19 Feb 2015

“Ricreazione: sette giorni per un eco mondo”: la transizione inizia a scuola

Scritto da: Alessandra Profilio

In Italia sono nate oltre trenta comunità di transizione, di cui fanno parte gruppi di persone che praticano il baratto, si […]

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In Italia sono nate oltre trenta comunità di transizione, di cui fanno parte gruppi di persone che praticano il baratto, si spostano in bicicletta, trasformano i rifiuti e mangiano solo quello che coltivano. Lo scorso anno tre giornaliste hanno deciso di girare il Paese per incontrare queste realtà e quindi raccontarle in un documentario. Per saperne di più abbiamo intervistato Giulia Dedionigi, Carlotta Garancini e Simona Peverelli che ci hanno raccontato questa esperienza e parlato del reportage “Ricreazione: sette giorni per un eco mondo”.

 

“Per me la transizione è semplicemente vivere in un mondo migliore, con un piccolo contributo di tutti”. Questo è il pensiero di Duccio, uno degli alunni della III F della scuola media Gianni Rodari di Scandicci, dove i ragazzi imparano i principi della Transizione

“Per me la transizione è semplicemente vivere in un mondo migliore, con un piccolo contributo di tutti”. Questo è il pensiero di Duccio, uno degli alunni della III F della scuola media Gianni Rodari di Scandicci, dove i ragazzi imparano i principi della Transizione



Di cosa parla il documentario “Ricreazione: sette giorni per un eco mondo”?
Il documentario è la storia di un professore che insegna una materia nuova: ai suoi studenti parla della Transizione, una rete di persone che cerca di promuovere stili di vita nuovi improntati sulla sostenibilità ambientale, ma non solo. Tutto nasce a Totnes, in Irlanda, nel 2005 e presto il fenomeno arriva anche in Italia. Attraverso le lezioni dell’insegnante abbiamo percorso il nostro Paese, armate di telecamera e macchina fotografica, per raccontare le eccellenze di alcune delle trenta ‘città in transizione’ italiane.

 

Il nostro reportage di trenta minuti è un viaggio per conoscere i protagonisti del cambiamento. Si delinea così un’ipotetica “ricreazione” del mondo attraverso sette capitoli, che ci raccontano, per esempio, come vivere solo dei frutti della terra e commerciare attraverso il baratto e le monete alternative, oppure come produrre in casa saponi e detersivi naturali e vestiti ‘bio’, e ancora, come eliminare bollette di luce e gas, e smettere di dipendere dal petrolio spegnendo le automobili, infine come produrre nuova energia dai nostri rifiuti.

 

 

Da dove nasce l’idea di questo documentario e qual è stato il percorso che ha portato alla sua realizzazione?
Tutto ha avuto inizio quando nel 2013 abbiamo deciso di partecipare alla prima edizione del concorso “Premio Giornalistico Sabrina Sganga”. Dovevamo presentare un progetto di indagine o di reportage incentrato su tematiche come la sostenibilità ambientale e gli stili di vita alternativi al consumismo e all’individualismo. Ci serviva un’idea forte e nuova, e facendo diverse ricerche ci siamo imbattute per la prima volta nella Transizione. Da quel momento non ci sono stati dubbi che questo argomento sarebbe stato il nostro focus.

 

Attraverso il sito italiano della rete, siamo riuscite a contattare diverse persone e a raccogliere tante storie. Così, abbiamo steso il progetto per partecipare al bando, lo abbiamo inviato e abbiamo atteso il giorno della premiazione a Firenze quando ci hanno comunicato che avevamo vinto! L’associazione ci finanziava il progetto e ci dava un anno di tempo per realizzarlo e per tornare all’edizione successiva a presentare il lavoro fatto.

