli altri, ci vuole che me le accaparro io e non qualcun altro. E sì, ci sono le leggi di mercato, ma se a un certo punto quelle leggi sono contro di me, e io sono più forte, le cose vado a prendermele lo stesso.

Veniamo più velocemente ad altre notizie. Dopo un periodo di sospensione, ChatGPT è tornato disponibile nel nostro Paese. Il garante ha dato il via libera dopo l’introduzione di nuove misure di sicurezza e la diffusione di informazioni più dettagliate al fine di rendere gli utenti consapevoli dei loro diritti. I provvedimenti, operati da OpenAI (la società statunitense che gestisce il software), sono nel dettaglio:

  • la pubblicazione di un’informativa per illustrare quali dati personali e con quali modalità sono trattati per l’addestramento degli algoritmi (oltre che per ricordare agli utenti il diritto di opporsi a tale trattamento);
  • l’ampliamento di un’informativa relativa al trattamento dei dati riservata agli utenti del servizio: tale informativa è ora accessibile già al momento della registrazione, prima che un utente inizi a usare il servizio;
  • il riconoscimento per tutti gli utenti del diritto a opporsi a che i loro dati personali siano trattati per l’addestramento degli algoritmi anche attraverso un apposito modulo compilabile online e facilmente accessibile;
  • l’introduzione di pulsante attraverso il quale, per accedere al servizio, tutti gli utenti dovranno dichiarare di essere maggiorenni (o ultratredicenni con il consenso dei genitori); a questo scopo è stato introdotto il blocco della registrazione degli under tredici grazie alla richiesta della data di nascita.

Detto ciò, è abbastanza evidente che nessuno di questi provvedimenti risolve i grossi dubbi e le grosse problematicità intrinseche nel modello e sembra più una via d’uscita di comodo.

Altra cosa al volo: venerdì è stato firmato un accordo preliminare per la vendita della maggioranza delle quote societarie del Giornale alla famiglia Angelucci, che già possiede i quotidiani Libero e Tempo. 

Vendita di cui si parlava da mesi per via della volontà della famiglia Berlusconi e della società editrice Mondadori – che aveva una quota di minoranza nel quotidiano – di liberarsi dei propri giornali e mantenere le priorità sui libri e sulle televisioni. Le trattative, spiega il Post, erano iniziate ufficialmente a fine marzo, quando Mondadori aveva annunciato di aver ceduto la propria quota a Paolo Berlusconi, in vista delle futura vendita agli Angelucci.

Fra l’altro ci sono voci anche molto insistenti sul fatto che gli Angelucci siano in procinto di comprare anche il quotidiano La Verità di Maurizio Belpietro. In pratica l’editoria di destra, quasi tutta l’editoria di destra, è ormai in mano a un’unico gruppo editoriale. Una concentrazione direi abbastanza pericolosa. 

Ma chi sono gli Angelucci? Come ricostruiva circa un mese fa l’Indipendente, “Antonio Angelucci è uno degli uomini più potenti dell’universo politico, editoriale e imprenditoriale italiano: amico di lungo corso di grandi leader di partito come Gianfranco Fini e Massimo D’Alema, nonché del banchiera Cesare Geronzi, Angelucci è proprietario della holding Tosinvest (controllata da una società che ha sede in Lussemburgo), cui fa capo la società Tosinvest Sanità, che gestisce una lunga serie di ospedali, centri di riabilitazione, case di cura e poliambulatori nel centro-sud dello stivale. 

Con il gruppo San Raffaele, Angelucci controlla infatti 24 strutture tra Lazio e Puglia. Al contempo, Angelucci è anche immobiliarista: con la sua Due A Srl ha svolto numerosi progetti nel nord-est di Roma, allungando lo sguardo anche verso altri quadranti della Capitale.

Angelucci inoltre ha ricoperto la carica di deputato per ben quattro legislature, dapprima nelle file di Forza Italia e del Popolo delle Libertà, poi in quelle della Lega di Matteo Salvini, con cui è risultato eletto nella tornata dello scorso settembre. Interessante è rilevare come, nelle legislature 2008-2013 e 2013-2018, Angelucci sia risultato il deputato più assenteista in assoluto, in entrambi i casi con oltre il 99,50% di assenze, mentre al momento detiene lo scettro di deputato più ricco dell’arco parlamentare.

La storia di Angelucci è però anche quella di un celebre imputato. Nel 2019, dopo un lungo processo, è stato assolto insieme al figlio Gianpaolo dal Tribunale di Roma dall’accusa di aver ottenuto la liquidazione indebita, tra il 2003 e il 2010, di 163 milioni di euro tramite presunte false diagnosi d’ingresso e certificazioni di prestazioni sanitarie non autorizzate, grazie al supporto di vertici della Tosinvest, dei dirigenti del San Raffaele di Velletri, di alcuni primari e di Dirigenti della Regione Lazio e dell’Asl. 