 

"Il cambiamento deve partire da loro". Ne è convinto il professor Luigi Napoletano che insegna la Transizione a scuola

“Il cambiamento deve partire da loro”. Ne è convinto il professor Luigi Napoletano che insegna la Transizione a scuola


 

Il titolo si riferisce ad una delle esperienze raccontate nel documentario, ovvero quella di un professore che insegna la Transizione a scuola. Cosa potete dirci di questa esperienza?
Il titolo ha un duplice significato. Da una parte, richiama l’intervallo dalle lezioni, e quindi la scuola che è il filo conduttore del documentario; dall’altra si riferisce all’idea di ricreare un mondo in un modo totalmente nuovo e diverso. E le due cose sono legate: il professore ha avuto l’idea di dedicare alcune ore dell’insegnamento classico alla spiegazione di alcuni concetti della Transizione. In questo modo cerca di trasmettere agli alunni buone pratiche, come la raccolta differenziata, lo spostarsi ai piedi o con i mezzi pubblici, nella speranza che i giovani diventino domani cittadini virtuosi e rispettosi dell’ambiente e dell’altro.

 

Quali sono le altre esperienze raccontate nel documentario?

Se quello della scuola è il filo conduttore del documentario, i capitoli sono rappresentati invece da sei comunità, ognuna delle quali ci racconta un modo diverso di “vivere in Transizione”, aprendoci le porte ai differenti aspetti della sostenibilità. A Monteveglio, in Emilia Romagna, si produce cibo bio e a km zero; poco distante, a San Lazzaro, ci si scambiano libri, vestiti e scarpe con l’economia del dono e c’è una scuola con pannelli solari installati grazie alla comunità. A Roma, poi, si fa a meno dell’auto muovendosi a centinaia in bicicletta e invadendo le strade con allegria, o ancora si dà il buon esempio ripulendo dai rifiuti una parte di un parco cittadino. In Brianza, infine, si fanno pane, cosmetici e carta in casa.

 

La prima festa delle Transition Town italiane, organizzata a Panta Rei per celebrare i 5 anni della Transizione in Italia

La prima festa delle Transition Town italiane, organizzata a Panta Rei per celebrare i 5 anni della Transizione in Italia


 

Durante il vostro viaggio siete passate da Panta Rei per partecipare alla festa della transizione. Di che cosa si è trattato?
La Transition Fest è stata la prima festa della rete italiana di Transizione: “cinque anni di progetti e due giorni per viverli insieme” era il motto dell’evento pensato come un momento di incontro tra le comunità d’Italia, o anche semplicemente tra tutte le singole persone che si sentissero parte in qualche modo del fenomeno. In più di settanta (c’era gente dalla Lombardia, dal Lazio e dalla Sicilia) si sono dati appuntamento a Passignano sul Trasimeno, in provincia di Perugia, con la voglia di raccontarsi, ascoltare, condividere i propri sogni con le gioie e le difficoltà di portarli avanti, capire cos’era stato fatto finora e cosa ancora avesse spazio per germogliare. La location era propizia: PantaRei, appunto, un centro di esperienze per l’educazione allo sviluppo sostenibile che si traduce in una struttura costruita con le tecniche della bioedilizia, immersa nel verde con vista sul lago e tanti spazi per assaporare la natura, ballare, cantare, confrontarsi, stare insieme ogni momento della giornata, dalla colazione alla buonanotte.

 
C’è un’esperienza di transizione tra quelle che avete visto che vi ha colpito particolarmente?

Più che un’esperienza in particolare, a colpirci è stato un aspetto che abbiamo colto in tutte le situazioni che abbiamo incontrato, ovvero il messaggio che si potrebbe sintetizzare così: “la Transizione è comunità”. Nelle nostre intenzioni la conclusione del documentario vuole dirci infatti che la sostenibilità ambientale, il prendersi cura del mondo è il primo passo, o se vogliamo, lo strumento declinabile in vari modi, per giungere a qualcosa di più grande, a quella che definiremmo “socialità sostenibile”, il prendersi cura dell’altro. È la creazione di un nuovo modo di stare insieme, o forse è solo il recupero di un “naturale” modo di stare insieme, senza le diffidenze, senza la paura del vicino di casa, senza gli egoismi che caratterizzano la società contemporanea, ma anzi con la gioia del dono, dello scambio, della condivisione, dell’aiuto reciproco. 

 

E' a Monteveglio, paesino in provincia di Bologna, che la Transizione arriva in Italia per la prima volta

E’ a Monteveglio, paesino in provincia di Bologna, che la Transizione arriva in Italia per la prima volta


 

In base a quello che avete visto raccogliendo il materiale per il vostro documentario, pensate che il movimento di Transizione sia molto o poco diffuso in Italia?

In Italia sono oltre trenta le comunità di Transizione, un numero forse non ancora importante, ma certamente significativo. In tutti i casi, si tratta di piccoli gruppi di persone che, oltre a promuovere le “buone pratiche”, tendono a condividerle confrontandosi con gli altri movimenti in giro per lo Stivale, contribuendo a diffondere il fenomeno. Tuttavia, abbiamo notato che la Transizione, per il momento, si è radicata soprattutto nel nord e centro Italia, mentre rimangono ancora scoperte alcune zone. Bisogna però precisare che noi abbiamo considerato solo quei fenomeni che si autodefiniscono movimenti di Transizione, mentre esistono altre esperienze che pur non riferendosi direttamente a queste realtà ne condividono le finalità.

 

Credete che l’Italia stia cambiando e le persone si stiano muovendo verso nuovi paradigmi o meno? Cosa pensate dell’Italia che cambia e dei protagonisti del cambiamento?

Certamente si sta sviluppando una nuova coscienza ‘sostenibile’, ma forse non è ancora abbastanza forte da poter parlare di nuovi paradigmi. È innegabile che la crisi abbia messo in difficoltà molte realtà alimentando la ricerca di nuovi sbocchi in direzione ‘green’. Inoltre, anche i numeri indicano che, per esempio, le imprese verdi hanno guadagnato non solo in termini di immagine, ma anche in quelli di profitto. Il tema economico, poi, si intreccia e si ritrova anche all’interno del concetto di ‘decrescita felice’, una ‘rivoluzione dolce’ che predilige un sistema di valori in cui le relazioni affettive prevalgono sul possesso delle cose, oltre che una politica che valorizzi i beni comuni e la partecipazione delle persone alla gestione della cosa pubblica. Questa, insomma, è la direzione, ma non si può dire che il traguardo sia dietro l’angolo.

 

La comunità energetica di San Lazzaro in Transizione è un'associazione di cittadini che crede fortemente nella possibilità di autoprodursi l'energia

La comunità energetica di San Lazzaro in Transizione è un’associazione di cittadini che crede fortemente nella possibilità di autoprodursi l’energia


 

Prima di realizzare questo documentario conoscevate la transizione? Cosa ne pensate?

Prima di realizzare il documentario, nessuna di noi conosceva la Transizione, di conseguenza è stata una scoperta per tutte e tre. Abbiamo affrontato l’argomento con l’occhio ‘super partes’ della telecamera, decise a non dare giudizi, ma solo a documentare un fenomeno di cui poco si parla sui giornali e in tv e a far parlare i protagonisti. Ognuna di noi si è fatta un’idea, ma possiamo dire di aver apprezzato molte delle iniziative che abbiamo raccontato, anche se riteniamo che il percorso perché si affermino su larga scala potrebbe essere lungo e complesso. 

 

Dove è possibile vedere o acquistare il documentario?
Al momento, stiamo prendendo accordi con alcune comunità di Transizione, ma anche con circoli e festival per proiettare il documentario durante incontri sul tema. È un modo per far girare il nostro lavoro. Poi in futuro, chissà, speriamo di vederlo veicolato si canali mainstream. Chi volesse contattarci, avere maggiori informazioni e vedere il trailer del documentario può visitare il nostro sito www.viaggionellatransizione.com.

 

Le foto in questo articolo sono state scattate dalle autrici del documentario e sono tratte dal sito  www.viaggionellatransizione.com

 

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Per saperne di più leggi:

 

io-faccio-cosi-libro-70810Daniel Tarozzi

Io faccio così
Viaggio in camper alla scoperta dell’Italia che cambia

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