Di segno opposto invece una sentenza riferita a un caso legato alla sua attività di editore: nel 2017, Angelucci è stato infatti condannato ad un anno e quattro mesi per falso e tentata truffa in un processo incentrato contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani “Libero” e il “Riformista” (poi ceduto dall’imprenditore). Nel 2013, la Guardia di Finanza aveva infatti eseguito un sequestro preventivo di 20 milioni nei confronti delle società “Editoriale Libero” e “Edizioni Riformiste” che, secondo l’accusa, avrebbero dichiarato di appartenere ad editori differenti al fine di aggirare il divieto di richiedere contributi pubblici per più di una testata da parte del medesimo editore. Angelucci è inoltre indagato per tentata corruzione (il pm ha chiesto il rinvio a giudizio) per aver offerto nel 2017 ad Alessio D’Amato – ai tempi responsabile della ‘cabina di regia’ del servizio sanitario regionale del Lazio – 250mila euro per far riconoscere alla sua clinica San Raffaele di Velletri i crediti vantati nei confronti della Regione.

E questo è tutto quello che sappiamo, al momento.

Veniamo alla consueta sezione di aggiornamenti e segnalazioni. Mi perdonerete se vi tralascio gli aggiornamenti su Elly Schlein e l’armocromia, Pupo ospite al festival della canzone patriottica in Russia, Varriale che chiama l’amante dai telefoni della Rai camuffando la voce e minacciandola, l’influencer Marco Togni che dal Giappone stava per finire a Bali invece che a Bari, tutte notizie che hanno campeggiato su diverse homepage di giornali, la prima è diventata il nuovo caso del momento, e passo a darvi qualche aggiornamento su eventi che mi sembrano un filino più importanti:

  • Partiamo col fatto che ieri è stato il 1 maggio, festa nazionale del lavoro. Visto che di lavoro parliamo spesso qui, non ne ho parlato perché non avevo cose particolarmente interessanti da dire né ho trovato articoli così nuovi o interessanti da meritare un approfondimento. Qualcosina comunque ho trovato, e ve lilascio sotto FONTI E ARTICOLI sotto #lavoro. (Varie)
  • In Brasile il movimento indigeno ha ottenuto una vittoria storica venerdì, quando Lula ha firmato la demarcazione di 6 terre ancestrali, sancendo anche la ripresa della politica di demarcazione dei territori originali, quelle terre ancestrali troppo spesso depredate e sfruttate (insieme alle loro popolazioni) a fini economici da affaristi senza scrupoli (Lifegate).
  • Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha firmato una nuova ordinanza di abbattimento per l’orsa JJ4, l’orsa responsabile dell’attacco letale al runner Andrea Papi, poi catturata dai forestali e ora rinchiusa in una gabbia del Casteller. La prima ordinanza di abbattimento era stata sospesa dal Tar di Trento dopo il ricorso delle associazioni animaliste. Anche in questo caso le sigle animaliste hanno annunciato un ricorso. Intanto è stato trovato morto un altro orso, M62, un esemplare maschio nato nel 2018 e considerato fra quelli a rischio perché troppo confidente con gli esseri umani. Nei prossimi giorni capiremo meglio le cause della morte (GreenMe e Ansa).
  • Ci sono state le elezioni presidenziali in Paraguay e ha vinto Santiago Peña del Partito Colorado, che governa il Paraguay quasi senza interruzioni dal 1947 e che proprio per questo è stato definito un «dinosauro della politica latinoamericana». (il Post).
  • È arrivata la prima ondata di calore dell’anno in Europa e ha colpito la Spagna e il Portogallo: un blocco di aria calda in risalita dall’Africa ha portato le temperature in Andalusia a 38.8°C, siamo 11°C sopra le medie che si dovrebbero sperimentare alla fine di aprile. (Domani)

#Sudan
il Post – Le tregue in Sudan non reggono
Nigrizia – Gli influencers del Sudan
Formiche! – Vi spiego che ruolo ha la Wagner in Sudan. Parla Di Liddo

#crescita
Irish Times – President condemns ‘obsession’ with economic growth

#Chatgpt
GreenMe – ChatGPT è tornato! OpenAI si adegua alle richieste del Garante e da oggi anche in Italia si può usare l’intelligenza artificiale

#Giornale
il Post – C’è un accordo per la vendita del Giornale alla famiglia Angelucci
L’Indipendente – “La Verità” passa ad Antonio Angelucci, il signore della sanità privata

#orsi
GreenMe – Orsa JJ4, non c’è pace: un’ordinanza ne decreta di nuovo l’abbattimento Orsa JJ4, non c’è pace: un’ordinanza ne decreta di nuovo l’abbattimento

#caldo
Domani – La prima ondata di calore dell’anno è arrivata in Europa e fa paura
Lifegate – La siccità che sta devastando il Corno d’Africa è causata dall’uomo

#aborto @Usa
il Post – In Nebraska e South Carolina sono state respinte due leggi che avrebbero limitato molto l’interruzione volontaria di gravidanza

Gkn
Irpi Media – Il fondo speculativo e l’advisor senza investitori: come è fallito il rilancio della GKN

#Brasile
GreenMe – Vittoria storica per gli indigeni in Brasile: Lula annuncia la demarcazione di 6 terre ancestrali

#Paraguay
il Post – Il Paraguay è rimasto del Partito Colorado

#Pnrr
il Post – Uno dei guai del PNRR sta per essere risolto

#Israele
il Post – In Israele si manifesta anche a favore del governo di Benjamin Netanyahu

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